Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sulle gravi conseguenze del provvedimento di legge in discussione alle Camere
Il “Salva Milano” nella versione presentata dall’onorevole Tommaso Foti (FDI), una paginetta di chiarimenti interpretativi, è passato alla Camera con i voti del governo e del PD, contrari M5S e AVS, con molta soddisfazione degli uffici e assessori milanesi, e gravissime critiche scritte il 21 novembre da Gianni Barbacetto in «Il Fatto quotidiano», dal titolo Asse destra-PD grazia Sala ma rovina l’Italia.
Se definitivamente approvato, il “Salva Milano” diviene una legge che varrà in tutta Italia. Si basa su un equivoco di fondo, che tutti i protagonisti sanno bene, affermando che le leggi statali e regionali sulle ristrutturazioni sono da interpretare perché datate (ma vigenti), che la loro applicazione sbagliata secondo la Procura è stata un’interpretazione anticipata della legge attesa.
Il “Salva Milano” in sostanza prevede l’abolizione dei piani attuativi nelle aree urbanizzate o edificate (posto che ci sia una definizione condivisa in tutta Italia di aree urbane), questo per superare quanto previsto dalla 1150/1942 che prevede l’obbligo per edifici oltre i 25 metri di altezza, e il DM 1968 che prevede l’obbligo oltre la densità di 3 mc/mq, i due principi di legge – vigenti – che la Procura ha richiamato, oltre ad altre imputazioni, per incriminare i progetti milanesi. I piani attuativi sono previsti in tutti i comuni, anche medi e piccoli, non solo nelle grandi città, per aree anche modeste e per indici molto inferiori. Quello che io e direi tutti i colleghi urbanisti prevediamo ovunque. Obiettivo chiarissimo: i piani attuativi servono per contestualizzare i progetti, valutarli paesaggisticamente, prevedere oneri e standard, avere norme per efficientamento energetico e per il cambiamento climatico… Tutto quanto garantisce la qualità urbana a vantaggio di tutti i cittadini, come dovrebbe essere obbligatorio per ogni intervento edilizio.
Il PRG di Roma prevede che la sua attuazione avvenga «tramite piani o strumenti urbanistici esecutivi, che costituiscono la modalità operative attraverso cui si realizzano le trasformazioni previste dal PRG. Tra questi si annoverano: i piani per l’edilizia economica e popolare; i piani per gli insediamenti produttivi; i piani di lottizzazione convenzionata; i piani di recupero e i piani particolareggiati di iniziativa pubblica e privata».
Milano invece prevede piani attuativi solo per aree superiore ai 20.000 mq (una enormità), dimenticando le leggi ora contestate dalla Procura, in deroga anche alla Legge regionale 12/2005, che all’art 12 prevede che «gli interventi di trasformazione… avvengono tramite piani attuativi comunali». Forse il PGT ha dimenticato di classificare come aree di trasformazione quelle in cui si possono costruire grattacieli, solo perché la superficie è piccola, senza qualificare l’impatto urbano, pensando che non ci sia. A Milano due grattacieli residenziali su un’area di ridotte dimensioni non richiedono una valutazione di contesto, verifica del carico urbanistico, standard e oneri adeguati, norme sul filtrante, e quant’altro. Ci crediamo?
Il provvedimento omologa le ristrutturazioni, che sono interventi edilizi su edifici esistenti, alle demolizioni e ricostruzioni, che sono invece nuove costruzioni su aree libere che modificano il tessuto urbano. Due casi e due procedimenti sostanzialmente diversi. Le ristrutturazioni richiedono norme edilizie – raramente anche urbanistiche -, mentre le demolizioni con ricostruzione richiedono proprio i piani attuativi, perché sono modifiche del tessuto urbano, cambiano il paesaggio, richiedono valutazioni sul carico urbanistico, sulle necessità di standard, e quanto sopra detto.
