Tra progetti recenti e studi internazionali si impone sempre più una visione rinnovata delle forme per l’esporre
La direttrice del supporto alle collezioni al Museo del Louvre Hélène Vassal chiude la voce “Réserves” del “Dictionnaire de muséologie” (a cura di François Mairesse, piubblicato da ICOM e Armand Colin) con “Turn the storage inside out!” (il motto dello studio Diller&Scofidio+Renfro per designare il progetto del V&A East Storehouse).
Depositi come gallerie
Il V&A East Storehouse è assunto come l’esempio eclatante di un’inversione di tendenza. Non solo in relazione ai criteri museologici, ma anche rispetto ad un allestimento che muta i propri canoni museali assumendo, dallo storage, la possibilità di sperimentare nuovi assetti interrelazionali tra esposizione, archivio, laboratorio e stoccaggio.
Diventa una sorta di grande ripostiglio in continuo mutamento e movimento, che azzera le gerarchie tra la pluralità di corpi umani e non umani, tra l’ordinamento di spazi di esposizione e di lavoro, pubblici e specializzati, nonché tra le materie e le modalità di studio.
Dal report sui depositi museali che ICOM ha presentato a ottobre alla Conferenza internazionale sulle riserve nei musei alla Sorbonne Nouvelle, emerge come le collezioni esposte costituiscano solo la punta emersa di immensi patrimoni che rappresentano l’insieme delle raccolte. La parte sommersa di questi iceberg sono, appunto, i depositi.
Sensibile all’euforia dell’attuale espansione rizomatica dei musei con l’emersione dei loro depositi in nuove architetture (che spuntano più o meno dislocate, non sempre affiancate al nodo museale, spesso mettendo al centro il tema della resilienza e della sostenibilità architettonica), il numero 48 di “Ágalma” si muove nei meandri dell’accumulazione intersecando arte, architettura, biopolitica e analisi del desiderio.
Già ne aveva parlato Christian Greco, nella sua introduzione al denso libricino Museo” edito da Treccani nel 2023, indicando tra le righe l’invito all’assottigliamento della distanza, fino alla totale scomparsa, tra deposito e area espositiva. Come dimostra Marco Rossani negli ultimi riallestimenti delle gallerie storiche del Museo Egizio di Torino: un progetto lungimirante e programmatico che parte dal 2015.
Scavando nell’architettura dei depositi, rinvengono i passaggi sostanziali della museografia moderna, nella ricollocazione, con un’altra ottica, del rapporto tra figura e sfondo: già la Conferenza internazionale di museografia di Madrid nel 1934 vedeva la riserva come risorsa fondamentale dell’economia museale, in un’ottica circolare delle collezioni. È allora che Le Corbusier propose con il Mundaneum un modello antesignano per un’architettura senza pareti tra museo e deposito, che si sviluppa in una promenade infinita e spiraliforme.
Parigi, frontiera di sperimentazione
Questo riferimento echeggia nella geometria del vortice conico del futuro Seoripul Open Storage Museum di Seoul (progetto di Herzog & de Meuron, vincitore di concorso nel 2023, di cui è prevista l’apertura nel 2028): quasi un butto rinascimentale rovesciato e proiettato da e verso lo spazio che diventa atmosfera di luce nello spessore rarefatto del suo perimetro.
Guardando ai depositi parigini, alla Plaine Saint-Denis l’avveniristico edificio di François Deslaugiers per le riserve del Musée des Arts et Métiers è, a 30 anni dall’apertura, ancora in perfetta forma funzionale ed estetica.
Una duplice gemmazione, inaugurata nello scorso ottobre, ne riqualifica l’area con due nuovi tronchi del suo ceppo d’origine: il CNAM (Conservatoire des arts et métiers), fondato nel 1794, aveva intenti di formazione tecnica e ingegneristica. Oggi il nuovo Landy 2 (che si affianca al fabbricato Landy 1 inaugurato nel 2005) ha una nuova porzione progettata dallo studio TANK, con un investimento pubblico complessivo di circa 40 milioni di euro.
Ridisegna l’involucro e aumenta il volume per la piattaforma della ricerca in scienze sociali, destinata a dotare le aree di studio di stanze di documentazione, risorse multimediali, archivi e ristorazione. L’affaccio su un giardino interno è possibilità di luce indiretta verso le aule, con passaggi porticati e percorsi che collegano su più livelli l’esistente. Si impone l’uso del legno e l’innesto di un paesaggio-setaccio vegetale che protegge dalle micropolveri inquinanti.
Ne è il contrappunto l’edificio del 2023 (costo 19 milioni) disegnato di Jean Guervilly e Françoise Mauffret. Su 6 livelli, per una superficie totale di 3.500 mq, è una presenza massiccia e compatta di cemento armato, dagli interni squadrati e minimali, serviti da corridoi centrali per sfruttare al massimo il lotto lungo e stretto. Offre ambienti impermeabili e pratici per i nuovi laboratori.

Con questi due progetti il deposito museale si apre a ulteriori forme di proliferazione di spazi, contenuti e modalità di conoscenza, verso nuovi tipi di ensembles che si radicano nel tessuto urbano riconnettendo museo, riserve e istituti di ricerca.
Immagine di copertina: Riserve Musée des Arts et Métiers, Parigi (© Cristina Fiordimela)
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ICOM , le corbusier , musei , parigi
Last modified: 28 Giugno 2025