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Written by: Professione e Formazione

La «fabbrica» della certificazione energetica

A quasi sette anni di distanza dall’emanazione della Direttiva europea 2002/91 sembra finalmente essere arrivato a parziale compimento, almeno nei testi normativi, il percorso della certificazione energetica degli edifici attraverso le tanto attese (dal 2006) linee guida. La prestazione energetica di un edificio (EPgl), espressa in kWh/mq (per gli edifici residenziali) o kWh/mc (per gli edifici non residenziali) è da intendersi come somma delle quattro prestazioni energetiche per climatizzazione invernale (EPi), produzione acqua calda sanitaria (EPacs), climatizzazione estiva (EPe) e illuminazione artificiale (EPill) ma, secondo le stesse linee guida, nella fase di avvio vengono considerate ai fini della certificazione solamente le prime due. Non viene quindi indicato come calcolare gli EPe e EPacs per cui si rimanda a successive integrazioni. Invero, per quanto riguarda la climatizzazione estiva sono definite classi di qualità prestazionale in ragione del fabbisogno netto di energia per raffrescamento o dei parametri termici dinamici dei componenti edilizi, ma senza arrivare al calcolo del consumo energetico. A chi si occupava di valutazioni energetiche degli edifici prima dell’avvento della direttiva europea (c.d. legge 10/91) non sfuggirà come non vi siano stati sostanziali avanzamenti nella ratio dei metodi di calcolo: pur se con condizioni al contorno e ipotesi di calcolo differenti, già nel 1994 era possibile calcolare un indicatore dell’energia primaria per la climatizzazione invernale attraverso due normative tecniche (Uni 10344 e Uni 10348, ora abrogate) di 30 pagine in tutto. A oggi la produzione di norme è aumentata in maniera abnorme (solo a livello europeo ve ne sono oltre 40, facenti parte del «pacchetto» riguardante la certificazione energetica) ma stiamo ancora attendendo che vengano applicate per il calcolo del consumo per climatizzazione estiva e per illuminazione artificiale.
Anche per l’individuazione dell’incidenza delle fonti rinnovabili sul bilancio energetico dell’edificio e sull’indicatore EP non vi sono metodologie. Gli elementi di novità di queste linee guida sono perciò da ricercare nello sforzo di sistematizzazione delle metodologie di determinazione della prestazione (paragrafi 4 e 5, tutte a calcolo, mentre non è contemplata – vexata quaestio – la misura sulla base di dati reali), e nella struttura della scala delle classi energetiche globali e sottoclassi (dalla A+ alla G, paragrafo 7 e allegato 4). Tale sforzo è tanto più meritorio in un momento in cui alcune Regioni e Province autonome hanno già da tempo legiferato in materia in modi diversi. Nelle linee guida nazionali i valori di soglia da assegnare a ogni singola classe energetica variano in funzione del clima della località e della forma dell’edificio, perché collegati ai valori limite di prestazione di legge (D.Lgs. 192 e s.m.i), e fanno sì che in una stessa classe ricadano quegli edifici che presentano la stessa riduzione percentuale (o aumento percentuale nel caso di edifici esistenti) rispetto ai limiti di legge, e non quelli che presentano il medesimo consumo in valore assoluto (classificazione quest’ultima attuabile a rigore solo in ambiti territoriali ristretti e climaticamente omogenei per edifici tipologicamente e dimensionalmente simili).
In compenso negli ultimi sette anni è cresciuto un mercato non solo per le certificazioni energetiche, ma anche per gli edifici a basso e a bassissimo consumo, che sono diventati una realtà più o meno diffusa in alcuni contesti territoriali (Alto Adige, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna); si moltiplicano le applicazioni di software di simulazione termoenergetica dettagliati; sono apparsi nuovi materiali (ad esempio gli isolanti in ridottissimi spessori e i serramenti vetrati) in grado di alimentare quell’innovazione tecnologica che nel passato recente ha assai migliorato le prestazioni dei componenti d’involucro.
In questo quadro, che si completa con il business di nicchia dei corsi per la formazione dei certificatori/esperti energetici degli edifici, più che inseguire l’ultima riformulazione di un indice di prestazione e l’ultima classificazione, purtroppo variabile tra una regione e l’altra, il progettista può trovare nelle conoscenze di termofisica dell’edificio e di energetica edilizia gli strumenti per orientarsi all’interno di un ambito in un costante aggiornamento che ha, a volte, riguardato la forma più che la sostanza della questione: l’irrevocabile riduzione dei consumi energetici degli edifici. Ci penserà l’Europa, che prevede una revisione della direttiva 2002/91 volta a rendere obbligatoria, al 2019, la realizzazione di edifici a energia zero.

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Last modified: 18 Luglio 2015