Una mostra nel capolavoro di Le Corbusier dissemina oggetti di design lungo la promenade architecturale
POISSY (FRANCIA). Se oggi si pensa al rapporto tra natura e architettura, la prima cosa che viene in mente è la realizzazione di progetti eco-sostenibili, dettati quindi dall’alto, dalla necessità dei tempi, mentre in passato spesso ha riguardato il mero impiego di effetti decorativi o di vera e propria replicazione della natura; ma la stessa può riguardare, invece, la sensibilità del progettista dall’interno, la sua capacità di entrare in relazione con la natura come terreno di confronto, di incontro e di possibili proficui scambi.
Pezzi di arredo che generano nuove connessioni
È questo il caso della mostra Natures intérieures all’interno di una delle opere più emblematiche del Novecento, la Villa Savoye (1928) di Le Corbusier, dove la natura era parte integrante della villa e accompagnava gli abitanti da un piano all’altro lungo la promenade architecturale, un dispositivo esso stesso a metà tra natura e artificio che rendeva il congiungimento con la natura un genere di staffetta intimista tra un ritaglio di cielo, un’oasi terrazzata, l’eco di un benessere complessivo che alitava nelle stanze della villa e invitava a respirare a pieni polmoni, regalando infine l’emozione di staccarsi (ma non troppo) dai muri intonacati di bianco per girovagare sul tetto giardino, una sorta di angolo di paradiso fatto a misura per gli abitanti, individui metropolitani e vacanzieri occasionali.
Promenade che nella mostra è ora affiancata da eloquenti sentieri del design – sedie, lampade, stoviglie, vasi, mobili, opera di designer emblematici provenienti dalla collezione del Centre national des arts plastiques – che fanno eco al desiderio di Le Corbusier di imprimere la natura nella villa.
Ogni progetto esposto, infatti, rimarca il nostro congiungimento con la natura in modo quasi sempre poetico (fanno parte della mostra anche i noti objets à réaction poétique del maestro) perché la natura non è sovraesposta ma intimamente vissuta dai progettisti nelle sembianze di un ricordo, di un’attitudine mentale, o di una sensazione.
Una presenza che si fa collezione, e relazione
Come spiega la curatrice Céline Saraiva, responsabile della collezione Arti decorative, Design e Artigianato del Cnap: “Non si è trattato di scegliere gli oggetti per arredare gli ambienti della villa, ma di immaginare una presenza, un invito ad entrare nell’opera di Le Corbusier attraverso le nostre collezioni”.
Ed è così che nell’atrio d’ingresso, al piano terra, ad accogliere il visitatore è Miss Blanche (1988-1989), la poltroncina di Shiro Kuramata (1934-1991), ispirata al personaggio romantico di Blanche Dubois nell’opera teatrale Un tram che si chiama desiderio (1947) di Tennesse Williams: un materiale artificiale sincero e trasparente come il plexiglass contiene boccioli di rose finte dando vita a un sintomatico sposalizio tra natura e artificio, sviando lo sguardo dall’una all’altro, in un gioco di rimandi che assumono il timbro di una poesia intimista che accoglie i ricambi del tempo, impreziosendo l’emblema della natura con l’impronta delicata di un fare altrettanto delicato e rispettoso, così da farci pensare che natura e artificio possano dialogare piuttosto che sovrapporsi, sottoesporsi o ingannarsi a vicenda.
La stessa delicatezza si ritrova in particolare sulle vetrate del soggiorno che dialogano con il sistema Algues (2004), opera dei fratelli Ronan ed Erwan Bouroullec, impegnati sin dall’inizio della propria carriera a riscattare l’essenza artificiale del progetto grazie ad una sua tessitura anomala, vicinissima al linguaggio della natura, proprio come in questo caso e nell’altra opera esposta Grappe (2001), un set di 12 cerchi di velluto in tre diverse tonalità di verde che propongono un utilizzo del tappeto a grappolo che può naturalmente crescere ed essere disposto sul pavimento a proprio piacimento, ricalcando la casualità del mondo cellulare.
