Il Leone doro alla carriera ad Álvaro Siza, che segue di pochi mesi lassegnazione del prestigioso Premio Pritzker al suo più noto allievo Eduardo Souto de Moura, fa parte di una lunga stagione di riconoscimenti internazionali della recente storia dellarchitettura portoghese di cui lo stesso Siza ha svolto lindubbio ruolo di protagonista.
La sua genialità è stata immediatamente riconosciuta dai suoi contemporanei. Nei primi anni sessanta le sue opere prime (le piscine di Leça e il ristorante di Matosinhos) vengono pubblicate sulle principali riviste europee a fianco a quelle di Alvar Aalto e di Le Corbusier e rappresentano una vera e propria rivelazione per la loro capacità di mescolare linguaggi moderni e materiali tradizionali, sensibilità per i luoghi ed esigenze legate alla loro trasformazione. Grazie agli interventi di edilizia residenziale partecipata Saal di Porto, realizzati nellambito della rivoluzione dei garofani del 1974, e soprattutto al quartiere Malagueira a Evora, è lunico architetto portoghese invitato allesperienza Iba per la ricostruzione dei quartieri di Berlino Ovest bombardati durante la seconda guerra mondiale.
Ma la sua statura non deve essere misurata dai successi nei concorsi internazionali cui è stato invitato a partire da fine anni ottanta, dai premi (tra cui il Premio europeo Alvar Aalto e il Pritzker) o dagli innumerevoli studi e pubblicazioni di cui sono state oggetto le opere realizzate dopo lingresso del Portogallo in Europa (ricostruzione del Chiado di Lisbona, scuola di Setubal, museo di Santiago di Compostela, quartieri residenziali in Olanda ecc.) e che lo hanno reso tra i più affermati protagonisti dellarchitettura contemporanea. La sua statura deriva dallessere stato accolto da subito proprio da un ampio gruppo di architetti che, a partire dallepilogo dei Ciam, intendeva costruire un nuovo percorso critico per larchitettura moderna, al di fuori delle accademie e delle dimensioni professionistiche dominanti; lo stesso gruppo che ha stimato e sostenuto Siza non solo per le sue doti quasi istintuali di disegnatore e progettista, ma anche per la tenacia delle sue idee e per la capacità di resistenza in un paese isolato culturalmente e distrutto economicamente dalle guerre coloniali volute dallultimo regime fascista.
Ristrutturazioni di negozi e appartamenti, piccole case unifamiliari, sistemazione di piscine, due agenzie bancarie: le piccole occasioni professionali offerte allora dalle condizioni del Nord del Portogallo rappresentano una vera e propria palestra per lesercizio sperimentale costruttivo e linguistico, un patrimonio che Siza impiegherà nella fase della sua maturità e che influenzerà i suoi colleghi della facoltà di Architettura della locale Scuola di Belle arti, dove si formeranno decine di giovani architetti sotto la direzione di Fernando Távora.
Quella che impropriamente viene considerata la «Scuola di Porto», è stata elevata dal regionalismo critico di Kenneth Frampton come uno dei casi esemplificativi della capacità del Movimento moderno di rinnovarsi, mantenendo continuità di tecniche e linguaggi, ma anche di valorizzare il contesto fisico e culturale locale. Tale paradigma dellarchitettura portoghese coniato dalla critica negli anni novanta non è stato più messo in discussione e viene tuttora impiegato dalla pubblicistica contemporanea per chiarire il ruolo di Siza nel contesto della cultura architettonica europea. Proprio dalle pagine della rivista internazionale «Casabella» diretta da Vittorio Gregotti, in quegli anni vengono sostenute e promosse posizioni della cultura del progetto che inquadrano la pratica professionale di Siza, ne definiscono i contorni e la rendono condivisa da generazioni di architetti non solo europei, proprio mentre i processi di globalizzazione affermano modelli diversi: quelli dello «star system» e dellindifferenza degli interventi edilizi ai luoghi. Ma dai suoi recenti lavori in Corea al grattacielo per Rotterdam emergono con chiarezza la stessa coerenza di sempre che tende ad adeguare il metodo progettuale alle condizioni contestuali, la reinvenzione ad hoc del linguaggio architettonico, ma soprattutto la volontà di non piegarsi alle esigenze dellaffermazione del potere dellimmagine imposta dal mercato edilizio ormai globale e alla pura mercificazione della cultura architettonica.
La proposta del direttore della 13. Mostra internazionale di architettura, David Chipperfield, non si deve leggere quindi solo come un atto dovuto a uno degli interpreti più noti e pubblicati dellarchitettura contemporanea, ma come il riconoscimento collettivo, prima che personale, di unintera vita votata totalmente allarchitettura come pratica artistica, come interpretazione soggettiva e critica del mondo in cui ogni progettista per la natura del suo lavoro è pienamente immerso.
Articoli recenti
- COP30: per un futuro migliore, dovremo imparare dall’Amazzonia 31 Ottobre 2024
- Alto Adige, quando il benessere del territorio si riflette nella baukultur 30 Ottobre 2024
- Architettura instabile, la performance di Diller Scofidio+Renfro 30 Ottobre 2024
- In-VisIBLe, cultura accessibile a tutti 30 Ottobre 2024
- Venezia: l’Hortus Redemptoris non è più conclusus 30 Ottobre 2024
- Veneto: il patrimonio di ville e giardini valorizzato dal PNRR 30 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il colpo di grazia. (Chi ha ammazzato l’architettura?) 30 Ottobre 2024
- Festa dell’architetto 2024: Italia a due velocità 28 Ottobre 2024
- Vienna Nordwestbahnhof, la città senza qualità 28 Ottobre 2024
- Gres porcellanato effetto marmo: eleganza senza tempo per ogni stile 28 Ottobre 2024
- Alberto Ponis (1933-2024) 26 Ottobre 2024
- L’Archintruso. Il signor C., provetto nuotatore 23 Ottobre 2024
- Chiare, fresche e dolci acque. Urbane 22 Ottobre 2024
- Legge sull’architettura, sarà la volta buona? 22 Ottobre 2024
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Luca Gibello. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Umberto Allemandi & C. S.p.A. a The Architectural Post, nuovo editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2024 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata