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Anna Vittoria ZulianiScritto da: Reviews

Reggio Emilia apre i suoi archivi: in mostra il Novecento

Reggio Emilia apre i suoi archivi: in mostra il Novecento
L’esposizione, visitabile fino a febbraio, ripercorre le tappe della costruzione della città moderna attraverso i suoi tasselli architettonici più significativi

 

REGGIO EMILIA. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole”. Ne “Le Città Invisibili” quella di Zaira è per Italo Calvino espressione del visibile ed insieme del non visibile, emblema di una memoria indescrivibile della storia vissuta. Zaira rappresenta ogni città intesa come una successione scomposta di spazi, dettagli e ricordi che definiscono il tempo stratificato. Se osserviamo le città come sedimentazioni di relazioni, vite e frammenti immateriali siamo in grado di dilatare l’esperienza di conoscenza e interazione con lo spazio che ci circonda. Reggio Emilia è oggi, come molte altre città italiane, luogo di convivenza tra tracce di memoria storica, recupero e innovazione. Sappiamo che le vicende politiche, sociali e antropologiche del secolo scorso hanno determinato le scelte urbanistiche e architettoniche che l’hanno trasformata in una città moderna. A costruirla hanno però contribuito anche le storie e la partecipazione umana, entro e al di fuori dell’urbanistica ufficiale. 

 

L’identità dello spazio urbano

Una mostra a Palazzo da Mosto racconta la storia della costruzione della città di attraverso un viaggio tra gli archivi degli architetti del Novecento. Guido Tirelli, Prospero Sorgato, Pietro Cavicchioni, Enea Manfredini, Carlo Lucci, la Cooperativa Architetti e Ingegneri, Antonio Pastorini ed Eugenio Salvarani furono i protagonisti nel secolo scorso della nuova identità urbana di Reggio Emilia. 

Organizzata dalla Fondazione Palazzo Magnani e curata da Andrea Zamboni e Giordano Gasparini, l’esposizione, visitabile fino all’8 febbraio 2026, si pone l’obiettivo di valorizzare un patrimonio fatto di mattoni, acciaio e cemento ma anche di disegni su carta, modelli, corrispondenza e fotografie: elementi necessari e non marginali alla piena comprensione dei progetti. Nei prossimi mesi, le visite guidate alle architetture, gli incontri organizzati, le attività e i workshop collaterali perseguono lo stesso obiettivo di diffusione di una cultura architettonica che è sempre più urgente valorizzare perché profondamente identitaria. 

I documenti d’archivio raccontano ciò che non è visibile ma che è possibile trovare impresso negli edifici costruiti: sono le storie e le vicende umane, le personalità dei progettisti, spesso intellettuali, figure pubbliche e politiche. Il senso di questa mostra, che si inserisce in un vivo dibattito accademico e istituzionale, è proprio quello di fornire strumenti utili ad osservare e leggere le trame delle città, a soffermarsi sui suoi frammenti significativi, dare loro spazio, e non a limitarsi ad attraversare lo spazio distrattamente. 

Si tratta di un’operazione importante oggi per tramandare una cultura e un’identità ad una società sempre più complessa e stratificata, che deve ritrovare nello spazio urbano fiducia e senso di appartenenza, perché a partire dalla storia si possano progettare le visioni future degli spazi urbani. È importante anche per sottolineare la responsabilità dei progettisti, che devono essere capaci di dare forma e forza alle espressioni e alle esigenze, e ricordare che l’esito del loro lavoro è una traccia che resta e definisce la nostra contemporaneità. Lo è infine per le amministrazioni, perché perseguano un progetto di valorizzazione e riuso degli episodi architettonici significativi quali simbolo dell’evoluzione storica urbana e come luoghi di riferimento della città, nel passato e nel futuro. 

 

 

Episodi di bellezza viva

Per dirla con le parole di Giancarlo De Carlo, ciò che deve interessare della città contemporanea è l’energia “intensa, tesa e creativa anche se disordinata […] il cambiamento continuo […] la singolarità delle forme architettoniche […] perché sono imprevedibili, molteplici, penetranti, inclini alla stratificazione”. 

Reggio Emilia nel corso del Novecento ha visto nascere progetti che tuttora appaiono come i punti fermi della sua evoluzione urbanistica, episodi di bellezza ancora viva entro la complessa, sedimentata e umana morfologia urbana nata e cresciuta vertiginosamente dal secondo Dopoguerra.

Saperli riconoscere e dare loro spazio aiuta a ritrovare fiducia nell’identità delle città e a credere che il presente possa lasciarvi tracce ugualmente significative, innestando testimonianze del presente sulle tracce del passato. Significa allenare lo sguardo, che può diventare capace di superare il visibile e di leggere l’invisibile, osservandoli in continua alternanza, sviluppando un’esperienza di connessione empatica con lo spazio delle città.

Città che, parafrasando Calvino, non proclamano il loro passato, ma che l’hanno impresso, perché il passato le ha plasmate e segnate come fanno le linee, sempre più evidenti, sulla pelle delle nostre mani.    

Immagine di copertina: mostra “La costruzione della città moderna”, Palazzo da Mosto, Reggio Emilia, 2025 (©outThere) 

 

 

La costruzione della città moderna: gli archivi degli architetti del ‘900 a Reggio Emilia

22 novembre 2025 – 8 febbraio 2026

A cura di Giordano Gasparini e Andrea Zamboni

Fondazione Palazzo Magnani

Palazzo Da Mosto

Via Garibaldi 31

Reggio Emilia

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Tag: , , , , Last modified: 10 Dicembre 2025