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Laura MilanWritten by: Professione e Formazione

Analisi: architetto italiano, chi sei?

Roma. «Lo stato della professione dell’Architetto in Italia: i temi, la crisi, la riconfigurazione» è il titolo dell’Indagine elaborata dal Cresme per il Consiglio nazionale degli Architetti curata da Lorenzo Bellicini e Antonio Mura e presentata il 3 giugno. Connessione tra mondi che finora, nonostante la necessità che diventa sempre più vitale, difficilmente sono riusciti a impostare analisi e strategie comuni, si presenta, finalmente, come un’indagine «a tutto campo». Attraverso il Cresme, coinvolge e incrocia infatti i dati di data base non agilmente confrontabili: le statistiche demografiche degli Ordini provinciali (fornite dal Cnappc), quelle sui redditi e i volumi d’affari rilevate da Inarcassa, gli andamenti delle iscrizioni alle Università e i risultati degli esami di abilitazione all’esercizio professionale del Miur, le rilevazioni sull’inserimento dei laureati nel mercato del lavoro di AlmaLaurea (che ha appena pubblicato il suo XIII Rapporto sui laureati riletto nel Rapporto Formazione allegato a questo numero del Giornale) e i dati del Consiglio europeo degli Architetti che ha recentemente analizzato il mercato continentale.

Il confronto con l’Europa
2,4 ogni 1.000 abitanti: l’Italia, con i suoi 144.824 architetti iscritti (raddoppiati dal 1998, quando se ne contavano 72.764), si presenta sul mercato europeo «forte» di questo numero. La Germania, seconda per numero (100.500) si ferma a quota 1,23, mentre la Spagna, terza con i suoi 50.000, si attesta su 1,09. Va inoltre notato  che gli architetti italiani sono un terzo di quelli europei. Nel nostro paese essi sono meno numerosi di medici, infermieri, ingegneri e avvocati, e si collocano al quinto posto fra gli oltre 2.108.000 professionisti. Tra i possibili «concorrenti» sul mercato, gli ingegneri sono circa 213.000, i tecnici diplomati più di 170.000 (111.000 geometri, 45.000 periti industriali e 18.000 periti agrari) e i geologi, meno numerosi, poco più di 15.000. Il tutto in un mercato professionale legato a filo doppio con le costruzioni e l’immobiliare che, soprattutto dal 2008 in avanti, sta portando a conclusione il suo sesto ciclo con una crisi «senza precedenti» che ha portato pesanti negatività: -22% per gli investimenti in costruzioni (rispetto al picco del 2006), -35% in nuova edilizia (2006), -8% in rinnovo edilizio (2007), -43% in nuove costruzioni residenziali (2006), -28% per le compravendite di abitazioni (2006) e -17% per i prezzi delle case (2006). E le prospettive per il futuro, pur in miglioramento, non propongono ritorni ai livelli pre-crisi e richiedono a tutti gli attori la ricerca di nuove strategie operative: il settimo ciclo edilizio, che partirà nel 2012, non ripeterà il modello di inizio millennio, seguendone invece di più simili a quelli degli anni ottanta e novanta, mentre non si prevede che i vari «Piani Casa» possano dare i risultati sperati (cfr. Il tema del mese in questo numero del Giornale).
La difficile congiuntura accentua la tendenza degli italiani a «guardare all’estero», soprattutto se riconducibili a studi strutturati (il 31% degli intervistati dal Cresme ha manifestato l’intenzione d’incrementare l’attività oltralpe), anche se spesso il «mercato comune» non è privo di ostacoli e complicazioni, come la difficoltà di comparazione di qualifiche differenti.

La formazione, l’abilitazione e i primi anni di lavoro
Accanto al calo delle immatricolazioni registrato nel tempo dalle varie Indagini AlmaLaurea, che per il prossimo anno accademico si prevedono in ulteriore flessione per i primi evidenti effetti del ridimensionamento imposto dai tagli e dalla «riforma Gelmini» (cfr. Rapporto Annuale Formazione), e il sostanziale fallimento della laurea di primo livello, l’elaborazione dei dati Miur relativi agli esami per l’abilitazione all’esercizio professionale, il cui superamento consente l’iscrizione all’albo e l’ingresso ufficiale nel mercato del lavoro, evidenzia come nel 2008 è riuscito a diventare architetto 1 candidato su 2, il 50,7%, percentuale che venti anni prima era invece ferma al 35,7%. E che tra 2000 e 2008 sono stati immessi sul mercato circa 60.000 giovani professionisti, con una media annuale di 6.800 abilitati. E come se la passano gli architetti dopo l’abilitazione? Sempre secondo le rilevazioni AlmaLaurea (cfr. «Il Giornale dell’Architettura» n. 93, aprile 2011) rielaborate dal Cresme, guadagnano poco (865 euro medi nel 2010), trovano impiego con più difficoltà rispetto al recente passato (il tasso di disoccupazione è salito dal 7,4% del 2008 al 16,1% del 2010) e lavorano a condizioni peggiori, con un importante divario tra uomini e donne, anche se in situazioni che con il tempo tendono a migliorare (a 5 anni dal titolo il reddito netto medio passa a 1.278 euro e gli architetti hanno ancora tassi di disoccupazione più bassi, pari nel 2010 al 4,8% inferiore all’11,9% medio per la classe d’età 25-34 anni).

