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Riforma delle professioni: sarà esodo dagli albi?

Il Regolamento della riforma delle professioni è esecutivo. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto, il dpr 137 del 7 agosto ha dato attuazione alle norme decise dalle leggi 148/2011 e 27/2012.
Ordini e Province
La notizia più importante è che è stato confermato, di fatto, il sistema degli Ordini professionali a iscrizione obbligatoria. Questo orientamento era già contenuto nella legge delega 148/2011, ma è stato implicitamente confermato nel Regolamento. Che ha ignorato la sia pur debole indicazione della legge 148 relativa a una possibile riduzione e a un accorpamento degli ordini di professioni simili. Comunque, una parziale riduzione del numero di ordini provinciali potrebbe derivare dalla soppressio­ne-accorpamento di una parte delle province, come previsto dalla legge 134 del 7 agosto 2012, la «spending review». Alla cancellazione delle relative prefetture e di altri organi periferici dello Stato potrebbe seguire la eliminazione dei relativi ordini provinciali. È prevedibile che ci saranno resistenze. Vedremo.
Le novità
Il nuovo Regolamento non abroga l’ordinamento professionale di architetti e ingegneri del 1923 né il regolamento del 1925. Il nuovo dpr produce solo un riordino, limitandosi a sottrarre al consiglio dell’Ordine il compito della disciplina e affidandolo a un consiglio nominato dal Tribunale, scegliendo tra una ristretta
rosa di nomi proposti dall’Ordine stesso. Per quanto riguarda i professionisti, le innovazioni sono invece rilevanti: obbligo di tirocinio come condizione per l’ammissione all’esame di abilitazione, obbligo di formazione continua, obbligo di assicurazione per i rischi di danni al cliente. Meno importante per gli architetti è la liberalizzazione della pubblicità professionale, che era già decollata con la legge 248/2006 («Bersani»). In merito viene ribadito che la misura del compenso può essere inserita nel messaggio pubblicitario.
Le norme sul tirocinio, sull’aggiornamento e sull’assicurazione saranno applicabili tra un anno.
Per gli architetti, il quadro dei cambiamenti è completato dall’abrogazione della tariffa e dall’obbligo di preventivo nell’accettare l’incarico (già stabiliti dalle leggi 148 e 27).
Nulla invece è stato innovato in merito ai campi di attività, rimasti quelli stabiliti nel 1925 malaccortamente e incautamente confermati nel dpr 380/2001.
Obbligo di iscrizione all’Ordine
La legge delega 148 (articolo 3) stabiliva l’abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche. Ciò avrebbe comportato la cancellazione degli Ordini che, però, sono però tenuti in vita dallo stesso articolo come eccezione al principio di libertà d’impresa. E anche il Regolamento (art. 1) dà per scontato l’obbligo di iscrizione all’Ordine.
Ma ora che la disciplina è demandata a un consiglio che non è quello dell’Ordine, potrebbe non esserci più un valido motivo per obbligare gli architetti a iscriversi. L’iscrizione obbligatoria verrebbe a costituire, in sostanza, un’immotivata restrizione alla libertà di esercizio. Anche perché lo stato (legge 1378/1956) ha già rilasciato l’autorizzazione a esercitare la professione come esito dell’esame di abilitazione (cfr. le opinioni espresse in «Il Giornale dell’Architettura», n. 101).
Rapporto tra cliente e architetto
In linea di principio sono importanti le parole dell’art. 2 del dpr, riprese dalla legge 148: «l’accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull’autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista». Molto significative perché individuano una figura professionale che ha grandi responsabilità giuridiche, tecniche e culturali. Nel caso di un architetto, l’indipendenza di giudizio significa anche il dovere di rispettare le norme che tutelano il pubblico interesse, come quelle sulla tutela dell’ambiente e sulla sicurezza sul lavoro. In questo campo l’architetto deve usare la sua indipendenza per scegliere sempre l’interesse generale e opporsi alle richieste improprie o illegali del cliente, privato o pubblico. Anche a costo di rompere il rapporto fiduciario.
Ordini e Cnappc
Il dpr segna forti limitazioni all’esistente autonomia degli Ordini rispetto al Consiglio nazionale. Viene istituito l’albo unico nazionale e il Cnappc ha il potere decisivo per le regole del tirocinio, della formazione permanente, dell’assicurazione obbligatoria. Queste innovazioni devono essere accolte con favore, perchè facilitano un comportamento omogeneo nell’attività degli oltre 100 Ordini e degli oltre 140.000 professionisti. Ma a condizione che il Consiglio nazionale sia adeguato a svolgere il ruolo di coordinamento.
