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Written by: Città e Territorio

Paglia, copertoni e olio per falafel

TERRITORI OCCUPATI PALESTINESI. Il 14 settembre i bambini del villaggio beduino di Wadi Abu Hindi hanno iniziato le lezioni in una scuola completamente rinnovata. La «scuola nel deserto» è il frutto della collaborazione tra Vento di Terra Onlus e il gruppo di progettazione ARCò – Architettura e Cooperazione.
L’occupazione militare israeliana si è accanita con forza contro le comunità beduine. Spinte verso zone desertiche sempre più aride, oppresse da divieti che impediscono loro di mantenere il tradizionale nomadismo, ora vengono anche assediate dagli insediamenti illegali dei coloni. Ma’ale Adumim, la colonia più popolosa costruita dopo il 1967, si è ampliata proprio sulle terre dei Jahalin. I coloni scaricano le acque nere dove i beduini si approvvigionano di acqua potabile e pascolano le greggi, minacciandone la salute. La legislazione del territorio dei beduini, classificato Area C dagli accordi di Oslo del 1994, stabilisce che non sia possibile realizzarvi manufatti di carattere non temporaneo, quindi niente cemento o fondazioni. L’associazione israeliana Regavim pattuglia il territorio alla ricerca di motivi per demolire i villaggi. Una sfida in più per i progettisti: «Dovevamo realizzare un intervento funzionale, che non fosse illegale per Israele, utlizzando materiali disponibili in loco». Unendo i principi della bioarchitettura e le tecniche costruttive locali, con la partecipazione di tutta la comunità, hanno ultimato i lavori in soli due mesi. La scuola esistente era un edificio tipico dei villaggi beduini: pareti e tetto in lamiera zincata, totalmente inadatto al clima desertico, caratterizzato da forti escursioni termiche e alte temperature estive. Il tetto è stato sostituito da pannelli sandwich, sollevati in modo da sfruttare la ventilazione naturale. Per l’isolamento termico le pareti sono state trattate con la tecnica del pisè: un impasto di terra umida e paglia versato tra assi in legno parallele a fungere da casseri. Si è così ottenuta una muratura spessa 34 cm costituita da: intonaco in calce, cannucciato di bambù di sostegno, impasto di argilla e paglia, foglio esistente di alluminio zincato, intercapedine d’aria e pannello schermante di bambù esterno. Per migliorare l’isolamento acustico, le pareti interne delle aule sono state realizzate con mattoni in terra cruda prodotti nella valle del fiume Giordano.
Per non sacrificare troppo spazio utile, non è stato riutilizzato il metodo sperimentato nella famosa «scuola di gomme» (2009), i cui muri esterni, realizzati con copertoni di recupero riempiti di argilla umida, intonacati e protetti da olio per falafel riciclato, raggiungono uno spessore di circa 60 cm. Denunciata dai coloni, oggetto di ordine di demolizione poi annullato dalla corte israeliana, la scuola di gomme ha creato un precedente. La scuola nel deserto conferma il successo della tecnologia fra scarsità di mezzi e abbondanza di restrizioni.

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Last modified: 13 Luglio 2015