Lo spazio commerciale Bingang nel quartiere di Hongkou emblema contraddittorio del progresso cinese. Con una preziosa e inaspettata eccezione
SHANGHAI (CINA). Shanghai, distretto di Hongkou, numero 939 di Sichuan North Road: qui sorge il Bingang Commercial Center, progettato da Shanghai Tianhua Architectural Design Co. per il gruppo Chongbang.
Un luogo stratificato
Inaugurato ad inizio 2025, questo complesso è stato concepito come un progetto di riferimento culturale e di rivitalizzazione urbana in uno dei quartieri storicamente più stratificati della città. Il sito occupa un nodo strategico lungo la Sichuan North Road, un’arteria risalente alla fine del XIX secolo, a lungo associata alla moderna storia commerciale di Shanghai. Conosciuta per il suo eclettismo architettonico, la strada ospita un ampio spettro di tipologie edilizie: residenze Art Déco, cortili shikumen, prime case editrici e siti del patrimonio rivoluzionario.
Tra le più emblematiche c’è la Libreria del 1925, un tempo frequentata da intellettuali come Lu Xun e Chen Yun; l’ex sede della Zhonghua Book Company, uno dei primi siti di ibridazione architettonica interculturale; l’ex residenza dello scrittore Ba Jin, ora incorporata nel Museo della Letteratura di Shanghai; e la Memorial Hall del Quarto Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese al 1468 di Sichuan North Road. Altre strutture significative includono il complesso residenziale Yonganli, un esempio ben conservato di edilizia urbana shikumen, l’edificio originale del 1915 della scuola media Fuxing, e l’appartamento Ruikang, un raffinato esempio di architettura domestica Art Déco del primo Novecento. Questi punti di riferimento articolano un denso palinsesto storico, coniugando l’eredità del quartiere di Hongkou con il suo ruolo nella moderna trasformazione urbana. La Strada Nord del Sichuan rimane uno dei pochi assi nel centro di Shanghai in cui è ancora possibile rintracciare la memoria politica, architettonica e culturale della città, anche se questa è sempre più soggetta a cicli di cancellazione e riqualificazione.
Tabula rasa e autoreferenzialità
Lo sviluppo di Bingang in questo contesto è stato presentato come una nuova destinazione culturale, lanciata all’insegna di esperienze immersive, tra cui cinema e mostre digitali, e di vendita al dettaglio di fascia alta, inquadrata come un modello di “integrazione tra cultura, turismo e commercio”. Il terreno su cui sorge ora il complesso di Bingang un tempo ospitava strutture basse, ritenute di limitato significato storico. Questo può spiegare in parte la loro demolizione, ma l’operazione deve essere letta anche all’interno della più ampia logica di gentrificazione che ha progressivamente sovrascritto gran parte del centro di Shanghai.
Quello che fino a poco tempo fa era un paesaggio urbano eterogeneo, con case fatiscenti intervallate a edifici storicamente significativi, è stato ora in gran parte normalizzato. In quest’ottica, l’arrivo di Bingang costituisce un’iterazione di un tipo di trasformazione non nuovo, ove, piuttosto che confrontarsi con la grammatica spaziale e architettonica preesistente nell’area, si afferma l’edificio come un oggetto autonomo.
Le superfici lisce, le facciate vetrate di grandi dimensioni e i volumi curvilinei sono in netto contrasto con le trame urbane di Sichuan North Road. Nonostante le ambizioni culturali, l’architettura privilegia un linguaggio contemporaneo generico, che appiattisce il contesto e oscura la continuità, piuttosto che adottare un approccio dialogico con l’ambiente costruito circostante, che pure è in continua trasformazione.
Architetture generiche ed esclusive
Sebbene programmi culturali siano stati inclusi nel progetto Bingang, tra cui il Q-CAN Art Museum, queste componenti operano per lo più come isole all’interno di una matrice commerciale più ampia che come elementi integranti della strategia urbana.
Il carattere tipologico dello sviluppo si allinea con le tendenze prevalenti nel settore immobiliare cinese contemporaneo: complessi su larga scala, stratificati verticalmente, che ospitano elementi programmatici frammentati. A differenza delle tipologie di shikumen o delle corsie che un tempo definivano l’area, rendendola densa, interconnessa e socialmente porosa, Bingang adotta un linguaggio architettonico di recinzione ed esclusività. I suoi atri vetrati, i corridoi sovradimensionati e le facciate a LED evocano una modernità senza luogo, più vicina ai cliché commerciali globalizzati che a qualsiasi urbanistica site-specific.