I procedimenti disciplinari
I membri dei Consigli di disciplina sono scelti dal tribunale su una rosa di nomi (il doppio del numero da nominare) fornita dal Consiglio dell’Ordine, ma questo sistema non dà garanzia d’indipendenza. In merito occorre considerare che presso molti Ordini degli architetti i consiglieri vengono eletti in base a liste informali, nonostante la legge stabilisca che l’elezione è nominativa: spesso avviene che una lista venga eletta in blocco, per cui in Consiglio non sono rappresentati tutti gli iscritti. La soluzione alternativa sarebbe stata l’elezione del Consiglio di disciplina da parte degli iscritti, contemporaneamente all’elezione del Consiglio dell’Ordine. Purtroppo anche l’elezione del Cnappc, nonostante debba per legge essere nominativa, avviene di fatto come competizione tra liste informali. Tanto che l’attuale Cnappc è composto di architetti tutti di una lista. Anche i ricorsi contro le sentenze degli Ordini saranno giudicati in secondo grado da membri del Cnappc, che rappresentano, di fatto, solo una parte degli Ordini.
Tirocinio
È obbligatorio se previsto dall’ordinamento della professione, e quella di architetto attualmente non lo contempla. È possibile inserirlo se il Cnappc lo propone, ma gli studi professionali in grado di ospitare tirocinanti sono insufficienti.
Sembra che il Cnappc, molto opportunamente, sia intenzionato a rinviare l’avvio del tirocinio, preferendo prima rivedere i termini dell’esame di abilitazione.
Assicurazione
Il Cnappc, con circolare del 26 aprile, ha ritenuto, impropriamente, che l’assicurazione è obbligatoria dall’1 gennaio. In realtà, oggi sappiamo dal dpr che l’obbligo avrà inizio tra non meno di un anno. In merito sarebbe opportuno chiarire la casistica. Ad esempio, l’obbligo non dovrebbe riguardare un professionista con attività ridotta, come la consulenza, che non può recare danni al cliente.
Aggiornamento
Non condivido il termine formazione, al quale sarebbe preferibile aggiornamento. Il campo di attività dell’architetto è ampio e non è possibile che il professionista si possa aggiornare su tutto: edilizia, urbanistica, strutture, impianti, prevenzione incendi, consumi energetici, sicurezza sui cantieri e nelle aziende, progettazione, direzione lavori, contabilità, procedure dei lavori pubblici, collaudi. La scelta del campo in cui aggiornarsi dovrebbe spettare al professionista, fermo restando che non occorre aggiornarsi nel campo nel quale si è svolta attività costante e dimostrabile. In ogni caso la cosa più importante è che il cliente possa sapere in quali campi il professionista di sua fiducia si è aggiornato. Come? Consultando la scheda del professionista tenuta dall’Ordine che in questo modo giustifica la sua funzione pubblica. In alternativa, rinunciando al ruolo dell’Ordine, il cliente potrebbe chiedere direttamente al professionista di dimostrare il suo aggiornamento.
Un esodo dagli albi?
Legge 148/2011 e Regolamento mettono le basi, nel silenzio generale, per un rapido processo di esodo dagli Albi dei tanti architetti che fanno la professione stentando a trovare lavoro. I nuovi obblighi di tirocinio, di aggiornamento continuo e assicurazione imporranno forti costi aggiuntivi all’attività. Il colpo finale verrà dall’imminente aumento del contributo previdenziale annuale minimo Inarcassa a 3.000 euro (previsto a regime, vedi intervista a fianco). Contributo che grava esclusivamente su coloro che hanno poco lavoro, costituendo per gli altri solo un acconto sul saldo di fine anno. Si può immaginare che, visto il complesso di aumenti e nuovi oneri obbligatori, gli iscritti agli albi che svolgono poca attività saranno indotti a dimettersi. Inoltre certamente diminuirà la percentuale dei nuovi laureati e abilitati che si iscriveranno, il fenomeno è già in corso. Molti ritengono, e sarebbe positivo, che un minor numero di professionisti allineerà l’Italia alle medie europee. Il problema è che questa ristrutturazione della professione viene imposta dall’alto, senza un dibattito nella categoria.

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Last modified: 9 Luglio 2015