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Written by: Città e Territorio Progetti

Madrid, prima pietra per la Città della Giustizia: dopo 20 anni

Madrid, prima pietra per la Città della Giustizia: dopo 20 anni
Una vicenda urbana e architettonica complessa per la capitale spagnola. A ottobre 2025 un possibile punto di svolta, che lascia dubbi sull’ambizione di una grande trasformazione urbana

 

MADRID. Anche Madrid avrà (finalmente) la sua Città della Giustizia. Ci sono voluti 20 anni, ma sembra che Isabel Díaz Ayuso, l’attuale governatrice della Comunità autonoma, abbia superato l’impasse in cui il progetto faraonico si trovava dal lontano 2004. 

Sono 7 le città spagnole che dal 2000 hanno inaugurato la loro Cittadella della Giustizia: Valencia (2003), Malaga (2006), Barcellona (2008), Saragozza (2012), Albacete (2021), Vigo (2022) e Siviglia (2023). Ad Alicante, Palma di Maiorca, Granada e Valladolid i progetti sono in fase di definizione o completamento. Mancava la capitale, che può finalmente rimettere mano non al primo progetto approvato, ma a una versione molto meno ambiziosa, dopo due decenni di vicissitudini economiche, polemiche, denunce, condanne e non poco denaro pubblico finito in un buco nero.

Il mega-progetto prevede di unificare tutti i dipartimenti in un’unica sede a Valdebebas, una vasta area in espansione tra la periferia nord della capitale e l’aeroporto di Barajas, con l’obiettivo di alleviare la pressione crescente sugli spazi giudiziari attuali, obsoleti e insufficienti. Un ampliamento necessario e urgente per risolvere una situazione denunciata a più riprese dai lavoratori del settore. Senza contare che la Comunità di Madrid sborsa ogni anno una cinquantina di milioni per l’affitto degli immobili che ospitano le sedi giudiziarie. Il complesso costerà più di 650 milioni di euro, la prima pietra è stata posata il 16 ottobre e la conclusione è prevista per il 2029, in concomitanza con l’arrivo della metropolitana a Valdebebas. 

 

Flop e ridimensionamenti

L’idea di modernizzare il sistema giudiziario unificando le 26 sedi disseminate per la città in un unico megacomplesso nasce nel 2004, quando il governo autonomico di allora, guidato dal Partido Popular, annunciò che il progetto sarebbe stato una realtà nel giro di tre anni. Ennesimo gesto di quella che Luis Fernández-Galiano definì a suo tempo la “retorica figurativa dell’architettura maiuscola”, nata sull’onda dell’euforia di più di un decennio di dinamismo economico e crescita immobiliare esponenziale spagnola. 

Fu istituita la società Campus de la Justicia de Madrid SA, con titolarità interamente pubblica e, grazie a una convenzione con l’Ordine degli Architetti, fu indetto un concorso internazionale per la definizione del masterplan.Tra i 347 presentati, fu premiato quello dello studio Frechilla y López-Peláez, che proponeva 14 edifici a pianta circolare immersi nel verde. Il progetto dei singoli edifici venne affidato, tra concorsi e incarichi diretti, a nomi del calibro di Norman Foster, Zaha Hadid, Pei Cobb Freed & Partners, F.O.A.. 

Fu Alejandro Zaera-Polo il primo a iniziare, nel 2007, la costruzione dell’Istituto di Medicina Legale, che abbandonò l’anno successivo per mancanza di finanziamenti e per svantaggi comparativi con il resto degli edifici previsti. Con il collasso della bolla immobiliare il programma del Campus fu sospeso e il volume (soprannominato donut) di Zaera-Polo, simbolo del flop, fu terminato da un altro studio dopo 10 anni di inutilizzo e alcuni milioni spesi per il suo mantenimento. Il resto del progetto rimase sulla carta e la società Campus de Madrid venne sciolta nel 2014. Il bilancio dell’operazione porta a più di un centinaio i milioni di euro sperperati dall’Amministrazione nell’operazione andata a vuoto, tra spese varie e rescissione dei contratti (una decina quelli risarciti a Norman Foster).

Nel 2012 fu fatto un tentativo da parte della nuova Amministrazione con una versione più “austera, razionale e sostenibile nel tempo”, con tagli significativi nello stanziamento di fondi e una proposta di gestione pubblico-privata. Tentativo che il governo successivo paralizzò nel 2015. Nel 2018 la società Campus de la Justicia fu portata in tribunale dopo la denuncia da parte della procura anticorruzione di irregolarità nell’aggiudicazione degli appalti. La vicenda si è conclusa ultimamente con la condanna di buona parte della giunta direttiva per frode e appropriazione indebita di fondi pubblici.

Quando nel 2021 l’attuale governatrice in carica fece sapere che il progetto iniziale sarebbe stato superato a favore di una proposta più funzionale ed economicamente contenuta, disegnata e finanziata da privati, insieme all’opposizione insorse anche l’Ordine degli Architetti (COAM) che, escluso dal processo decisionale, vide nel nuovo iter una violazione dei principi di “protezione e diffusione dell’architettura intesa come bene d’interesse generale” alla base della Legge di Qualità dell’Architettura, che veniva approvata proprio nel giugno 2022. La Legge obbliga infatti l’Amministrazione a osservare criteri di qualità in caso di realizzazione di opere pubbliche, esigendo standard che vanno oltre il criterio economico del prezzo minimo.

