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Lucia Pierro e Marco ScarpinatoWritten by: Inchieste

Palermo è diventata invisibile

Palermo è diventata invisibile

Sindaco Leoluca Orlando, che cosa è cambiato dalla Palermo che ha amministrato dieci anni fa e quali sono i progetti per la sua rinascita urbana?
Dieci anni fa Palermo era una città urbanisticamente normata e aveva, infatti, un Prg e un Ppe per il centro storico, in questi dieci anni sono scaduti i vincoli. Il Piano Strategico, recentemente approvato, dovrebbe essere il punto di riferimento della città che vorremmo e il primo compito della nostra amministrazione è prenderne atto, verificare se esso sia congruo con le nostre scelte politiche e, se lo è, comprendere come superare il problema della scadenza dei vincoli e capire se sia meglio operare una revisione del Prg o varianti mirate.

Come pensa di attuare lo sviluppo e la riqualificazione urbanistica di Palermo?
Occorre prendere atto che c’è un problema di riqualificazione edilizia che oggi non riguarda solo il centro storico. Ci sono vaste aree della città, che mi rifiuto di chiamare periferia, che sono sottoposte a un processo di dequalificazione edilizia. Occorre poi superare le divisioni della città, c’è infatti una Palermo divisa tra ciò che sta al di qua e ciò che sta al di là del fiume Oreto, tra ciò che sta al di qua e ciò che sta al di là della circonvallazione e ancora divisioni tra la città che sta sul mare e quella che sta in pianura o in collina. La visione d’insieme deve portare all’unità attraverso alcune scelte simboliche che sono legate allo sviluppo della città. C’è l’intenzione di puntare su due beni simbolo. Da un lato, il Parco della Favorita, inteso come sistema più ampio che abbraccia Punta Marconi, Sferracavallo, Barcarello, Mondello, l’Addaura, Vergine Maria, Arenella, Acquasanta e Monte Pellegrino, e che deve diventare il nuovo Teatro Massimo di Palermo e il simbolo della rinascita urbana.
Dall’altra parte la costa sud, rendendola balneabile attraverso la riqualificazione del tessuto edilizio che si trova al di là del Fiume Oreto, nelle aree di Sant’Erasmo, Settecannoli, Sperone, Brancaccio, Bandita e Acqua dei Corsari. Infine, occorre riportare l’agricoltura in città, riscoprire la dimensione agricola del Parco della Favorita, di Ciaculli e promuovere gli orti urbani. In questa visione del territorio c’é una novità: l’assessore alla mobilità si occuperà anche di pianificazione urbanistica (cfr. box)

Come ci si sta preparando all’istituzione dell’area metropolitana di Palermo?
Io sarò l’ultimo sindaco di questa città poiché fra 5 anni si eleggerà quello della città metropolitana, occorre quindi fare delle scelte che vanno al di là dell’emergenza e che riguardano la dimensione progettuale proiettata nello scenario dell’area metropolitana: pensare allo spostamento del Mercato Ittico, allo spostamento del Mercato Ortofrutticolo che è richiesta pressante sia da parte di chi ama la città e sia dei commercianti. Bisogna risolvere le emergenze ma occorre anche avere uno sguardo di grande respiro progettuale e, data la situazione finanziaria, pensiamo di far ricorso allo strumento della finanza di progetto, collocando così la città nel mercato internazionale. Per cominciare, bisogna dire che Palermo, nelle varie classifiche europee, per le sue condizioni meteorologiche, il suo patrimonio storico-artistico e la sua gastronomia, è considerata una città ideale per svolgere congressi… c’è solo un piccolo dettaglio: manca un Centro Congressi. Abbiamo identificato nell’area della Fiera del Mediterraneo il luogo dove realizzare il Centro Congressi, si tratta di un luogo che dovrà camminare in parallelo con i Cantieri Culturali alla Zisa che occorre riaprire, per avere, da una parte, un luogo artistico e congressuale e, dall’altra, un luogo artistico e culturale. Cominceremo col fare una cosa semplice, prenderemo il Padiglione 20 della Fiera e lo attrezzeremo come Centro Congressi.

