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Laura MilanWritten by: Interviste

Farò così

La questione formazione
Intende riprendere l’accordo firmato su tirocini ed esami di stato? E affrontare il nodo di una discussione sulle figure professionali che andrebbe gestita insieme alle facoltà? E dare corso all’intesa sulla formazione permanente, seguendo processi già in atto in molti paesi europei?
Il Consiglio nazionale, anche con la presidenza di Massimo Gallione, non ha mai smesso di lavorare assieme agli Ordini al tema della formazione e dell’accesso alla professione. Partendo dal lavoro già svolto, il nuovo Consiglio investirà molte energie su questo tema, che è centrale, purché disegnato all’interno di un quadro generale sul mestiere e sulla qualità dell’architettura. Intendiamo proporre alle Università un confronto franco e propositivo su tutti gli argomenti, a partire dal tema di una formazione adatta alla professione e all’Europa, proseguendo con il tirocinio fino alla formazione permanente. Se i fini sono comuni, ovvero promuovere la qualità dell’architettura e la conseguente capacità degli architetti di raggiungerla, non sarà difficile varare un progetto condiviso. La formazione permanente, sulla quale il Cnappc e gli Ordini hanno fatto un lavoro serio e approfondito, è il futuro prossimo; ma è prima necessario risolvere due aspetti: come assicurare una qualità alta e omogenea dei corsi e come abbatterne i costi per non aggravare il portafoglio già in crisi degli architetti, in particolare i giovani. Faremo presto, con gli Ordini, delle proposte precise in questo senso.

La riforma delle professioni
Le recenti polemiche hanno evidenziato una scarsa rappresentatività del Cnappc. Una delle partite in sospeso è la legge sulla qualità dell’architettura, definita ma mai approvata. Quali azioni metterà in campo per dar forza al Consiglio nazionale, in Parlamento e nei confronti della pubblica opinione?
Il Consiglio è il rappresentante nazionale degli architetti e per questo, come abbiamo già pubblicamente affermato, pretendiamo che la riforma delle professioni arrivi finalmente in porto. Poiché la nostra fiducia nella volontà politica di vararla è ormai scarsa – troppi governi e troppi parlamenti
l’hanno promessa – intendiamo ottenere risultati, sia in via legislativa che all’interno delle norme esistenti, su singoli elementi come le società di architettura, la formazione permanente, l’equo compenso. Quanto alla legge sull’architettura, che il Cnappc e gli Ordini hanno ideato e promosso per anni, è una priorità per la quale collaboreremo a lanciare una legge d’iniziativa popolare. La legge è una nostra bandiera che terremo alta assieme a tutti coloro che la condividono. Tramite la legge cercheremo di correggere alcune gravi storture, come la commistione tra progetto e realizzazione dell’opera introdotta dall’appalto integrato; ma tramite la legge vogliamo anche ottenere che lo Stato investa sulle giovani generazioni degli architetti, che sono la banca delle idee per le città di domani.

I giovani e i compensi
Le indagini sul mondo del lavoro per i giovani architetti, come l’Almalaurea, evidenziano una situazione caratterizzata da compensi molto bassi (con differenze sostanziali tra uomini e donne e dubbi sulla reale tenuta del sistema pensionistico appena riformato) e ulteriormente in discesa, estrema diffusione delle collaborazioni  e scarsissime possibilità di mobilità verticale nella libera professione. Come pensa di mitigare la situazione?
I dati di Almalaurea, così come quelli delle nostre indagini, ci dicono quanto la crisi globale abbia colpito duramente gli architetti, in particolare i giovani, sommandosi a una serie di problemi strutturali della categoria. Se contro la crisi poco possiamo fare, molto invece faremo per risolvere i problemi storici del mestiere, come la difficoltà di accedere a mercati più vasti del Comune in cui si vive o la tendenza a lavorare singolarmente, senza mettere in sinergia le opportunità. Il Consiglio nazionale varerà un quadro di iniziative destinate ad aprire il mercato dell’architettura a tutti gli iscritti, sulla base della competenza e del merito. Gli elementi fondamentali saranno l’informazione agli architetti perché abbiano parametri di valutazione sull’andamento del mercato, perché possano fare scelte professionali consapevoli; la realizzazione di un database nazionale degli architetti perché la committenza privata, che è oltre l’80% del mercato, cominci a sceglierli valutando i loro progetti e non il costo o la capacità di spendere in pubblicità; la promozione capillare degli architetti italiani all’estero; la promozione dei concorsi
anche per i grandi progetti dei committenti privati. A noi non competono le azioni sindacali, ma certamente è nostro dovere creare il contesto perché gli architetti italiani possano esprimere le loro capacità, indipendentemente dalle risorse economiche o dalla localizzazione geografica o dal sesso. La «questione femminile» emerge chiaramente dal Rapporto 2010 di Almalaurea: ne siamo consapevoli e per questo è stato istituito un Osservatorio sulle Pari opportunità nel nuovo Cnappc.

I minimi tariffari
La loro abolizione e l’imposizione di ribassi inaccettabili negli appalti (problema che il Regolamento del Codice De Lise potrebbe in parte lenire) costituiscono problemi dolenti. Come prevede di affrontarli?
L’onda lunga del liberismo in alcuni paesi, tra cui la Germania, si sta ritirando. La reintroduzione di regole per l’equo compenso degli architetti è possibile e ci batteremo per ottenerle. Non per corporativismo,
ma perché l’archi-
tettura è un bene sociale e non può essere regolata da parametri esclusivamente economici. O viceversa, come diceva John Maynard Keynes, finiremo per fare a meno della luna e delle stelle perché non danno reddito.

