Il tema indagato da Terry Pawson nel Centro per le Arti di Carlow sembra essere quello del contrasto, in tutte le sue forme. È un gioco di cosciente contrasto la lattiginosa consistenza della forma esterna che insinua un edificio di grandi proporzioni in un lotto sul quale insistono la sede tardo ottocentesca del St. Patricks College e la coeva cattedrale goticheggiante, nel chiaro tentativo di costituire un nuovo assetto il cui bilancio è dato sia dalle masse che dal linguaggio. I bianchi pannelli di vetro, appoggiati su una base di cemento, delineano un insieme di volumi che riflettono le tonalità del cielo e si mischiano alle nubi.
È nuovamente giocato sulle corde del contrasto il passaggio dal bianco affilato dellesterno al caldo degli spazi interni. Una volta varcato lingresso, sono due i principali percorsi che trovano il loro punto dincontro nel foyer, quello espositivo e quello verso il teatro e il bar.
Gli spazi espositivi si aprono con una lunga sala illuminata da una grande parete vetrata, oltre la quale uno specchio dacqua cattura le nuvole. Da qui gli ambienti si susseguono in ordine sparso quasi in contrappunto: là in fondo la porta di una sala minore; dietro, a un livello più alto, la sala multimediale attraversata la quale si ridiscende al punto iniziale. Solo di scorcio sintravvedono i grandi portali della sala centrale la cui scala diversa si percepisce e attrae.
È in questinsieme di spazi più perimetrali che Pawson posiziona il teatro, come a voler dire che la macchina teatrale si occupa di unarte che per definizione necessita del contatto con il pubblico, e il suo percorso scivola civettuolo a fianco del ristorante al piano più basso.
Tutti questi spazi, benché in cemento armato, sono caratterizzati da una tessitura di superficie che li rende molto caldi; una tessitura ottenuta usando per i casseri interni delledificio pannelli di scaglie orientate di legno (Obs) dalla grana particolarmente evidente la cui impronta si è trasferita al getto, donandogli una facie dalla ricchezza simile a un marmo di un tono avvolgente.
Lesercizio più netto nella ricerca del contrasto Pawson lo applica nel passaggio dalle gallerie circostanti a quella centrale. È forse da questo volume che si dovrebbe leggere lintervento a Carlow in un ipotetico percorso a ritroso. Questo è il vero scrigno. Qui galleggia larte, sia essa pittura o scultura, in uno spazio e una luce atemporali. Gli spazi attigui, dunque, secondo questa nuova lettura, esistono per difendere e al tempo stesso definire questa cella, e i suoi percorsi di accesso restano defilati ad accentuarne il tono di scoperta. Le dimensioni della sala sono armoniche e le due finestre, in alto, la riempiono di una bianca luce filtrata dal lattiginoso sistema di facciata. Il contrasto, entrando dagli spazi circostanti, non potrebbe essere più forte. Nel suo genere, in Irlanda, la sala rappresenta un unicum per la grandezza, adatta a ricevere opere e allestimenti fino a 12 m daltezza, ed è stata pensata appositamente in funzione dellÉigse Carlow Arts Festival, che si tiene qui da più di trentanni.
Lobiettivo del progetto, messo in atto con il mezzo del contrasto, sembra dunque essere quello di porre la maggior distanza possibile tra il contesto delledificio e il suo contenuto più profondo. Questa distanza viene costituita per fasi, azzerando i valori con un sistema di facciata in pannelli di vetro bianco grazie al quale il volume si dichiara estraneo a quanto lo circonda pur nel suo rispetto, dando alledificio una tonalità altra, tecnologica se non quasi chirurgica. Più oltre, dopo lingresso, la prima cerchia di sale accoglie nella sua penombra per permettere il giusto distacco; qui lartificio distributivo muove verso uno spaesamento labirintico losservatore, che ritrova chiarezza nellaccedere dalle grandi porte di legno scuro alla sala centrale la cui essenzialità dimensionale, la luce e la doppia altezza conferiscono una sacralità degna dei templi.
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