Merano (Bolzano). Vicino a un gatto bianco indolente, il contadino (mise caratteristica sudtirolese, sorta di zinale celeste e cappello puntuto) si affaccia al balcone di casa, una nuova residenza per i lavoratori dellamministrazione Graf Enzenberg a Terlano/Settequerce. La scena può essere motivo di autentico vanto per il progettista, Walter Angonese: egli dimostra concretamente come il moderno sia vivibile con soddisfazione anche da chi in apparenza potrebbe sembrare più restio nellaccasarsi entro linguaggi contemporanei. La qualità diffusa del costruito è risultato nullaffatto casuale in Alto Adige (non lontana valle dellEden, ma landa ben amministrata). È un obiettivo su cui sinveste da tempo e in più direzioni, senza trascurare il pubblico allargato dellintera popolazione: anzi, perseguendo un disegno di catechizzazione per exempla che tuttavia non rinuncia alla scientificità.
Entro questa scia si pone «Wohnraum Alpen/Abitare le Alpi», riflessione interessante e ampia, articolata in un arco temporale decennale (dal 2000 a oggi), dai livelli di comprensione destinati a varie tipologie di visitatori. La rassegna è il frutto di una ricerca biennale, unanalisi puntuale svolta sullintero arco alpino che prende in considerazione la peculiarità di costruire e risiedere in un territorio affascinante e nello stesso tempo difficile da architettare, per la maggior parte assai lontano dai rumori delle metropoli, costituito da paesini microscopici, minuscole capitali come Lubiana, cittadine relativamente piccole per lo standard di pianura eppur grandi per quello montano come, ad esempio, Grenoble. Da questo lavoro unéquipe di esperti ha distillato gli esempi in mostra. Programmando una sistematica campagna di scatti (durata circa un mese intorno a fine 2009 e affidata a Hartmut Nägele, il quale ha percorso lintero arco alpino da ovest a est), sè attentamente evitato di edulcorare la realtà tramite foto compiacenti che restituiscono architetture iperuraniche, aliene dalla quotidianità, fabbricati destinati a riviste patinate e, sovente, ad abitanti facoltosi. Per contro, ci si è rivolti ad abitazioni collettive, artefatti stagliantisi su cieli a volte piatti, grigi, plumbei, a volte azzurro-blu, saturi ma naturali, come accade assecondando, con le prese fotografiche, il tempo meteorologico. Evitando omogeneizzazioni, finalmente non si ha paura di mostrare la patina del tempo o un imprevisto degrado dei materiali, in alcuni casi registrabile a pochi anni dal completamento.
Nel variegato panorama di esempi, accanto a conferme qualitative, cè spazio per un singolare uso del cemento nel Wohnüberbauung Giardin a Samedan (Svizzera) e pure per piacevoli sorprese, come le opere slovene, davvero degne di attenzione. Geograficamente aliene, sembrano entrare a forza nella selezione luoghi come Brescia e dintorni, agglomerati prossimi alle Alpi ma di fatto località di pianura.
Per tutta la durata dellesposizione, che sarà itinerante, una cospicua messe di eventi collaterali completerà il panorama proposto dal tema, sollevando interrogativi e tenendo desta lattenzione. Se questo tipo di sforzi servisse a generare un interesse veramente diffuso intorno allarchitettura o, addirittura, dei fans della disciplina tra non architetti, forse le nostre sarebbero città più belle e vivibili.
«Wohnraum Alpen/Abitare le Alpi», a cura di Peter Ebner, Eva Herrmann, Markus Kuntscher
Merano, Kunst Meran/Merano arte, fino al 12 settembre