AMBURGO (GERMANIA). HafenCity è attualmente il più vasto programma di recupero urbano in Europa. A dieci anni di distanza dal masterplan di Kees Christiaanse – Astoc (cfr. «Il Giornale dell’Architettura» n. 48, 2007) è stata recentemente presentata al pubblico la Variante di piano con le previsioni per i quartieri orientali. Città ecosostenibile e innovativa per i suoi sostenitori, megalomania finanziaria per gli altri, HafenCity si trova esposta al tiro incrociato di critici e ambientalisti a circa metà della sua complessa realizzazione.
Il giudizio generale non può che essere rinviato alla data prevista del suo completamento (2025), ma quello che è stato sinora realizzato è molto, e molto racconta del sogno di spostare il baricentro della città verso il fiume. Obiettivo ambizioso, già perseguito a partire dagli anni novanta con la cosiddetta perlenkette (collana di perle), primo esperimento di marketing urbano sulla sponda dell’Elba, orchestrato attorno al richiamo assicurato dalle firme di architetti famosi. HafenCity segue in fondo la stessa strategia ma la sua dimensione (155 ettari) ha anche spianato la strada all’ingresso prepotente delle società immobiliari internazionali. Amburgo, città mercantile scevra da sentimentalismi che nel 2011 verrà celebrata come European Green Capital, ha velocemente trasformato l’iniziale sogno in un buon investimento economico.
Questo almeno fino alla crisi del 2007: oggi, infatti, i piani di ritorno economico dell’intera operazione sono molto meno rosei di quanto preventivato all’inizio. Le difficoltà tecniche per costruire nell’acqua il nuovo ramo della metropolitana (U4), associate allo strabiliante sforamento di costi dell’Elbphilarmonie (l’edificio simbolo di HafenCity, firmato Herzog & de Meuron, e della città stessa) ha cancellato le speranze di accumulare capitali freschi da reinvestire nelle infrastrutture necessarie all’espansione dello scalo container del porto commerciale.
Architekturzoo è l’ironico neologismo tedesco per definire gli esperimenti urbani dominati dal protagonismo dei singoli edifici, paragonati agli animali in cattività di un immaginario zoo dell’architettura contemporanea. HafenCity assomiglia troppo spesso a questo pittoresco catalogo. Ogni edificio è a modo suo un’eccezione, mostra una facciata diversa, un materiale diverso, una firma diversa. Abiti eleganti che sfilano sull’impeccabile passerella costituita dalle darsene fluviali, il cui originario fascino è stato però in gran parte distrutto e rimpiazzato da un arredo urbano tanto sofisticato quanto commerciale. Il mix funzionale, che doveva essere la ricetta vincente del piano urbanistico, è al momento ridotto a un’alternanza fra appartamenti per ricchi, uffici per ricchi, e sponde… un po’ per tutti. Nonostante le cifre ufficiali divergano, i prezzi delle abitazioni sono così elevati che è impossibile per la classe media poter accedere anche solo ai più economici edifici costruiti dalle cooperative.
Architettura accattivante ma alta densità edilizia e poco verde: queste le accuse ricorrenti di quanti ora chiedono una pausa nella realizzazione del piano per poter riflettere con più calma su possibili aggiustamenti, anche in vista degli eventi connessi all’Iba (Internationale Bauausstellung) e all’Igs (Internationale Gartenschau) del 2013 (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 86, luglio-agosto 2010) ma il meccanismo, ormai a pieno regime, non pare consentire fermate intermedie. HafenCity si presenta oggi come un quartiere esclusivo, pensato per le necessità degli strati più facoltosi di questa facoltosa Amburgo. Riusciranno gli interventi in cantiere a farne anche un brano riuscito di città?
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germania , rigenerazione urbana
Last modified: 4 Dicembre 2019