Il progetto rappresenta una rottura non solo fisica con l’ambiente circostante, ma anche tipologica, sostituendo la logica del vicinato con quella del consumo. Nonostante le sue dimensioni, l’edificio soffre attualmente di bassi tassi di occupazione degli spazi, incoerenza spaziale e una marcata disgiunzione tra le sue ambizioni culturali dichiarate e la sua fruibilità quotidiana.
Progettato per attrarre una fascia demografica giovane e in cerca di esperienze, trova paradossalmente un uso più frequente tra i residenti anziani, esponendo un disallineamento strutturale tra l’intento programmatico e la realtà sociale. Tali operazioni sono sempre più caratteristiche nella Shanghai contemporanea, dove i tessuti urbani a bassa densità, in particolare quelli privi di designazione formale del patrimonio, vengono progressivamente “ripuliti” per far posto a distretti pseudo-culturali. Questi sviluppi spesso mescolano lo spettacolo con narrazioni del patrimonio selettivamente curate, impacchettando frammenti di identità storica all’interno di forme commerciali che privilegiano il consumo rispetto alla continuità culturale.
Riflettono una più ampia trasformazione della politica urbana di Shanghai, in cui cultura e commercio si intrecciano in strategie speculative e orientate al mercato. Resta una questione aperta se tali modelli siano in grado di promuovere efficacemente l’impegno civico o se si limitino a dissimulare la logica commerciale con una sottile patina culturale.
Un museo inaspettato
Poco dopo l’inaugurazione del complesso commerciale, l’apertura del Q-CAN Art Museum al suo interno ha segnato il lancio della programmazione culturale di Bingang. Sorprendente è il contrasto tra l’intervento architettonico, quantomeno discutibile, e l’elevata qualità curatoriale della mostra inaugurale del museo. Intitolata “The Liang: A Documenta of Liang Sicheng & Lin Huiyin”, la mostra (aperta fino ad agosto) è curata congiuntamente dallo studioso Ma Yue e dal team di Q-CAN.
Con quasi 400 manufatti d’archivio, tra cui manoscritti, fotografie, disegni architettonici, appunti sul campo e modelli di siti del patrimonio, è stata inaugurata alla presenza di funzionari comunali e membri della famiglia Liang e si distingue per la chiarezza metodologica e la profondità curatoriale, qualità in contrasto netto con l’ambiente spaziale circostante, dominato dalla superficialità e dalla spettacolarità commerciale. Ma anche all’interno di spazi plasmati da logiche di mercato rimane possibile, anche se solo provvisoriamente, impegnarsi in modo significativo con la storia.
Organizzata in sei sale, si snoda come un viaggio compatto e meticolosamente curato nell’eredità di Liang Sicheng e Lin Huiyin, coniugi e colleghi. Al centro del percorso vi è un modello in scala ridotta del Padiglione Guanyin al Dule Temple. Le sale adiacenti presentano ricostruzioni dettagliate, tra cui quella della Sala principale del Tempio di Foguang e un’installazione luminosa della Pagoda in legno di Yingxian. Vi sono inoltre modelli strutturali in scala 1:25, dissezioni dei componenti delle staffe dei dougong e una ricca selezione di fotografie d’archivio, manoscritti, appunti sul campo e schizzi di viaggio. Particolarmente suggestiva è la galleria finale, dove viene mostrata una doppia cronologia delle traiettorie personali e professionali di Liang e Lin. Il materiale include lettere, cartoline e scritti personali, alcuni dei quali rivelano sorprendenti intersezioni internazionali, come i documenti firmati da Le Corbusier e Walter Gropius.
Le lettere di guerra di Lin, in particolare, offrono un raro sguardo sull’equilibrio emotivo e intellettuale di una donna profondamente impegnata sia nella famiglia che nella professione. La mostra riesce a creare uno spazio di riflessione autonomo in un ambiente definito da ambizioni commerciali. La chiarezza metodologica, la materialità tattile e la precisione storica sono in silenzioso ma netto contrasto con l’edificio, risultando però incredibilmente appropriate per lo sfaccettato contesto urbano in cui si trova.
Immagine di copertina: i contrasti del quartiere Hongkou (© Francesca La Monaca)
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cina , gentrification , Liang Sicheng , Lin Huiyin , Shanghai
Last modified: 18 Giugno 2025