Applichiamo questo all’Italia. Le previsioni del PRG di Roma vengono tutte saltate (in città il 25% degli edifici dovrebbe essere abusivo), ma cosa potrà succedere a Napoli, a Palermo, in tante città medie e piccole: tutto liberalizzato, tutto senza regole, a vantaggio solo di operatori immobiliari e a danno dei cittadini, in un periodo in cui oltre a quanto di solito si prevede, col cambiamento climatico bisognerebbe introdurre nuove norme, richiedere standard qualitativi migliori, superfici filtranti, efficientamento energetico, ecc. E gli edifici abusivi sulle coste, forse 30.000, per cui non si è fatto nulla in decenni saranno tutti demolibili (togliendo l’abuso) e ricostruibili legittimamente con semplici pratiche edilizie, e forse senza sanatorie.
È quello che vogliamo, o il provvedimento legislativo è sfuggito di mano a chi lo ha approvato senza valutare queste conseguenze? Ricordando che la prima versione della proposta di legge affermava che in sei mesi avrebbero rifatto la 1150 per l’urbanistica e il DM 380 per l’edilizia, un’affermazione che neanche il meno preparato e più ingenuo dei cittadini può credere (dopo che se ne parla da decenni).
Tutti auspichiamo che ci sia un Salva Milano, per dare una via d’uscita a edifici con pratiche di dubbia legittimità, senza piani attuativi, oneri ridotti, iva ridotta, e quant’altro, in danno del Comune e dell’Agenzia delle entrate, salvaguardare i funzionari inquisiti, tutelare gli acquirenti, far ripartire la macchina comunale. Ci voleva una legge nazionale devastante o si poteva prevedere una legge finalizzata e contenuta? È ovvio che sì, come ci sono altre leggi d’interesse solo locale. Il Comune in tutto questo non poteva fare nulla? Perché non ha fatto nulla? Poteva cominciare a rivedere le norme per i piani attuativi, applicare le norme per le ristrutturazioni della Regione. E avrebbe potuto, e potrebbe anche ora, richiedere dei commissari ad acta per riaprire gli uffici, esaminare le pratiche che arrivano, per non farle esaminare ai funzionari fino a quando non sono concluse le indagini. Perché ha voluto aspettare una legge nazionale? Domande che rimarranno senza risposta.
Sono obbligatorie considerazioni politiche. Il PD contrario da sempre ai condoni giustifica la sua approvazione di questa legge affermando che non è un condono, senza rendersi conto dei gravissimi danni che provocherà in tutta Italia e quanti indiretti condoni? O solo perché è al governo di Milano e vuole salvare la giunta? Non ha considerato l’obiettivo raggiungibile con strumenti più finalizzati e non generali? Ma derogare a leggi e a provvedimenti della procura per legge è un condono. I partiti di centrodestra che la propongono e approvano, cui non dovrebbe interessare salvare la giunta Sala, lo hanno fatto al buio o deliberatamente e hanno colto l’occasione per far passare una norma di generale liberalizzazione delle pratiche edilizie in tutta Italia? Rientrano dal portone di Palazzo Marino i condoni – anche se in forme indirette – che non erano passati nel “Salva-casa”, col sospetto che questo sia per alcuni il vero obiettivo del “Salva Milano”.
Temo valgano entrambi i sospetti, cui aggiungere quello su un’intesa sottobanco non dichiarata a danno di tutti i cittadini. Non ci saranno più pratiche abusive, non perché tutti saranno diventati bravi, ma perché non ci saranno più leggi da contravvenire, almeno nel settore dell’edilizia e dell’urbanistica. Che meraviglia! Decenni di studi, corsi, convegni, libri, con bravi e famosi urbanisti superati tutti d’un colpo, cestinati; non ce ne faremo più nulla e noi urbanisti avremo una vita molto più facile, quello che proprio non ci aspettavamo (e di certo non meritavamo) e dovremo pentirci di molte norme di grande qualità lungamente studiate, approvate e persino – pensate un po’ – applicate bene.
* versione adattata del testo pubblicato su «ArcipelagoMilano» il 3 dicembre 2024
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legislazione , lettere al Giornale , Milano , urbanistica
Last modified: 16 Dicembre 2024