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Vince a sorpresa l’architettura impegnata

Barcellona. È tornato, come previsto, a occupare gli spazi del Forum il World Architecture Festival, tenutosi nella capitale catalana dal 4 al 6 novembre. La formula è rimasta invariata rispetto all’esperimento della prima edizione: tre giorni di seminari e presentazioni di progetti selezionati da tutto il mondo, suddivisi per categorie ed esposti davanti a una giuria e al pubblico,  per l’elezione del World Building of the Year 2009. L’affluenza, quantificata dagli organizzatori in circa 1.500 presenze, non si è attestata sulle cifre sperate (l’anno scorso furono 2.000 e la previsione era in crescendo), forse per via della crisi che investe il settore. Sta di fatto che questo festival silenzioso si riconferma un’iniziativa a uso esclusivo degli architetti, una conversazione sull’architettura tra addetti ai lavori, sostenuta da un’efficientissima base organizzativa e da una serie di sponsor. Se il marchio Barcellona continua a «vendere» tra gli architetti di tutto il mondo, confermando la città come location ideale del festival, molto limitato è stato il coinvolgimento dei suoi abitanti nell’evento, e scarsissima l’affluenza locale di studenti, in buona parte per via del biglietto d’ingresso piuttosto salato.
Circa 50 i membri della giuria presieduta da Rafael Viñoly, suddivisa in gruppi e impegnata non stop nella valutazione dei 630 progetti, illustrati dagli stessi progettisti nei venti minuti previsti dal precisissimo britannico time schedule. Valutazione non facile, vista la grande varietà di approcci e l’ampio ventaglio di provenienze geografiche: 67 paesi, molti dei quali extraeuropei. Quest’anno la presenza italiana è stata più consistente, con dodici studi a difendere una ventina di progetti.
Vincitore a sorpresa il Mapungubwe Interpretation Centre realizzato in Sudafrica, un centro di raccolta di artefatti preistorici locali fortemente influenzato dall’architettura vernacolare africana e dagli importanti risvolti sociali. L’autore, il sudafricano Peter Rich, è stato il primo a essersi sorpreso del risultato: «In studio siamo otto, viviamo alla periferia del mondo e cerchiamo solo di fare del nostro meglio», ha affermato. L’architettura impegnata di Rich ha trovato d’accordo i giurati, che hanno sottolineato la rudezza del progetto e l’intelligenza nell’utilizzo delle tecniche artigianali, oltre alla relazione con il paesaggio e la sostenibilità dell’opera. L’appuntamento si ripeterà l’anno prossimo, dal 3 al 5 novembre, sempre a Barcellona.
www.worldarchitecturefestival.com

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 17 Luglio 2015