Forme e materiali di diverse culture
Più avanti Cabana (2010-2014) di Fernando e Humberto Campana – una vera capanna, realizzata con lunghissimi fili di rafia in viscosa annodati a mano – sa di nostalgia, di ripari fai da te che ci riportano al tempo dei tempi, alle origini: il salto di civiltà resta certamente un viaggio appassionante nella nostra natura interiore soprattutto nel momento in cui si scopre l’interno dell’abitacolo: cinque ripiani circolari di dimensioni decrescenti che ne imprimono il carattere contemporaneo di neo-utilità.
Il dialogo tra mondi distanti, infatti, può essere sempre aperto e coinvolgente. Prova ne sono altri due progetti esposti nel soggiorno: il servizio da tè Silver & Wood (1997) di Andrea Branzi (1938-2023), della collezione Animali domestici, che mescola industria e natura, materiali nobili – come l’argento – e materie prime semplici come il legno di betulla con un approccio simile a quello del designer francese Olivier Gagnère nel progetto Sans titre (1983): una panca-tavolino realizzata con un tronco di albero di limone e alluminio inciso. Racconti domestici tra natura e cultura che trovano una risposta ironica ed eloquente nell’ambiente cucina della villa con due ciotole in porcellana, realizzate a mano, di Hella Jongerius della collezione Nymphenburg Sketches (2004): al centro raffigurano una lumaca e un coniglio (scelti tra i 700 modelli di soggetti conservati a Nymphenburg) che sviano l’utilizzo stretto delle ciotole a favore della contemplazione del contenuto animale. Nello stesso ambiente il purificatore d’aria naturale, Andrea (2009) di Mathieu Lehanneur, ci riporta al presente e unisce design, scienza e natura per migliorare la qualità dell’aria in casa.
Il percorso si snoda poi nel boudoir rivisitato dalla intrinseca delicatezza poetica ed inventiva di Alessandro Mendini (1931-2019) con il tavolino Papilio (1985-2004) che richiama il batter d’ali di una farfalla… fino alla stanza degli ospiti con una presenza tutta al naturale: la sedia Bamboo Study III-Natural (2019) dello studio indiano Mumbai realizzata in bambù e seta Nistari dove quest’ultima sostituisce la corda per creare una seduta indoor del tutto naturale e artigianale mentre, allo stesso tempo, è un omaggio all’intimo legame tra Le Corbusier e l’India, quell’universo di vita così diverso dal nostro dal quale il maestro era stato rapito.
Complessivamente l’operazione sembra riuscita: le stanze della villa ora risuonano con un timbro nuovo, quanto basta a farci tornare sui passi di Le Corbusier con una nuova impronta domestica a raccontarne il divenire.
Tra gli altri designer coinvolti troviamo: 5.5 Designers, François Azambourg, De Pas, D’Urbino e Lomazzi, Garouste & Bonetti, Benjamin Graindorge, Ymer & Malta, Pierre Paulin, Sylvain Rieu, Wieki Somers, Studio BrichetZiegler, Patricia Urquiola, Marcel Wanders.
Immagine di copertina: Exposition Natures intérieures, Villa Savoye, claustra Algues de Ronan et Erwan Bouroullec (© Benjamin Gavaudo, courtesy CMN)
![Exposition Natures intérieures à la villa Savoye, banc et table-basse de Olivier Gagnère (© Benjamin Gavaudo, courtesy CMN)](https://ilgiornaledellarchitettura.com/wp-content/uploads/cache/2025/02/Exposition-Natures-interieures-a-la-villa-Savoye-banc-et-table-basse-de-Olivier-Gagnere-©-Benjamin-Gavaudo-CMN/4171254906.jpeg)
Mostra Natures intérieures
Aperta fino al 2 marzo
Villa Savoye, Poissy, Francia
Organizzata da Le Centre des monuments nationaux (CMN) e Le Centre national des arts plastiques (Cnap)
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design , le corbusier , natura , Villa Savoye
Last modified: 15 Febbraio 2025