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Cosa fare dopo le elezioni degli Ordini

Da anni l’attività professionale naviga in cattive acque, rese ancor più burrascose dalla difficile congiuntura economica del momento attuale. In Italia la situazione è più difficile che in altri paesi europei per la scarsa attenzione con cui il mondo politico osserva quello delle professioni intellettuali, e in particolare dell’architetto. Anzi, se attenzione c’è stata, se ne sarebbe fatto volentieri a meno, perché deformata da un occhiale inadatto a leggerne caratteristiche e complessità.
Da anni tutti i governi hanno teso sciaguratamente a equiparare il lavoro intellettuale a quello commerciale o di impresa, che presentano a ogni evidenza grandi diversità: riconoscerle non implica dare giudizi di merito reciproco ma semplicemente accettare il fatto che le politiche di settore vanno definite in base alle specifiche caratteristiche dei destinatari. Analizzare per comprendere a fondo: nel caso delle professioni intellettuali questo passaggio è stato assolutamente carente.
Un aspetto sopra tutti va rilevato: le professioni intellettuali, per la loro stessa natura, dovrebbero avere quale metro di giudizio per il confronto e il riconoscimento dei meriti il valore delle idee, e solo marginalmente altri elementi.
Negli ultimi anni, invece, hanno preso il sopravvento criteri diversi e assolutamente incoerenti, che di fatto hanno marginalizzato l’ampio patrimonio di capacità ed esperienza accumulato dai professionisti e reso praticamente impossibile l’accesso dei giovani alla professione. Un processo ancora in corso, che diventa sempre più invasivo e che nel campo dell’architettura si evidenzia in particolare con il sistema dei ribassi. Quale risultato di qualità si può ottenere con la politica degli sconti, quando giungono sino all’80% dei compensi che dovrebbero essere corrisposti?
Ora, però, il sistema sembra essere giunto alla stretta finale e molti osservatori cominciano a domandarsi se, nell’interesse collettivo, non vada rivisitato e riequilibrato.
In tutta Italia in questi giorni si sono svolte o si stanno svolgendo le elezioni per il rinnovo dei Consigli degli Ordini. Anch’essi sono da anni sotto attacco perché giudicati vecchi, inutili, in qualche caso anche dannosi. È un altro caso in cui il giudizio viene formulato con scarsa conoscenza dell’evoluzione avvenuta negli anni, in modo autonomo e naturale per impulso degli Ordini stessi, per l’azione dei Consigli che li hanno gestiti e per l’insieme pressante delle richieste che venivano dal nuovo mondo degli iscritti alle professioni: un caso in cui non è vecchio ciò che viene sottoposto a giudizio ma il giudizio stesso.
C’è quindi una priorità che dovrà informare le politiche ordinistiche dei prossimi anni: fare chiarezza sulla condizione attuale delle professioni intellettuali e delle loro organizzazioni di categoria. E ciò richiede un punto di conoscenza comune per partire, se necessario, con quelle innovazioni che possano risultare utili, efficaci ma, soprattutto, condivise. Ciò che non è utile, e che non si può condividere, è procedere allo smantellamento indiscriminato di tutte le regole da cui dipende il funzionamento – sarebbe meglio dire la sopravvivenza – del sistema economico e organizzativo cui fanno riferimento in Italia milioni di persone (a partire dai 136.000 architetti) che vivono di un lavoro differenziato, svolto in modo autonomo o all’interno di strutture pubbliche e private, ma accomunate tutte dall’esigenza di veder riconosciuto il valore sociale del mestiere che praticano onorevolmente.
Dopo questa tornata elettorale non si potrà più attendere per iniziare un serrato e aperto confronto con le istituzioni e con le forze politiche. I professionisti sono da anni pronti, come mostra il loro dibattito interno, ormai molto avanzato. Più difficile sembra trovare la disponibilità degli interlocutori, che però non potranno più accampare scuse.

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Last modified: 17 Luglio 2015