Anche i criteri di aggiudicazione furono messi in discussione in quanto non conformi alla Legge sui contratti del settore pubblico. Il concorso andò deserto due volte per la bassa redditività e l’instabilità dei mercati finanziari. La contrapposizione tra il governo della Comunità Autonoma di Madrid e l’Ordine terminò in tribunale, le richieste degli architetti furono respinte e l’Amministrazione pubblica si impegnò a rispettare comunque i criteri della Legge di Qualità. Cambiò anche la formula di finanziamento, decidendo di assumere i costi per intero. Quella che oggi secondo Díaz Ayuso, sarà la cittadella “più grande e accessibile del mondo”, continua a sollevare polemiche. Il quarto tentativo di costruire un complesso giudiziario recupera in parte l’idea megalomane originaria, anche se abbandona le geometrie circolari sostituendole con dei volumi seriali. Non è frutto di un concorso aperto come avrebbe voluto l’Ordine, ma di un’aggiudicazione diretta, che la Comunidad di Madrid giustifica con l’urgenza e l’eccezionalità, e che sembrerebbe premiare l’offerta economica sul criterio tecnico.   

Il più grande complesso giudiziario al mondo

Con i suoi 472.000 metri quadrati previsti, il complesso madrileno supererà in superficie il Palazzo di Giustizia di Istanbul (343.000 metri quadrati) che oggi detiene il primato mondiale. Il progetto prevede zone libere in previsione di futuri ampliamenti per circa il 30% del totale. 

Il lotto allungato copre una superficie di 132.000 metri quadrati, di cui 40.000 destinati a verde, giardini pensili compresi, e parcheggi per un totale di 3.400 posti auto. Una grande piazza aperta di 13.500 metri quadri con una fontana centrale e parcheggi per le biciclette accoglierà i 30.000 fruitori previsti giornalmente. La proposta prevede la frammentazione della superficie totale in una serie di blocchi collegati da un asse centrale di 10.000 metri quadri. Gli edifici promettono di mantenere bassissimi i costi di gestione grazie a sistemi di efficienza energetica esemplare (10 punti al di sotto del Nearly Zero Efficiency Building) e di essere interamente accessibili.

Sono due i lotti previsti: il primo, con un costo realizzativo previsto di 195 milioni di euro, accoglierà il Tribunale Superiore di Giustizia, la Corte Provinciale, i tribunali di prima istanza, servizi amministrativi e polivalenti, due parcheggi e la piazza d’accesso. Quello che resterà come l’unico edificio emblematico del complesso, la sede del Tribunale Superiore di Giustizia, porta la firma dello Studio Lamela, e sorgerà sulla piazza. Il secondo lotto, per un valore di 458 milioni, sarà occupato da uffici giudiziari, la Procura, il Tribunale di guardia, archivi, magazzini e sarà realizzato su progetto dello studio Fenwick Iribarren Architects. 

 

Gli altri grandi progetti in città

Quello della Città della Giustizia non è l’unico grande progetto che coinvolge la capitale spagnola, che sta vivendo un’epoca di fervore economico e immobiliare: a due passi dalla futura Città della Giustizia, nel 2031 dovrebbe essere inaugurato l’ampliamento dell’aeroporto di Barajas su progetto di Estudio Lamela, con l’obiettivo dichiarato di incrementare del 30% la capacità di passeggeri e rafforzare la posizione di leadership come hub europeo. Dovevano essere 2,4 i miliardi previsti, ma sono diventati già 4. 

Per fine anno è prevista la posa della prima pietra della Cittadella della Salute, un altro polo all’avanguardia, che sorgerà come ampliamento dell’Ospedale La Paz e che comprenderà anche la Facoltà di Medicina, edifici dedicati alla ricerca e alloggi, tra gli altri: 550.000 metri quadri per 1 miliardo di euro preventivati. I lavori, previsti in tre fasi, dovrebbero terminare nel 2032. 

Ma “l’operazione urbanistica più grande d’Europa” si chiama Madrid Nuevo Norte. Il progetto controverso, che affonda le radici nel lontano 1993 quando fu presa la decisione di sotterrare il tracciato ferroviario che conduce alla stazione di Chamartín e dar vita a “La Defense” madrilena, fu approvato definitivamente soltanto nel 2019: 331 ettari di terreno distribuiti su un lotto di 5,6 chilometri paralleli alla ferrovia. L’imponente operazione prevede la realizzazione di 3,3 milioni di metri quadri tra infrastrutture, uffici, spazi commerciali, residenze e zone verdi per un costo previsto di 25 miliardi di euro. La ristrutturazione della stazione di Chamartín, che sarà realizzata su progetto di Un Studio e b720 Arquitectura è parte del programma, così come il Parque Central, che si è aggiudicato lo studio West 8.  Il futuro Financial District iberico ha dovuto rivedere in parte le iniziali ambizioni megalomani riducendo il numero di grattacieli (il più alto dovrebbe superare i 300 metri battendo il record spagnolo della sempre madrilena Torre di Cristal) e aumentando le quote di verde (400mila metri quadri) e di alloggi protetti (il 25% dei 10.500 previsti).

Immagine copertina: il plastico della futura Città della Giustizia Valdebebas, Madrid

Autore

  • Francesca Comotti

    Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»

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Last modified: 21 Ottobre 2025