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La storia del Bauhaus è diventata marketing

L’estate culturale 2009 è stata segnata in Germania dalla celebrazione del 90° anniversario del Bauhaus. L’istituzione, fondata a Weimar nel 1919 e chiusa a Berlino nel 1933, è tornata alla ribalta, e tutta Berlino si è tinta di rosso, blu e giallo, i colori del Bauhaus. Peccato che le iniziative istituzionali, nell’adottare una prospettiva storica, non siano riuscite a offrire un nuovo sguardo sul tema, capace di tessere legami con il mondo contemporaneo.
Le tre istituzioni che oggi si occupano di far fruttare l’eredità del Bauhaus – il Bauhaus-Archiv Museum für Gestaltung di Berlino, la Stiftung Bauhaus di Dessau e la Klassik Stiftung di Weimar – hanno collaborato alla grandiosa esposizione «Modell Bauhaus» (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 69), contribuendo a celebrare questo momento chiave della storia della modernità. Numerosi editori hanno approfittato dell’occasione per mettere in vendita libri, Dvd e persino antologie di musica classica. La prestigiosa etichetta Deutsche Grammophon ha pubblicato una raccolta in due Cd intitolata Bewegte Zeiten, Neue Musik in der Weimarer Republik, 1919-1933, la cui veste grafica è la stessa di «Modell Bauhaus»! In poche parole, l’anniversario si è rivelato un’occasione d’oro (e senza dubbio lo sarà ben presto anche il ventennale della caduta del muro di Berlino) per trasformare la celebrazione in una gigantesca operazione di marketing. Di fronte alla massa di prodotti immessi sul mercato, è difficile dire che cosa resterà tra qualche anno. Si possono tuttavia segnalare un libro di Ulrike Müller, pubblicato per l’occasione, interamente dedicato al ruolo delle donne nel Bauhaus (Bauhaus-Frauen Meisterinnen in Kunst, Handwerk und Design) e un Dvd che raccoglie film realizzati da registi che operavano nell’ambiente (Bauhaus Medien-Kunst). In effetti è proprio questo il segreto per chi oggi vuole dare il proprio contributo a questa storia: proporre un punto di vista nuovo e trattare un tema inesplorato; essere specifici e non generali. È su questo punto che molte manifestazioni dell’estate 2009 hanno fallito.
A Weimar, in occasione dell’esposizione «Das Bauhaus kommt aus Weimar», un grande fregio murale a fumetti presentava la storia della Bauhaus fino al trasferimento a Dessau, nel 1926: inutile dire che non c’era alcun contenuto. A Dessau, Philipp Oswalt, nuovo direttore della galleria d’arte Stiftung Bauhaus, oltre a occuparsi della mostra «Bauhaus in Action», ha cercato le tracce del Bauhaus nel mondo contemporaneo attraverso un libro: Bauhaus Streit 1919-2009. Infine, il Bauhaus-Archiv di Berlino ha approfittato del fatto che l’edificio (una delle ultime costruzioni di Walter Gropius) fosse vuoto – buona parte delle opere sono al Martin-Gropius-Bau per la mostra «Modell Bauhaus» – per «esporre» l’architettura: un’iniziativa coraggiosa e ben riuscita.
Il problema dunque sta nella centrale e iperpubblicizzata «Modell Bauhaus». Se da un lato c’è da rallegrarsi che le tre istituzioni abbiano unito le forze per realizzare una mostra così imponente, dall’altro, il punto di vista offerto resta tristemente storico e confuso. L’orribile scenografia dello studio berlinese Chezweitz & Roseapple incrementa ulteriormente questo caos senza capo né coda. Mostrando centinaia di oggetti – talvolta veri e propri tesori – l’esposizione si perde in capitoli e sottocapitoli triti e ritriti, dimenticandosi che prima di tutto il Bauhaus fu una scuola, una teoria e una pedagogia e non, come il marketing contemporaneo vorrebbe farci credere, semplicemente uno stile chic e alla moda.
Una ragione per interessarsi oggi alla storia del Bauhaus è poterla guardare da distante e studiare, per esempio, come le sue idee si siano diffuse nel mondo dopo la seconda guerra mondiale. Questo è ciò che fa d’abitudine il Bauhaus-Archiv organizzando mostre di qualità, ad esempio sulle fotografie scattate da Gropius durante un viaggio negli Stati Uniti come sul gioco degli scacchi progettato da Josef Hartwig. La precisione di un simile lavoro storico è una fonte continua di scoperte. Sfortunatamente, «Modell Bauhaus» ha voluto dire e mostrare troppo e si è persa nella confusione. È dunque con impazienza che attendiamo di vedere la mostra che il MoMA di New York consacrerà allo stesso tema a partire dall’8 novembre («Bauhaus 1919-1933: Workshops for Modernity»).
Tra dieci anni il Bauhaus festeggerà il centenario. Forse coloro che organizzeranno l’anniversario saranno un po’ più iconoclasti e inventivi di chi, per i suoi 90 anni, gli ha semplicemente offerto una sepoltura di prima classe.

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Last modified: 17 Luglio 2015