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Written by: Design

Che cosa vogliamo fare nel nuovo Consiglio italiano del design

Il Consiglio italiano del design, fondato il 19 giugno 2007 da Francesco Rutelli e coordinato da Giuliano da Empoli, era costituito da un parterre de roi composto da 53 esperti provenienti da tutti gli ambiti della disciplina che non ha prodotto altro che la sua costituzione. Ricostituito con decreto ministeriale il 12 marzo 2009, ha come coordinatore scientifico Tonino Paris, come presidente Adolfo Guzzini e tra i suoi membri, fondamentali per capire come si stanno muovendo le politiche nazionali di supporto al settore, figurano Silvana Annicchiarico, Luisa Bocchietto, Andrea Branzi, Pierluigi Cerri, Beppe Chia, Medardo Chiapponi, Aldo Colonnetti, Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Pietro di Pierri, Frida Giannini, Stefano Giovannoni, Carlo Martino, Nadia Salvatori e Andrea Vallicelli.

Professor Paris, che cosa c’è di rinnovato nel Consiglio italiano del design edizione 2010? Perché è stato riformato il vecchio organismo?
Il ministro Sandro Bondi ha ricostituito il Consiglio attribuendogli sia lo stesso status del precedente (organo consultivo del ministero per i Beni e le attività culturali), sia lo stesso insieme di obiettivi, ovvero quello della diffusione del design in un’accezione che da una parte lo interpreta come patrimonio culturale del nostro paese, dall’altra come attività in grado di produrre sviluppo attraverso la capacità di sperimentazione e d’innovazione con cui si misura. A questo si aggiunge, come elemento di novità, il compito di proporre iniziative per l’internazionalizzazione della cultura del design. Infine, nella sua composizione c’è una consistente riduzione dei componenti rispetto alla precedente costituzione, e ciò consente al Consiglio di essere molto più operativo.

Ha qualche modello ispiratore (ad esempio il Design Council o il Danish Design Center)?
No. Il nostro non è il vertice di una struttura associativa a tutela di una o più categorie. È l’organo di consulenza del Mibac (come il Cun rispetto al ministero dell’Università, o come il Consiglio superiore della sanità per il rispettivo ministero). Diciamo che propone e indirizza le azioni del ministro nell’area del design, fermo restando che gli atti del ministro non sono comunque vincolati da quanto proposto dal Cid.

Qual è la sua visione? Quali i suoi obiettivi strategici e pragmatici, i suoi progetti immediati?
Il Cid ha una funzione di advisor rispetto alle richieste del ministro; naturalmente poi esso formula anche proposte al ministro, che elabora con l’apporto dell’attività delle commissioni: Comunicazione (impegnata nella definizione delle linee di progetto per la creazione di un portale sul design nell’ambito del sito del Mibac); Formazione e professioni nell’area del design; Coordinamento reti istituzioni museali; Progetto biennale internazionale del design/design, ricerca e sperimentazione (impegnata per dare al nostro paese sia una funzione di vetrina sulla sperimentazione internazionale, sia la promozione di uno o più luoghi d’eccellenza per la sperimentazione, la ricerca, l’alta formazione nell’area del design, ovvero una rete di Design center). In questo primo momento stiamo cercando d’impostare rapidamente progetti strategici per la valorizzazione del lavoro delle nuove generazioni di designer, per la promozione del design nella rete degli Istituti italiani di cultura di tutto il mondo e nei musei internazionali d’arte contemporanea e design, oltre che ovviamente nei grandi sistemi di eventi di settore nazionali e internazionali.

Un segno di concretezza: il Cid ha un budget?
No. La trasformazione delle proposte in progetti da attuare si misurerà di volta in volta con le risorse dei soggetti attuatori stessi, interni ed esterni al ministero.

Che cosa fa il Cid per i giovani professionisti e le imprese?
Vogliamo partire con un Libro Bianco su formazione e professione, uno strumento di conoscenza dello stato dell’arte, ma anche di sollecitazione a un’integrazione consapevole delle professioni del design nel sistema pubblico e privato per sostenerne l’innovazione, anche attraverso stage, tirocini, collaborazioni alla sperimentazione avanzata. In questo senso credo che potremmo fornire un utile materiale per favorire i rapporti fra i giovani e le imprese.

In che cosa la sua azione è innovativa? C’è qualcosa di assolutamente originale che lo distingue da esperienze straniere confrontabili?
È originale la consapevolezza che la storia e le prospettive del design nel nostro paese hanno un potenziale straordinario che è difficile ritrovare in altri paesi. E sono proprio tali peculiarità che consentono di dare valore aggiunto a qualsiasi iniziativa che sosterremo per favorirne la diffusione (prodotti editoriali, allestimenti e mostre, seminari e convegni, magazine, ecc.). La proposta di una Biennale internazionale del design in Italia s’inserisce in questo quadro di riferimento.

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Last modified: 17 Luglio 2015