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Written by: Forum

Il sale e il mare dello chef progettista

Ci sono espressioni che tendono a sottolineare, attraverso una metafora, dei fatti indubitabili di cui ogni individuo ha esperienza. Alcune di queste espressioni, tipicamente italiane, attribuiscono al sale la definizione del sapore, dell’atmosfera, del contenuto di una cosa, una persona, un avvenimento. Per questo motivo, forse, l’analisi del gusto e della sua filosofia è diventata un oggetto di progressiva sperimentazione da parte dei più interessanti «chef progettisti».Davide Scabin per primo ha affrontato la questione frontalmente. Lo chef ha affermato che la componente salata di un piatto-alimento è responsabile fino al 70% della percezione del suo gusto. Perché, allora, lasciare la salatura del cibo solamente all’esperienza e non progettare un sistema? Il grande architetto del gusto si è inventato (nel 2008) e ha brevettato lo «Scabin Salt System», un design di sistema applicato al concetto della salatura degli alimenti che dosa il sale attraverso l’uso di pasticche, liquidi o gelatine, con una serie di prescrizioni correlate ai tempi di cottura dei cibi e al volume-peso degli stessi. Il sistema comprende il «Liquid Salt System» (2006), che declina il principio della salatura controllata attraverso l’uso di soluzioni saline a diverse concentrazioni (1,4%, 1,8%), e «Skube», sale dei Monopoli di Stato trasformato in pastiglie di diverse grammature (18, 22, 26 grammi in funzione dei tempi di cottura ovvero 15, 10 e 5 minuti).
Un sistema scientifico-esperienziale che assomiglia, in positivo, a un progetto di produzione seriale-industriale in cui lo «chef progettista» trasforma una materia prima in un prodotto intelligente. Un esempio di design per tutti che aiuterebbe le persone a capire i propri meccanismi del gusto e a rendere certe semplici operazioni quotidiane, così ritualmente importanti, un gesto consapevole. Come sempre il valore del pensiero viene sconfitto dall’incapacità di cambiare. Un messaggio che dovrebbe far pensare chi, come i Monopoli di Stato, non riesce a capire il valore dell’innovazione democratica.
Per altra via l’esperienza di Heston Blumenthal. La sua visione infatti ragiona sulla multisensorialità e soggettività dell’esperienza del gusto. Attraverso un approccio scientifico da «madeleine aggiornata» che usa la fisiologia umana accoppiata alla polisensorialità, Blumenthal studia la struttura del gusto a partire dagli effetti dei sapori e degli odori sul palato e sulla lingua e la loro interazione con gli altri sensi, oltre all’accoppiamento degli alimenti basato sulla componente aromatica dei cibi (foodpairing). Il «suono del mare», il suo piatto più famoso, si propone come una vera e propria performance: la scena riproposta è quella di un ambiente marino, sabbia commestibile (amido di tapioca), alghe kombu, ostrica cruda, ricci di mare e onde di spuma. Una natura viva e commestibile, completata da un i-pod per ascoltare il rumore della risacca e dei gabbiani.
Progetti che scavalcano la Fisiologia del gusto di Brillat Savarin attraverso il progetto e la sperimentazione, oltre il semplice restyling di oggetti per la tavola o di strumenti per la preparazione, a cui siamo abituati. Che sia questo il significato vero delle due parole congiunte food+design?

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Last modified: 10 Luglio 2015