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Vezio De LuciaWritten by: Città e Territorio

La sceneggiata di Roma Capitale

Renato Nicolini ha scritto che «noncurante del precedente di Luigi XVI, che li pagò con la ghigliottina, il sindaco Alemanno ha convocato gli Stati generali». Secondo me il sindaco non corre nessun rischio, perché gli Stati generali sono stati convocati in nome di Roma Capitale. Ma Roma Capitale non esiste. È solo il Comune di Roma che ha cambiato nome e carta intestata.
Cerco di chiarire. L’istituzione di Roma Capitale è prevista dalla legge di delega al Governo per il federalismo fiscale (42/2009) che, in verità, attribuisce a Roma Capitale importanti funzioni: la valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali; lo sviluppo economico; lo sviluppo urbano e la pianificazione territoriale; l’edilizia pubblica e privata; il trasporto pubblico e la mobilità; la protezione civile ed eventuali altre funzioni conferite dallo Stato e dalla Regione Lazio. Ma l’esercizio effettivo dei poteri è subordinato all’emanazione di appositi decreti legislativi e l’unico finora approvato tratta solo del funzionamento degli organi. Ed è difficile, secondo me, che si metta mano all’attribuzione delle altre competenze che, per essere esercitate da Roma Capitale, devono essere quasi tutte sottratte alla Regione e alla Provincia provocando, inevitabilmente, uno sconquasso istituzionale.
Non serve la palla di vetro per capire che l’opposizione di Regione e Provincia sarebbe (giustamente) furiosa. Si guardino il disegno e i dati qui riportati: che senso avrebbe il Piano territoriale di coordinamento di una Provincia di Roma senza Roma, ridotta per questo a uno spazio residuo a forma di contorto settore circolare? Lo stesso per i trasporti e le altre competenze trasferite. E non tanto diverso sarebbe il declassamento della Regione alla quale resterebbe integralmente la sanità o poco di più. Per intenderci, è come se alla popolazione provinciale fosse virtualmente sottratta quella di Roma: da 4 milioni a circa un milione e mezzo di abitanti. E la popolazione del Lazio, non contando Roma, sarebbe quasi la metà: nella graduatoria delle regioni per peso demografico, è come se scendesse dal terzo posto (dopo Lombardia e Campania) al decimo, dopo la Toscana e prima della Calabria. Per tutto ciò è impensabile che Roma Capitale possa convivere con una Provincia e una Regione depotenziate e mortificate.
E allora? La soluzione potrebbe trovarsi attivando la città metropolitana di cui tratta la medesima legge delega per il federalismo fiscale. Che prevede, oltre a Roma Capitale, altre nove città metropolitane: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Torino e Venezia. Le città metropolitane dovrebbero sostituire le vigenti province, ereditando lo stesso territorio, oppure uno diversamente organizzato, in questo caso i comuni non ricadenti nella città metropolitana andrebbero assegnati alle restanti province «ordinarie». Sarebbe quindi ridisegnata la geografia amministrativa e si potrebbe (ma resterebbe il nodo della Regione Lazio penalizzata), evitare il papocchio di Roma Capitale senza modifiche agli attuali confini amministrativi.
Ma come sa chi si occupa di queste cose, le città metropolitane non interessano perché metterebbero in discussione tradizionali assetti nella formazione e gestione del potere locale. Perciò meglio tenerle a distanza, come altre riforme istituzionali da anni dichiarate urgenti e sempre rinviate. La conclusione è che Roma Capitale resterà com’è oggi: una sceneggiata. Se qualcuno volesse dar corpo davvero, con pienezza di funzioni, a Roma Capitale, bisognerebbe assegnarle il rango di regione, com’è stato fatto per altre capitali europee che comprendono vasti territori: Berlino, per esempio, o la comunidad autonoma di Madrid (che comprende 179 comuni). Di conseguenza si dovrebbe decidere se la Regione Lazio sopravvive (con una diversa articolazione delle province) o viene spartita fra Toscana, Abruzzo e Campania. Insomma, un’autentica riforma. Inconcepibile con l’attuale personale politico. Dell’una e dell’altra parte.

Autore

  • Vezio De Lucia

    Nato a Napoli (1938), è stato assessore all’Urbanistica del Comune, direttore generale del ministero dei Lavori pubblici, segretario generale dell’Istituto nazionale di urbanistica, consigliere nazionale di Italia Nostra. È presidente dell’associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli. Fra i suoi libri: “Se questa è una città” (1989, 1992, 2006); “Le mie città” (2009); “Nella città dolente” (2013); “La Roma di Petroselli” (con con Ella Baffoni, 2011); “Roma disfatta” (con Francesco Erbani, 2016). Ha collaborato con “Il Messaggero”, “l’Unità”, “il manifesto”. Progettista del piano comprensoriale di Venezia e della Laguna; dei piani provinciali di Pisa, Lucca, Caserta; dei piani regolatori di Pisa, Lastra a Signa, Positano, Eboli e altri comuni

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Last modified: 10 Luglio 2015