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Alessandro ColomboWritten by: Reviews

Tutti in vacanza a Lignano Sabbiadoro!

Tutti in vacanza a Lignano Sabbiadoro!

Un editore friulano dedica tre volumi a un aspetto poco indagato del “miracolo italiano” del dopoguerra: la crescita tumultuosa lungo le coste

 

Nel secondo dopoguerra l’Italia scopre le vacanze come un nuovo modo di passare il tempo libero dal lavoro, dimensione faticosamente conquistata e che, se non disponibile per tutti, lo diventa per molti. Così gli italiani, da poco motorizzati, si riversano in massa, soprattutto al mare. Nasce la casa per vacanze e nascono interi paesi e città pensati per questo scopo. In questa direzione si colloca la vicenda straordinaria di Lignano che era diventata, nel 1935, Lignano Sabbiadoro, a convincere, già dal nome, delle qualità del luogo, nascente località turistica. L’attenzione al territorio – unita ad un giusto sentimento diffuso di orgoglio locale – ha permesso la pubblicazione di alcuni libri emblematici che consegnano la vicenda alla storia architettonica, sociale e di costume.

 

Sottile lembo di terra, laboratorio di architettura

Già nel 2019 con la pubblicazione Dentro Lignano. Un percorso fra le architetture per le vacanze (a cura di Giulio Avon e Ferruccio Luppi, Gaspari Editore, 2019, 224 pagine, 29 €, testo in italiano e in inglese) si è iniziato ad esplorare la vicenda architettonica del secondo Novecento. L’esplosione del turismo di massa, e la conseguente crescente domanda edilizia, non impedisce a Lignano di diventare un laboratorio di sperimentazione dell’architettura nazionale che rappresenta, per gli anni ’50 e ’60, anche un aspetto non così conosciuto del periodo contraddistinto dal “miracolo italiano”. Località nata con un’impronta internazionale – già nelle architetture lignanesi di Gianni Avon compaiono due ville destinate a turisti olandesi e austriaci e un insediamento di case a schiera per i dipendenti di un’azienda austriaca – vede nascere architetture legate a ville esclusive, ma anche ad abitazioni relativamente economiche. L’elenco è lungo e riunisce molti nomi di sicuro interesse e di mano felice. Iniziamo negli anni ’50 con le ville Romanelli di Gino Biasi ed Enor Milocco, Brustio di Aldo Bernardis, Christoff di Gianni Avon, “la capannella” di Luciano Vignaduzzo, Sordi sempre di Aldo Bernardis, Capra di Giovanni Barbin. Proseguiamo negli anni ’60 con le ville per l’olandese Schreurs di Gianni Avon e Chiesa di Sergio Los (1934-scomparso l’8 novembre scorso), per arrivare ai ’70 con le Mainardis di Iginio Cappai e Pietro Mainardis, Lena di Giannino Furlan, Beltrame di Giampiero Calligaro e Renato Lupieri, per chiudere con le Ville Sbaiz di Claudio Nardi. Sul lato affordable troviamo le case Mondolo di Paolo Pascolo, Cudini di Enor Milocco, Veronese di Mario Ravegnani e anche le Castellarin di Gianni Avon. Il ricco apparato iconografico contenuto nel volume deve ringraziare gli obiettivi di Italo Zannier e Giorgio Casali, maestri della fotografia che all’epoca videro in Lignano “un luogo d’elezione in cui stabilire un buon ritiro operoso”. Proprio attraverso quest’attenta cura degli apparati fotografici e grafici, il libro permette di conoscere le molte realizzazioni firmate da architetti che qui si esprimono con una produzione di elevata qualità che guarda a colti riferimenti internazionali.

