Il restauro del lato interno del capolavoro modernista riporta alla luce elementi e dettagli che si erano persi nel tempo. Facciata e cortile hanno un’immagine nuova, vicina all’originale
BARCELLONA (SPAGNA). Le architetture di Antoni Gaudí costituiscono uno dei motori principali di attrazione per i turisti che visitano Barcellona. È di due milioni la cifra record dei visitatori che sono passati nel 2024 per la Casa Batlló (gli italiani, con il 15%, rappresentano il collettivo più numeroso), il 21% in più rispetto al 2023, anno in cui l’entità privata che gestisce l’edificio ha fatturato 65 milioni di euro, ricavandone 34 di benefici.
All’opposto dell’immagine consolidata
Queste cifre hanno consentito, dal 2019 ad oggi, un investimento di 25 milioni nella conservazione e nel recupero dell’edificio. Il calendario degli interventi è dettato dal Piano Direttore, il documento che stabilisce i criteri e le priorità a partire dall’analisi del monumento a corto, medio e lungo termine. L’ultimo in ordine di tempo quello sugli interni del piano nobile, che ha svelato dettagli inaspettati per quanto riguarda le finiture. La complessità (e l’iconicità) della facciata principale, con i materiali eterogenei con cui è stata concepita (vetro, ceramica, legno, pietra e ferro) l’hanno resa oggetto di diversi interventi di carattere parziale a partire dagli anni Settanta. Risale al 2001 il primo restauro integrale e al 2019 l’ultimo.
Ma è il fronte posteriore in questi giorni a fare da protagonista: in occasione del ventennale della proclamazione dell’edificio come Patrimonio Mondiale dell’Unesco (insieme ad altre sette opere di Gaudí), si apre al pubblico il patio del piano nobile e si svela il risultato di un anno di lavori di recupero e restauro della facciata interna che, insieme al patio, ha riservato non poche sorprese. Prima tra tutte il colore dell’intonaco, che diverse equipe dell’Università Politecnica della Catalogna e laboratori del CSIC (Consejo Superior de Investigaciones Cientificas) hanno analizzato insieme a storici e ricercatori.
L’analisi stratigrafica ha svelato un sorprendente stucco color fuliggine per la facciata, che contraddice l’unica immagine fotografica del 1906, dove la parete chiara è risultata essere lo strato di intonaco e non la finitura. Il nero carbone, a contrasto con il bianco biacca ritrovato delle ringhiere dei balconi, restituisce un’immagine esattamente opposta a quella che per decenni è stata quella del fronte posteriore.
Il recupero delle tracce nascoste
Anche gli infissi in legno delle aperture sono tornati del colore voluto da Gaudí: “Abbiamo convalidato molte ipotesi che intuivamo, ma delle quali non avevamo la certezza. Certo non immaginavamo che il contrasto di colori fosse così esagerato. La sorpresa ha superato qualsiasi aspettativa”, ha dichiarato Xavier Villanueva, l’architetto responsabile dell’intervento, che sottolinea come il risultato cromatico trovi effettivamente riscontro nel resto dell’edificio già restaurato: gli infissi verdi presenti nella facciata principale e il ferro battuto bianco degli interni.
Come si spiega il colore scuro dello stucco, caso isolato tra le architetture moderniste e gaudiniane? Gli esperti ipotizzano che sia il risultato di una riflessione sulla manutenzione della facciata: in quegli anni, a pochi metri dalla Casa, lungo il carrer Aragó, circolava il treno a vapore, che rilasciava un deposito fuligginoso di non poco conto. Non è chiaro quando la facciata posteriore abbia perso i colori originali. Le prime alterazioni risalgono agli anni Trenta, con interventi che si sono protratti fino agli anni Novanta, per un totale di cinque o sei strati di pittura sovrapposti. Villanueva, che preferisce riferirsi alla “pelle posteriore” dell’edificio, ha dichiarato che il risultato del restauro è “quanto di più vicino alla versione originale del 1906 che siamo riusciti a raggiungere, grazie alla tecnologia di cui disponiamo attualmente”.
