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Written by: Design

Il digitale che c’è in noi

Londra. «La tecnologia digitale ha trasformato i nostri spazi di lavoro, è diventata una delle nostre fonti principali d’intrattenimento e, sempre più spesso, ci collega con le reti sociali». L’emblematica frase di Hamid Van Koten ritrae accuratamente la vita contemporanea, permeata di tecnologia e dispositivi digitali. All’indagine di questo fenomeno è dedicata la mostra «Decode: Digital Design Sensations» che presenta i più recenti sviluppi nel campo del design digitale e dell’interaction design: dai dispositivi portatili alle installazioni a grande scala di Daniel Brown, Golan Levin, Daniel Rozin, Troika, John Maeda, Karsten Schmidt e altri.
L’esposizione propone tre chiavi di lettura. La prima, «Code», sostiene l’importanza del codice di programmazione come «materiale grezzo» a disposizione di artisti e designer per generare opere interattive e mutevoli: il codice ha infatti enormi potenzialità quando diventa open source e consente ad altri di fruirne, allargandone le possibilità creative. Il lavoro risultante propone una nuova estetica del digitale, il «maximalismo», che già permea fortemente il mondo della comunicazione visiva e della pubblicità.
La seconda parte, «Interactivity», esplora i confini dell’interazione fra le persone e gli artefatti attraverso l’utilizzo di sensori, telecamere e tracking. Reagendo alla presenza del visitatore e producendo un feedback visivo e sonoro, le opere intendono innescare una riflessione sui modi, sempre più sfumati nei confini, con i quali ci rapportiamo quotidianamente con la tecnologia.
Nella terza e ultima parte, «Networks», è stato chiesto agli artisti di lavorare sul tema delle tracce che lasciamo sulla rete. I nostri messaggi, le foto, il blog diventano il materiale del quale si nutrono le opere per mostrarci visivamente quanto e come le nostre vite siano permanentemente connesse. I visitatori possono interagire con i lavori anche con il proprio cellulare o smartphone.
Se da una parte le contaminazioni fra arte e design sono sempre più evidenti, dall’altra, i confini sono sempre più sfumati: l’arte multimediale propone una sua estetica che il design, nelle molteplici accezioni, ha da tempo accolto e reinterpretato. L’arte offre dunque al design una fonte di senso e significato, che spinge i professionisti a domandarsi come dobbiamo porci di fronte all’incorporazione della tecnologia nelle nostre vite; a quale scopo deve servire; se essa arricchisce o meno il nostro quotidiano. Il design diventa il ponte fra noi e la tecnologia, le conferisce un contesto e un senso, si trasforma in attore del dibattito attraverso molteplici interfacce; a partire dal cellulare che ognuno di noi ha in tasca e che può essere interpretato sia come parte di un’opera sia come nodo comunicativo. Queste sono solo alcune delle sfaccettature del complesso fenomeno proposte al visitatore, qui sollecitato a porsi domande, piuttosto che a ricevere risposte.
 

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Last modified: 14 Luglio 2015