 

Nuove scenografie tra città e mare

Da questi primi studi emergono due personalità di rilievo: Marcello D’Olivo (1921-1991) per il piano urbanistico della località, e Aldo Bernardis (1925-2012), per l’intensa attività ivi espressa. Con tale abbrivio sono arrivati nel 2024 due testi di approfondimento, sempre per i tipi dell’editore Gaspari. In Aldo Bernardis. Architetture a Lignano 1953-2003 (a cura di Giulio Avon, Gaspari Editore, 2024, 184 pagine, 29 €, testo in italiano, in inglese e in tedesco) si mette in rilievo come Bernardis, già collaboratore di D’Olivo, sia l’artefice di molti luoghi simbolo di Lignano, quali lo Yachting club, l’Azienda di soggiorno, la Terrazza a mare, il Kursaal, l’albergo President e la Marina uno. Tutti progetti che permettono a Lignano di essere sì una capitale turistica, ma con una potenza scenografica e una rappresentatività architettonica che escono dalla media delle località balneari. È un chiaro esempio di professionalità calata nel mondo reale che non si sottrae alla celebrazione del tempo libero, dello svago e della vacanza, ma lo fa senza rinunciare a una cifra sinceramente moderna, quando non anche futuristica, volta a donare un valore aggiunto a realizzazioni fondamentalmente utilitaristiche. In questo modo l’architettura diventa l’immagine della vacanza, e la vacanza si svolge in un paesaggio caratterizzato dall’architettura stessa che si muove agevolmente fra ville private, ospitalità, strutture pubbliche, in un rito che si ripropone, in fondo, immutato da sessant’anni. Abbiamo a disposizione un’indagine, un repertorio, ma anche un affettuoso omaggio alla figura dell’architetto di Udine che tanta parte delle sue energie ha dedicato a Lignano.

 

Un protagonista multiforme e controverso

In Marcello D’Olivo. Tra storia e mito (a cura di Ferruccio Luppi e Paolo Nicoloso, Gaspari Editore, 2024, 216 pagine, 24,50 €) si delinea invece il ritratto e la vicenda professionale di un “architetto geniale, con grande voglia di rompere con la tradizione e di stupire”, la cui genialità non gli sarà sempre favorevole, come si evince scorrendo la sua biografia che narra di ultimi anni purtroppo non all’altezza degli esordi. D’Olivo si fa conoscere subito per le architetture fuori dal comune del villaggio per fanciulli e per le case di una città di vacanze, una Lignano che ha qualcosa di speciale, tanto da interessare un personaggio come Ernst Hemingway. Per queste opere viene da subito comparato da Leonardo Sinisgalli, il fondatore di «Civiltà delle macchine», addirittura a Frank Lloyd Wright e a Pier Luigi Nervi, ma, col passare degli anni e accanto ad altri grandi successi, inizia ad accumulare delusioni e sconfitte, mentre le ricche avventure medio orientali e africana degli anni ’60 e ’70 non troveranno seguito in quella americana tentata più tardi, a fine carriera, che non porterà ai risultati sperati. Nelle oltre quattrocento opere emergono temi di grande attualità, ma forse all’epoca ancora prematuri, come la consapevolezza verso il problema ambientale che mette al centro la sopravvivenza del pianeta. Prigioniero del mito che lo circonda fin dal suo esordio, si vede costretto a cercare sempre di esserne all’altezza, tentando strade monumentali come il faraonico Monumento al milite ignoto a Baghdad, ove viene chiamato da Saddam Hussein nel 1978 per realizzare una struttura circolare di 260 metri di diametro che, sospesa a 13 metri da terra, regge una cupola di 60 metri di diametro, complesso che verrà inaugurato nel 1982. Intellettuale di multiformi interessi, teorizza in tempi non sospetti un nuovo ruolo dell’architettura alla quale si richiede di elaborare strategie per un riequilibrio a favore dell’ambiente in alleanza con la natura, posizione che all’epoca viene ignorata dalla critica destinandolo ad una “solitudine culturale” nel panorama italiano ed internazionale. Tornando alla sua opera in definitiva più famosa – la spirale disegnata per “una città tra le piccole dune di sabbia d’oro”, come scrive Sinisgalli – non si può dimenticare che l’utopia di D’Olivo si perde ben presto in vicende immobiliari e urbanistiche, dove trova oppositori del calibro di Luigi Piccinato. E, se anche il risultato visto a sessant’anni di distanza può apparire caotico, esso si pone pur sempre, anche grazie alle molte opere di qualità sopra ricordate, come un positivo esempio di disegno del territorio, prima ancora che urbano, che ci permette di correre al mare, nel terzo millennio, non solo per godere del sole e della sabbia, ma anche per apprezzare un progetto a più mani che viene mantenuto vivo con mirabile e concreta dedizione.

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 12 Novembre 2024