Ma i colori non sono stati l’unica sorpresa: “Durante i lavori abbiamo scoperto come Gaudí ha risolto in modo ingegnoso diversi problemi costruttivi” ha commentato Joan Olona, l’altro architetto tecnico responsabile dei lavori. Così, durante il ripristino del sistema delle volte armate che sostengono i balconi è emersa una struttura mista di mattoni e ferro mai vista prima. Niente mensole o travi, ma un sistema ingegnoso che prevede un profilo in ferro ritorto ancorato alla trave di facciata e affogato nel calcestruzzo per massimizzarne la capacità portante. “Una soluzione minima che consente di sopportare un carico elevato”, spiega Olona. I balconi sono stati progettati con elementi di drenaggio integrati che convogliano l’acqua piovana verso i due lati esterni della facciata rivestiti in trencadís di ceramica e vetro, in modo che il dilavamento non danneggi lo stucco.
L’intervento, che è costato 3,5 milioni di euro, ha visto coinvolti per un anno e mezzo una decina tra tecnici ed esperti, 60 operai e 40 artigiani iperspecializzati. Il tutto cercando manodopera locale, o quasi, a cominciare dal recupero delle 500 balaustre in ferro battuto, smontate e restaurate in un paese ai piedi dei Pirenei.
Rinnovato anche il patio
Particolarmente sfidante il montaggio: eliminate le saldature frutto del restauro risalente agli anni Novanta, sono state riprodotte le piastre e le viti di collegamento dei moduli. Per garantire un montaggio perfetto sono stati impiegati occhiali di realtà virtuale e una scansione 3D della facciata. Gli stessi artigiani hanno realizzato la replica della pergola a forma di arco catenario presente in origine al centro del patio.
La ceramica e il vetro del trencadís, di cui solo un 30% risalente all’epoca di Gaudí, sono stati restaurati e riprodotti in laboratorio grazie all’aiuto di scanner ad alta risoluzione, immagini d’archivio e un meticoloso lavoro di ricerca. Nel patio interno, che Gaudí ha soprelevato di cinque metri in continuità con il piano nobile, è stata ripristinata la pavimentazione secondo il disegno originale, con l’applicazione di più di 85mila marmette di mosaico nolla (dal nome dell’impresario che introdusse per primo la ceramica ad alte prestazioni dall’Inghilterra) realizzate una per una con la stessa tecnica dell’epoca ma più resistenti agli agenti atmosferici.
Sono state riprodotte le fioriere in ceramica, che erano scomparse insieme alla pergola, e piantumate con gelsomino e plumbago, specie che appaiono nelle foto antiche. L’intenzione di Gaudí era chiaramente quella di dar vita a un giardino urbano, che in facciata prende le forme di due rampicanti fioriti che corrono lungo i lati per unirsi nella parte superiore e che percorrono ogni piano dell’edificio; un’idea che si estende al patio, nel trencadís della parete di fondo, con le fioriere verticali integrate, la fontana e la pergola prospiciente rivestita di canniccio, pensata per offrire ombra e privacy alla famiglia
E il cantiere non si ferma
La Casa Battló non fu progettata dalle fondamenta da Antoni Gaudí. L’edificio originale fu costruito nel 1875 dall’architetto Emilio Sala, con la configurazione tradizionale dell’epoca. Acquistato nel 1900 dall’industriale Josep Battló, questi incaricò l’architetto catalano di una ristrutturazione integrale degli interni e dei fronti, che terminò nel 1906 con l’attuale struttura. Alla morte di Battló nel 1934, l’edificio fu suddiviso tra agli eredi e già nei primi anni Quaranta si registra il cambio d’uso del piano nobile e del primo piano a uffici, fortunatamente senza grandi modifiche.
Si deve all’associazione “Amici di Gaudí”, costituitasi nel 1952 in occasione del centenario della nascita dell’architetto, la restituzione grafica dell’edificio giusto prima che diventasse la sede di una compagnia di assicurazioni, che a partire del 1957 realizzò quattro interventi di ristrutturazione che ne alterarono profondamente gli interni. Le altre fonti primarie d’informazione per la ricostruzione dello stato originario della Casa sono le scarse fotografie dell’epoca risalenti al 1927 e l’intervista realizzata nel 1970 al costruttore Josep Bayó Font che affiancó Gaudí durante i lavori. Il prossimo intervento in programma si concentrerà sul terzo piano dell’edificio, dove vissero gli ultimi discendenti della famiglia Battló.
Immagine di copertina: restauro Casa Battló, 2025, lavorazioni sui mosaici (courtesy Casa Batlló)
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Antoni Gaudì , barcellona , Casa Battló , modernismo , patrimonio , restauro , turismo
Last modified: 4 Luglio 2025