Visita al primo museo nell’area del Golfo dedicato a new media e arte digitale, su progetto di Schiattarella Associati
RIYADH (ARABIA SAUDITA). Commissionato dal Ministero della Cultura saudita, il progetto di Schiattarella Associati (Amedeo, Andrea e Paola Schiattarella) dialoga con il patrimonio e la tradizione architettonica locale, nell’intento di stabilire una continuità materica tra suolo ed edificato, ma soprattutto di ricucire le parti urbane di al-Diriyah, area oggi in grande trasformazione, e quelle agricole del Wadi Hanifah.
Un museo tra dune e pixel
Esito di un concorso internazionale a inviti, indetto dal Governatorato di Riyadh e aggiudicato nel 2014, il museo, diretto da Haytham Nawar e inaugurato il 25 novembre scorso con la mostra a cura di Jerome Neutres “Art Must Be Artificial: Perspectives of AI in the Visual Arts“, ospita nei suoi 12.000 mq atelier, spazi espositivi e aree per laboratori di ricerca, residenze per artisti, un auditorium e un centro di formazione e di residenze per borsisti che si occupano di new media e nuovi linguaggi digitali.
Nel sito, all’interno del complesso storico Sahman, tra Al-Bujairi e Ghasibah, a poca distanza dalle rovine del distretto di al-Turaif, registrato dal 2011 come Patrimonio dell’umanità, sono ancora leggibili molti degli elementi distintivi dell’oasi di al-Diriyah e del suo nucleo storico murato: lunghi tratti di mura difensive, torri, resti d’insediamenti annessi a pozzi e canalizzazioni.
In questo contesto, il progetto del museo è nato pensando a un complesso piuttosto che a un singolo edificio, al fine di ridurre al minimo l’impatto dell’opera sul paesaggio naturale, come un piccolo pezzo di città ispirato all’architettura locale, formato da monoliti architettonici, volumi compatti allineati sul crinale che delimita le aree urbane e agricole del wadi [un alveo quasi interamente asciutto: n.d.r.] dallo sprawl, rappresentando il luogo poroso di contatto tra due zone con anime molto diverse.
Deserto fresco, ombre, vento…
Lungo il pendio di una scarpata rocciosa che segue il tracciato di un braccio del Wadi Hanifah, il museo funge, infatti, da cerniera tra la moderna espansione di Riyadh, avvenuta a discapito del tessuto tradizionale, e l’area agricola dei giardini e del palmeto di al-Diriyah, ricostruendone il margine per mezzo di una sequenza di volumi alternati a passaggi stretti e profondi che creano zone d’ombra e fresco, richiamando i principi morfologici degli insediamenti tradizionali Najd.
Il complesso, concepito come un frammento urbano permeabile, mira a connettere l’area urbana e il wadi, discretizzando il limite originario, in modo da riportare la pendenza della collina alla sua forma naturale, e offrendo la possibilità di un collegamento pedonale all’area dell’Art Oasis prevista nel fondovalle.
I volumi che emergono dal crinale e si affacciano sulla valle si chiudono verso l’esterno del deserto e si aprono verso l’interno, definendo luoghi d’ombra profondi e compatti, aree in cui circola il vento umidificato dal passaggio nel wadi, abbassando la temperatura e proteggendo i percorsi pedonali dal sole e dal caldo.
I monoliti, la cui cortina di mattoni richiama la vicina antica cinta muraria modellata dalle intemperie, sono esposti in modo tale da avere pareti in piena ombra e altre in piena luce, al fine di consentire moti convettivi interni e quindi un raffrescamento degli ambienti. Tra le principali soluzioni ispirate al secolare confronto tra popolazioni e deserto, vi sono l’utilizzo di moderne “torri del vento”, che consentono all’aria di raccogliere l’umidità abbassando la temperatura degli ambienti interni, l’uso di materiali locali, tra cui la pietra di Riyadh per il brise soleil del bar e l’intonaco in terra cruda per gli interni. Il risparmio energetico è anche garantito da un sistema di raffrescamento geotermico, oltre che da un metodo di raccolta dell’acqua piovana.
Nel cuore sotterraneo dell’edificio, luogo di aggregazione per gli artisti, sono concentrati i laboratori e gli atelier per l’arte digitale. Qui la luce naturale arriva da un’enorme “campana” che fa penetrare la luce in profondità e i materiali diventano invece contemporanei: acciaio, vetro, cemento e legno.
Saudi Vision 2030
Si tratta del primo progetto pubblico nato dalla Saudi Vision 2030, l’ambizioso piano di sviluppo che si propone di guidare le trasformazioni economiche, culturali e sociali del Paese nei prossimi anni, con l’obiettivo di preservare e celebrare la storia di al-Diriyah e le tradizioni saudite. Esso è, inoltre, parte del Wadi Hanifah Design Project e del Diriyah Gate Masterplan, finalizzati alla conservazione dell’oasi e delle aree circostanti, e alla riproposizione del Wadi Hanifah come connessione visiva e fisica tra al-Turaif, Diriyah Gate e l’area di Al-Bujairi, anch’essa recentemente risistemata a fini turistici.
Immagine copertina: Schiattarella Associati, museo Diriyah Art Futures a Riyadh (© Mohamed Somji)
Intanto, a Riyadh…
Tra i numerosi interventi previsti sotto l’ombrello della Saudi Vision 2030, la Royal Commission di Riyadh e il Ministero dello Sport hanno recentemente presentato il progetto di studio Populous per lo Stadio King Salman, il cui completamento è atteso per fine 2029. Il masterplan di quello che diventerà lo stadio di maggiore capienza dell’Arabia Saudita, e uno dei più grandi impianti sportivi al mondo, include strutture commerciali, campi per l’allenamento, attrezzature per i tifosi e per lo sport: una sequenza di pareti e tetti verdi che connetteranno l’impianto agli spazi naturali circostanti e al vicino King Abdulaziz Park, tramite una pista per attività sportive lunga 9 km.
Si tratta di un approccio trasformativo allo sviluppo urbano il linea col programma Green Riyadh, uno dei progetti di forestazione urbana più ambiziosi al mondo, finalizzato a includere Riyadh tra le 100 città più vivibili del pianeta. Il programma include il progetto dell’Al Urubah Park, 75 ettari di aree verdi progettate da studio Land nell’East side di Riyadh per favorire l’integrazione tra natura e tecnologia, in conformità con il Quality of Life Program della Vision 2030. Un garden boulevard di 2,7 km offrirà viste panoramiche sul parco, arricchite dall’estensione multimediale del paesaggio naturale offerta dalla realtà aumentata. Utilizzando un sistema di gestione all’avanguardia, il parco agirà anche come bacino di detenzione delle acque del Wadi Al-Aysen, un’area della capitale particolarmente soggetta ad allagamenti.
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Last modified: 2 Dicembre 2024