Aprirete una stagione di concorsi di progettazione per il rilancio dell’architettura?
Abbiamo intenzione di promuovere i concorsi di progettazione per premiare le professionalità, visto che, anche in questo, Palermo è una strana città dove vige il monopolio di un solo studio.

La sua amministrazione è stata paladina della battaglia per la restituzione del mare alla città, mentre ora ci sono nodi irrisolti. Come pensa di procedere?
Abbiamo due anomalie nella questione del rapporto tra la città e il suo mare. La prima anomalia è che il porto di Palermo sia riconosciuto come porto di terza classe. Si tratta di un non senso e, per questo, intendiamo rinegoziare con la Regione la classificazione dei porti di Bandita, Sant’Erasmo e Sferracavallo. L’altra anomalia sta nel fatto che l’Autorità Portuale ha operato una scelta che noi riteniamo illegittima. Ho presentato esposti e interrogazioni parlamentari poiché sostengo che abbiamo assistito a un’illecita perimetrazione dei confini dell’Autorità Portuale. Confini che sono stati estesi andando in contrasto con la decisione del Consiglio di Stato e agli esiti del ricorso straordinario fatto durante la mia precedente amministrazione nei confronti di un’espansione illegittima dell’area portuale. Il Prp è stato approvato basandosi sul presupposto che quelli fossero i confini, ed è quindi stato fatto un errore. Ci siamo rivolti a tutte le autorità competenti, incluso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per eliminare questo illecito. In questo non si sta facendo una battaglia di legalità ma piuttosto di convenienza economica in quanto non si capisce per quale motivo gli introiti dei porticcioli turistici debbano andare all’Autorità Portuale e non al Comune le cui finanze sono all’osso.

Come vede i rapporti di Palermo con l’Europa e con il Mediterraneo?
Occorre fare di Palermo una città e poi una capitale. Siamo candidati come Capitale Europea della Cultura nel 2019 ed è evidente che per poterci candidare dobbiamo diventare una città di cultura. Lo stesso vale per il Mediterraneo, poter giocare la carta dei rapporti con il mondo arabo e della dimensione euro-mediterranea è importante e, da questo punto di vista, può aiutare il progetto in corso per il riconoscimento dell’arabo-normanno come patrimonio dell’Unesco. Si tratta di un progetto che parla al Mediterraneo utilizzando l’arabo-normanno, qualcosa che esiste solo qui, dove c’è la Zisa, uno splendido castello arabo che è stato costruito da un normanno dopo aver sconfitto gli arabi. Tutto questo con la cifra identitaria della Sicilia, una cifra che è sostanzialmente meticcia tanto che, invece di aver subito le invasioni straniere, possiamo dire di aver sicilianizzato chi veniva qui. Noi, infatti, non conosciamo il regicidio e ci siamo sempre rapportati con le altre identità in modo diverso dal binomio amico-nemico.

Lei ha molto legato lo sviluppo urbano alla cultura. Negli anni recenti vi è stata da un lato la chiusura di molti spazi culturali come lo Spasimo, i Cantieri culturali alla Zisa, il Teatro Garibaldi, le Mura delle Cattive e, dall’altro, l’affidamento di spazi che avrebbero potuto essere delle case della cultura e che sono invece stati affidati a privati senza alcun un bando. Lei cosa pensa di fare?
In linea teorica siamo contrari alla cultura dell’appartenenza, mentre questa è una città in cui non viene chiesto chi sei e cosa sai fare ma viene invece chiesto a chi appartieni. Che poi la cultura dell’appartenenza sia anche la cultura della mafia è quasi un dettaglio, e, purtroppo, questo è un vizio siciliano che è diventato anche italiano. Per estirpare la cultura dell’appartenenza, la scelta dell’utilizzo degli spazi deve esser fatta in base a un bando e questo presuppone anche riaprire gli spazi abusivamente chiusi. In questo senso, reputo scorretto parlare di occupazione del Teatro Garibaldi in quanto questo spazio non è stato occupato ma, al contrario, riaperto poiché abusiva era la sua chiusura e io non capisco perché la mia precedente amministrazione sia stata elogiata per aver riaperto il Teatro Massimo mentre invece oggi chi ha riaperto il Garibaldi è stato denunciato. Occorre fare un censimento degli spazi disponibili per la cultura e poi un bando per l’assegnazione. In questi anni si è applicata la logica dello scippo e non quella della rapina. Penso che una grande rapina faccia meno male di tanti piccoli scippi operati con metodica continuità, perché la prima è un fatto straordinario che si può arginare mentre i secondi provocano uno spirito emulativo che danneggia l’intera società promuovendo l’idea che «così fan tutti».