Le donne: sempre di più ma meno pagate e rappresentate
Tema cruciale già dal prossimo futuro è la «questione femminile», che ci accomuna, con maggiori difficoltà, all’Europa. Ancora in minoranza nella professione (anche se le statistiche che AlmaLaurea ci offre dicono che fra i laureati il sorpasso c’è già stato: nel 2010 il 54,3% dei neodottori era donna), dal 1998 la presenza delle donne è costantemente cresciuta, attestandosi al 40% del 2010. Ciò che non sta crescendo è purtroppo, come ogni anno ci raccontano le letture dei dati sullo stato occupazionale dei laureati ma anche dei bollettini che Inarcassa periodicamente recapita ai suoi iscritti, sono i guadagni. A 5 anni dalla laurea un maschio guadagna mediamente il 23% in più di una donna e questa differenza, già importante, si accentua con il passare degli anni, arrivando all’80% (!) rilevato da Inarcassa nel 2008 fra i suoi iscritti; situazione che sul lungo periodo risulta pericolosa, oltre che lesiva della dignità professionale, anche per la tenuta del sistema pensionistico. Le donne sono inoltre scarsamente rappresentate all’interno degli Ordini, nei cui Consigli siede solo il 27% di presenze femminili (percentuale nemmeno sfiorata dal nuovo Consiglio nazionale, che conta una sola giovane donna, Lisa Borinato architetto junior fra i pochi in Italia, su quindici membri).

I giovani: penalizzati e poco pagati
Secondo tema di fondo è la problematica situazione degli architetti under 40 che rimanda, accomunata alla scala più allargata del mercato del lavoro nazionale, in modo diretto ai redditi e allo squilibrio professionale che trasferisce ai giovani tutto il rischio occupazionale, le minori possibilità di accesso al welfare e le minori capacità reddituali. In linea con le medie europee, il 40% degli iscritti agli Ordini ha meno di 40 anni ma, secondo i dati Inarcassa 2008, ha fatturati inferiori alla media italiana del 71% per gli under 30, del 52% per quelli compresi tra 30 e 34 anni e del 30% per chi ha tra 35 e 40 anni. Questo in controtendenza con i colleghi europei che, pur partendo da differenze di guadagno rispetto alla media europea del 43% (per gli under 30), arrivati ai 40 anni dichiarano redditi del 15% più alti. Oltre allo squilibrio reddituale,  pagano in prima persona l’instabilità con l’aumento della frequenza dei contratti atipici e la crescita del fenomeno delle «finte» partite Iva e di situazioni irregolari.

Le stime sui redditi
In un mercato sempre più selettivo e polarizzato tra chi la crisi l’ha percepita poco e chi invece l’ha subita maggiormente (cfr. il commento del direttore del Cresme Lorenzo Bellicini ne «Il Giornale dell’Architettura» n. 91, febbraio 2011) e nonostante i dati Inarcassa si fermino al 2008, il Cresme stima nel 16-17% la contrazione reale tra 2006 e 2010 di fatturati e  volumi d’affari, che già nel 2008 erano inferiori alla media sia di tutte le professioni che di quelle tecniche: 38.042 euro di volume d’affari nel 2008 contro i 66.000 delle professioni nel complesso e i 50.000 degli ingegneri.

Questa inchiesta si allargherà ulteriormente il prossimo anno. Allora si potrà andare più a fondo su temi rilevanti, come sul rapporto tra iscritti e progetti firmati o sulla caduta delle iscrizioni e su quanti sono, nel raddoppio degli iscritti, quelli provenienti da profili formativi spuri, come quelli di Ingegneria edile Architettura.

Autore

  • Laura Milan

    Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate. Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino

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Last modified: 10 Luglio 2015