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Silvia MazzaWritten by: Patrimonio

Dal sacro allo shakerato: la chiesa che si crede un caffè letterario (ma è un cocktail bar)

Dal sacro allo shakerato: la chiesa che si crede un caffè letterario (ma è un cocktail bar)

A Cefalù fa discutere il restauro con rifunzionalizzazione dell’ex chiesa di Santa Maria in Porto salvo, a firma di Angela Pernice e Francesco Miceli

 

CEFALÙ (PALERMO). Progettare il restauro di un edificio storico quando non sia più possibile restituirlo alla funzione originaria è uno dei passaggi più delicati e insidiosi a cui è chiamato l’architetto contemporaneo. Se l’architettura è creatrice degli spazi, secondo Platone, doverli ri-creare nel rispetto dell’esistente è uno dei limiti più avvincenti con cui è chiamato a confrontarsi. 

E se è vero pure che la nuova funzione deve rispettare lo spirito dell’architettura preesistente, nel caso di un’ex chiesa il sacrificio della perpetuazione dei valori religiosi che il monumento esprime è mitigato dalla riappropriazione della testimonianza storica che esso continua a rappresentare e che deve permanere nella memoria della comunità. In questo ambito è ammessa anche l’introduzione di elementi nuovi, a patto di non dare adito ad alcun fraintendimento o camuffamento che sconvolga le caratteristiche strutturali originarie.

 

La rinascita della Chiesa di Santa Maria in Porto salvo

Un esempio in tal senso è offerto dal progetto di restauro e rifunzionalizzazione dell’ex chiesa di Santa Maria in Porto salvo (1560 ca.), nel centro storico di Cefalù, per farne un caffè letterario. Della chiesa, sconsacrata più di cinquant’anni fa, privata di tutti gli arredi, vincolata nel 2012 e acquisita in proprietà privata nel 2017, era rimasto ben poco: due portali architravati, una residua decorazione interna in gesso, la cantoria lignea con la scaletta di accesso e poco altro.

L’intervento, secondo il progetto degli architetti Angela Pernice e Francesco Miceli, iniziato nel 2018 per concludersi con l’inaugurazione dell’agosto scorso, è consistito nel rifacimento del tetto crollato con travi di castagno uguale all’originale, nel restauro e risanamento conservativo dei prospetti esterni e delle pareti interne, lasciando a vista tutte le tracce di epoche antecedenti, restaurate da Franco Fazzio, già docente al Centro del Restauro di Palermo: una nicchia seicentesca e una ottocentesca, una grande nicchia con cornice dipinta adolio, archi in tufo e pietra del XV-XVI secolo, resti di archetti e capitelli in pietra calcarenite compatta sulla parete absidale. All’interno è stata recuperata e consolidata la cantoria lignea nei colori originari, integrando le parti mancanti con velature cromatiche. Per renderla fruibile è stata realizzata una nuova scala in ferro, secondo il disegno originario. Il pavimento è stato rifatto, recuperando una limitata porzione dell’ultimo di fine Ottocento in maioliche decorate, mentre la stratigrafia delle precedenti pavimentazioni è visibile da un tassello in vetro. Altre porzioni di pavimento in vetro permettono di vedere una tomba in lumachella e due vani nel sottosuolo.

 

Ferro, grafite e luce

Nuovo inserto nello spazio è, invece, la “scatola” autoportante, in ferro con finitura di miscela fatta di paraloid e polvere di grafite, come tutti gli elementi nuovi, «per dare continuità visiva di tutto ciò che è stato progettato rispetto al contenitore che lo ospita», spiega Pernice. Contiene i servizi al piano terra e una parte soppalcata destinata ai tavolini. La soluzione del parapetto con pannelli di lamiera forata consente di mantenere anche dal piano terra una visuale di tutti gli elementi architettonici rinvenuti nelle pareti.

L’intervento ha previsto anche il restauro della bussola d’ingresso, che ha la funzione d’isolare l’interno dall’esterno, dal momento che il portone principale della chiesa è sempre aperto, essendo la principale fonte di luce.

 

Non chiamatelo caffè letterario

In definitiva, un restauro corretto con un punto debole, però: la nuova destinazione d’uso “equivoca”. Nel tentativo di trovare una soluzione di riuso in qualche modo compatibile con l’edificio sacro originario si è finito per presentare come “caffè letterario” (“Corner Lab Porto Salvo – caffè letterario) quello che altro non è che un cocktail bar. Non ce n’era bisogno, perché una volta stabilita l’impossibilità di recuperare la funzione originaria, non ha senso creare gerarchie delle destinazioni d’uso, per cui una sarebbe più eticamente accettabile di un’altra. Col limite scontato che a nessuno salterebbe in testa di trasformare una chiesa in una discoteca, né la Soprintendenza, sotto la cui alta sorveglianza è avvenuto l’intervento, l’avrebbe mai autorizzata. Quindi, per restare in Sicilia, la trasformazione di una chiesa come quella delle Anime del Purgatorio a Catania in un centro d’ascolto per le classi sociali più bisognose non è più valida del cocktail bar di Cefalù. 

Non chiamatelo, però, caffè letterario. Tavolini nella sala unica, tavolini nel soppalco del nuovo box metallico, tavolini nella cantoria. Dal portone principale sempre aperto ciò che si vede dalla strada è una luminosa scaffalatura in vetro in cui sono in bella mostra dei liquori. Tanto che quei due tre libri nella scaffalatura nel soppalco, tra vari altri oggetti, finiscono quasi per sembrare fuori contesto.

 

Caffè, pagine e parole

Insomma, niente di più lontano dal moderno concept di un caffè letterario, erede di quelli nati in Francia tra la fine Seicento e inizio Settecento, diffusi poi in tutta Europa, Italia compresa, dove scrittori, filosofi, artisti e politici forgiavano le idee che hanno fatto la storia.

Per avere un’idea di cosa sia oggi un caffè letterario si potrebbe sorseggiare un buon caffè con la più famosa enciclopedia in lingua italiana, la Treccani, al Caffè letterario Padova, o immergersi nell’atmosfera intima del Caffè letterario Intra Moenia a Napoli. Protagonisti dell’arredamento sono, ça va sans dire, gli scaffali pieni di libri e riviste, consultabili in qualsiasi momento per accompagnare il proprio momento di relax.

Immagini copertina: l’interno restaurato della ex chiesa di Santa Maria in Porto salvo, Cefalù

 

 

 

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 4 Dicembre 2024