Quale immagine vuole che rappresenti Palermo?
Vorrei che Palermo fosse percepita come una grande città che non ha la pretesa di essere l’ombelico del mondo ma, al contempo, evita di essere fuori dal mondo. In questi anni abbiamo oscillato tra il sentirci ombelico del mondo e il sentirci fuori dal mondo, con la conseguenza che siamo diventati una città invisibile. Dobbiamo far sì che Palermo torni a diventare una città visibile. Palermo è diventata invisibile così come la mafia eppure anche Palermo c’è ancora così come la mafia. Vorrei che l’immagine per descrivere Palermo fosse quella di una città che riesce a coniugare le radici e le ali. Ciascuno sarà poi libero di trovare le sue radici e le sue ali… così qualcuno sceglierà Santa Rosalia, qualcun altro una sinagoga che si chiama Meschita e un altro ancora una rete sul porto di Sferracavallo nelle mani di un vecchio pescatore sdentato. Vorrei che ogni palermitano fosse orgoglioso delle sue radici senza rimanerne soffocato e fosse orgoglioso delle sue ali senza diventare un aquilone sottoposto a qualunque colpo di vento. Da questo punto di vista se c’è un settore della vita umana che può rendere un buon servizio alla comunità questa è l’architettura che riesce per l’appunto a essere fatta di radici e di ali.

Autore

  • Lucia Pierro e Marco Scarpinato

    Scrivono per «Il Giornale dell’Architettura» dal 2006. Lucia Pierro, dopo la laurea in Architettura all'Università di Palermo, consegue un master in Restauro architettonico e recupero edilizio, urbano e ambientale presso la Facoltà di Architettura RomaTre e un dottorato di ricerca in Conservazione dei beni architettonici al Politecnico di Milano. Marco Scarpinato è architetto laureato all'Università di Palermo, dove si è successivamente specializzato in Architettura dei giardini e progetto del paesaggio presso la Scuola triennale di architettura del paesaggio dell'UNIPA. Dal 2010 svolge attività di ricerca all’E.R. AMC dell’E.D. SIA a Tunisi. Vive e lavora tra Palermo e Amsterdam. Nel 1998 Marco Scarpinato e Lucia Pierro fondano AutonomeForme | Architettura con l'obiettivo di definire nuove strategie urbane basando l'attività progettuale sulla relazione tra architettura e paesaggio e la collaborazione interdisciplinare. Il team interviene a piccola e grande scala, curando tra gli altri progetti di waterfront, aree industriali dismesse e nuove centralità urbane e ottenendo riconoscimenti in premi e concorsi di progettazione internazionali. Hanno collaborato con Herman Hertzberger, Grafton Architects, Henning Larsen Architects e Next Architect. Nel 2013 vincono la medaglia d'oro del premio Holcim Europe con il progetto di riqualificazione di Saline Joniche che s'inserisce nel progetto "Paesaggi resilienti" che AutonomeForme sviluppa dal 2000 dedicandosi ai temi della sostenibilità e al riutilizzo delle aree industriali dismesse con ulteriori progetti a Napoli, Catania, Messina e Palermo. Parallelamente all'attività professionale il gruppo sviluppa il progetto di ricerca "Avvistamenti | Creatività contemporanea" e cura l'attività di pubblicistica attraverso Plurima

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Last modified: 26 Settembre 2015