Il ruolo degli Ordini
C’è chi ritiene che dovrebbero trasformarsi in associazioni culturali e chi invece darebbe loro più poteri soprattutto nella difesa dei loro iscritti dando, ad esempio, un valore legale alle vidimazioni delle parcelle o un ruolo esterno nello svolgimento dei concorsi. Che ruolo dovrebbe avere il Cnappc?
La critica agli Ordini è da tempo ideologica e mirata a evidenti fini utilitaristici. La funzione degli Ordini e del Cnappc è chiara sia nella norma che nella prassi: tenere l’Albo, far rispettare l’etica, promuovere i fini sociali e culturali dell’architettura, salvaguardare il decoro della professione. Il tempo passa ma questi principi non devono cambiare perché sono legati allo sviluppo civile e democratico del paese. Il ruolo della rete degli Ordini sul territorio è fondamentale, essendo uno di quei corpi intermedi dello Stato che consentono il funzionamento del paese: con l’avvento del federalismo gli Ordini, ancora di più, dimostreranno, a differenza di quanto affermato da chi pensa che siano un reperto antico, di essere uno strumento moderno di relazione tra lo Stato e i cittadini. Non è per caso che gli Ordini degli architetti svolgano sul territorio un’intensa attività culturale, più di un evento al giorno in Italia, che ne fa una delle più importanti istituzioni di diffusione culturale. Il ruolo del Consiglio nazionale sarà di proposta, rappresentanza nazionale ma anche quello di mettere a sistema il grande lavoro che gli Ordini già fanno a livello provinciale, sui concorsi, sulla formazione, sulla cultura, ma anche di presidio civile a garanzia dei diritti dei cittadini a un’architettura di qualità e a trasformazioni territoriali e ambientali sostenibili.

Il rapporto con la base
Alla luce di tutti questi problemi, e considerando anche la scarsa comunicazione con gli architetti, la maggioranza dei quali considera il Cnappc un organismo distante da loro (molti non erano nemmeno a conoscenza delle stesse elezioni dei vertici nazionali), come pensa di affrontare questo problema di rappresentatività dell’organismo?
La comunicazione tra il Consiglio nazionale e gli iscritti è meno debole di quanto si creda, tenuto conto dell’uso assiduo che gli architetti fanno del sito www.awn.it.
Ma è necessario, e già l’abbiamo avviato, un adeguamento del sistema informativo perché sia adatto ai tempi. Il fine,però, è più ambizioso: è quello che di creare un circuito informativo dove il Consiglio, come gli Ordini, non solo informino ma siano in grado di ascoltare, recepire, rispondere. La rappresentatività di un’Istituzione non è data a priori ma discende dalle azioni che mette in campo, essendo anche capace di comunicarle: se nel nostro fare saremo bravi tutti gli architetti si riconosceranno di più nel Consiglio. Ma anche questo non basta; è l’intero sistema dell’architettura che deve lavorare per il fine comune che Gio Ponti invocava: Amate l’architettura! In questo sistema stanno gli Ordini, le scuole, le riviste, i liberi professionisti, i dipendenti, i professori. Sotteso all’attività di questo Consiglio c’è l’impegno a promuovere un lavoro comune e sinergico, ognuno per quanto gli compete, per far sì che al fine comune corrisponda un comune sforzo.

L’Università e gli appalti
Crede che la possibilità data alle Università e agli istituti di ricerca di partecipare alle gare d’appalto pubbliche per la fornitura di servizi sia positiva? Avrà conseguenze sul mercato o va riformulata?
L’Università ha il compito della formazione e della ricerca, che svolge con i proventi delle iscrizioni e i contributi pubblici e privati; gli architetti quello di progettare e mantenere se stessi e le proprie famiglie, grazie alla retribuzione da parte dei clienti o dei datori di lavoro. Se abbiamo sempre chiara questa differenza possiamo risolvere il problema, assieme: la scuola e gli architetti che vi insegnano possono dare un importante contributo di ricerca, anche nelle realtà territoriali, perché non credo che l’Università debba essere una Castalda chiusa alla realtà; viceversa è altrettanto evidente che i progetti, architettonici e urbanistici, riguardano gli architetti secondo le regole di meritocrazia del progetto in cui crediamo. La soluzione del problema sta nel confronto tra noi e l’Università, che stiamo già avviando, per verificare insieme come definire chiaramente e una volta per tutte collaborazioni e ruoli, per evitare, ancora una volta, che norme calate dall’alto alterino le regole del mercato a danno di tutti e in primis dell’architettura.
Tutte le risposte che ho dato a questa intervista vanno perciò lette all’interno di un unico progetto, che terrà insieme le diverse iniziative, perché rispondano a pochi chiari obiettivi: l’affermazione della qualità dell’architettura nelle leggi, nella prassi, nella capacità degli architetti, nella consapevolezza della società di pretenderla; la promozione di un mercato aperto e non discriminatorio, le cui regole siano mediate con i fini sociali, ambientali e culturali insiti nell’architettura e nella Costituzione italiana; la presa di coscienza del ruolo dell’architetto e delle istituzioni che lo rappresentano attraverso l’esercizio dell’etica professionale e dell’etica dell’architettura, per la quale abbiamo il dovere di disegnare un habitat migliore per i cittadini italiani.

Autore

  • Laura Milan

    Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate. Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino

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Last modified: 10 Luglio 2015