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Luigi BartolomeiWritten by: Città e Territorio

La ricostruzione in Emilia. Chiese provvisorie: provvisoria è la funzione, non l’edificio

La ricostruzione in Emilia. Chiese provvisorie: provvisoria è la funzione, non l’edificio

Bologna. Chiese provvisorie e provvisorietà della Chiesa: l’iniziativa che il Centro studi Dies Domini della Fondazione Lercaro ha avviato all’indomani del sisma che ha colpito l’Emilia ha il suo centro nella liturgia, nello sforzo di garantire alle parrocchie maggiormente colpite spazi adeguati al culto e funzionali al proseguimento della vita comunitaria. Con queste intenzioni, a fine giugno, non appena il lungo sciame sismico ha dato segni di smorzamento, il Centro studi ha invitato architetti e progettisti già versati nella progettazione di chiese a partecipare a titolo gratuito a un laboratorio di progettazione «lampo» sulle chiese provvisorie che in appena 20 giorni, dal 5 al 26 luglio, organizzati i progettisti in gruppi, ha fruttato otto proposte progettuali, differenziate in forme e capienze (da 100 a 400 posti) ma comunque contraddistinte da rapidità costruttiva (60 giorni), ridotti costi di edificazione (max 1.100 euro/mq) e un’attenzione precipua ai poli liturgici.
D’altronde, anche in tema di chiese provvisorie, Bologna ha esperienza da vendere, a partire dalla pionieristica azione del cardinale Lercaro che, negli anni cinquanta, in seguito al rapidissimo popolamento delle aree periferiche, già aveva avviato la costruzione di chiese temporanee, contemplando anche un «pronto soccorso religioso» o «chiesa volante» nelle forme di una corriera attrezzata a Cappella che raggiungeva le periferie della città nei giorni di festa. Nulla di tanto effervescente per questo laboratorio contemporaneo che di chiese mobili o strutture leggere alla Shigeru Ban non ne vede alcuna, partendo ormai dal presupposto, dopo le esperienze dell’Aquila e del Friuli, che ogni risparmio per edifici temporanei si trasforma in costi esponenziali di esercizio quando l’emergenza declina nel quotidiano e la transitorietà cede alla permanenza.
Bologna decide così di fare a suo modo tesoro delle esperienze pregresse e gioca di contropiede: «Relativamente a queste chiese», afferma l’architetta Claudia Manenti, direttrice del Centro studi Dies Domini, «temporaneo non sarà l’edificio ma la funzione accolta». Si tratta dunque di chiese provvisorie in edifici permanenti che, una volta dismesso l’abito sacro, resteranno alle parrocchie come contenitori versatili fino al termine della loro vita utile e quindi, manutenzione permettendo, per sempre. L’idea pare non dispiacere ai vescovi e già 7 edifici tra i modelli proposti sono in costruzione nella Diocesi di Bologna, mentre uno è stato donato dalla diocesi di Cesena-Sarsina a quella di Carpi per la parrocchia di Vallalta, di cui restano ormai solo i muri perimetrali.
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Autore

  • Luigi Bartolomei

    Nato a Bologna (1977), vi si laurea in Ingegneria edile nel 2003. È ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, ove nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica. Si occupa specialmente dei rapporti tra sacro e architettura, in collaborazioni formalizzate con la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna ove è professore invitato per seminari attinenti alle relazioni tra liturgia, paesaggio e architettura. Presso la Scuola di Ingegneria e Architettura di Bologna insegna Composizione architettonica e urbana, ed è stato docente di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture. È collaboratore de "Il Giornale dell'Architettura" e direttore della rivista scientifica del Dipartimento, “in_bo. Ricerche e progetti per il Territorio, la Città, l’Architettura”

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Last modified: 19 Luglio 2015