Quando decido di partecipare a un concorso di progettazione quasi sempre preferisco sceglierne uno indetto da privati. I motivi sostanzialmente sono due: in prima istanza reputo che essendoci investiti capitali privati ci sia più possibilità che il concorso non si areni nei meandri delle pubbliche amministrazioni e porti quindi allesecuzione dellopera; in secondo luogo, ho sempre reputato che se una società bandisce un concorso, potendo invece liberamente operare a chiamata diretta, lo fa perché veramente sente lesigenza di voler mettere al primo posto la qualità del progetto. Questo lho sempre creduto fino allultimo a cui ho partecipato.
Qualche mese fa uscì un bando per un concorso didee a Brescia indetto da unimpresa locale, la Regalini Costruzioni. I premi in palio erano molto bassi ma la concretezza del tema mi spinse a partecipare; il lavoro risultò più impegnativo del previsto, ma al momento della consegna ero molto soddisfatto di ciò che avevamo prodotto, frutto di una felice collaborazione tra un ampio team di professionisti. Il risultato però è stato una vera doccia fredda. A fronte di un secondo premio innovativo e ben contestualizzato, il primo premio risulta tanto «imbarazzante» quanto lo è stato il comportamento della stessa Regalini Costruzioni che, alle ripetute richieste dei partecipanti, oltre che dellOrdine di Brescia, di sapere per lo meno da chi fosse composta la giuria e di avere la possibilità di visionarne i verbali, non ha dato alcun riscontro. Evidentemente il risultato è il frutto di un processo malato in cui la speranza di ottenere un premio cubatura per aver indetto un concorso di progettazione porta avide imprese a distorcere luso di un procedimento virtuoso, senza la reale intenzione di premiare la qualità architettonica. Il tutto sotto lo sguardo impotente di un Ordine che si è battuto per avere un rappresentante allinterno della giuria, ma che niente ha potuto perché non tutelato, come del resto noi stessi concorrenti, da una legislazione appropriata.
Queste sono solo amare considerazioni. Quello che però resta è, da un lato, lamarezza di chi ha partecipato con impegno e serietà al concorso e, dallaltro, che per lennesima volta la cultura del progetto in Italia è lultima ruota del carro di un processo edilizio agonizzante in mano a privati senza scrupoli. Mi auguro solo che la giuria di professionisti (bene sottolinearlo) che ha premiato questo progetto possa dormire sonni tranquilli, perché io allidea di aver contribuito a straziare un bel brano di città non dormirei troppo sereno. Sempre che una giuria ci sia stata e il risultato non sia semplicemente il giudizio di padre e figlio Regalini, geometri.
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