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COP30: per un futuro migliore, dovremo imparare dall’Amazzonia

COP30: per un futuro migliore, dovremo imparare dall’Amazzonia

Riflessioni a un anno dalla 30° “Conference of the parties” della convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Belém

 

BELÉM (BRASILE). La COP30, che si terrà in Amazzonia nel novembre 2025, offre un’opportunità unica per portare la Traditional Ecological Knowledge (TEK) dell’Amazzonia in prima linea nelle discussioni globali sulla resilienza climatica. Forse non siamo noi, abitanti di città calde e allagate, che dobbiamo imporre alla foresta la nostra pianificazione del territorio, ma invece dobbiamo ascoltare ciò che la foresta ha da insegnare.

 

Amazzonia spazio urbano?

Più di vent’anni fa, l’urbanista Roberto Luís Monte-Mór suscitò polemiche con l’idea che l’Amazzonia fosse uno spazio urbano. Questa concezione sfidava la concezione egemonica secondo cui la foresta tropicale era una realtà naturale incontaminata e selvaggia; una visione d’impronta colonialista, basata sull’idea che la regione fosse abitata da piccoli gruppi nomadi, tecnicamente ed economicamente primitivi. Monte-Mór, incorporando nel suo lavoro un gran numero di ricerche all’avanguardia ed una profusione di prove raccolte dagli anni ’70 in poi in settori quali archeologia, antropologia, storia, botanica ed ecologia storica, ha messo in discussione il carattere storico-sociale della foresta tropicale.

Studi recenti rafforzano l’idea che l’Amazzonia sia più un “giardino” che una foresta incontaminata. Poche decine di migliaia di anni fa, quando gli esseri umani vi s’insediarono, predominava una foresta di bambù che si è poi evoluta fino ad oggi diventando un hotspot di biodiversità. I millenni d’interazioni umane e non hanno persino portato alla costituzione di un particolare suolo: la cosiddetta “terra nera” degli indiani, ricca e fertile. Formatasi nel corso dei millenni grazie alla gestione dei processi agricoli operata dalle popolazioni locali, e alla loro interazione con i sistemi ecologici di biomassa e microorganismi, essa rappresenta uno dei fenomeni antropici più affascinanti della regione. Inoltre, altre ricerche mostrano che le aree gestite da comunità tradizionali e indigene tendono ad essere più biodiverse e resilienti.

Queste evidenze portano a un cambiamento di prospettiva e sottolineano come l’Amazzonia sia uno spazio connesso al mondo. Figure come Chico Mendes, leader dei raccoglitori di gomma che già negli anni ’80 lottava per un uso sostenibile della foresta, dimostrano come le comunità amazzoniche siano da tempo coinvolte nelle lotte politiche e sociali. In Amazzonia, infatti, i processi sociali e quelli ambientali sono inseparabili. 

 

Che cosa c’insegnano le comunità amazzoniche?

La TEK amazzonica ha dunque molto da insegnare su resilienza e sostenibilità, in quanto è evidente che le comunità locali comprendono e mantengono l’ecosistema meglio degli attori esterni. Inoltre, mettendo in discussione l’idea che l’Amazzonia debba essere isolata, costruiscono una rinnovata prospettiva socio-ecologica sulla resilienza. È quindi fondamentale comprendere e promuovere il ruolo della TEK nel sostenere la diversità della vita e resistere agli shock ambientali ed economici, considerando la saggezza ecologica e le comunità locali come attori centrali nella spinta globale verso la sostenibilità. In questi termini, la COP30 deve aprire la strada a questi approcci per nuovi modelli di sviluppo sostenibile. 

 

Alcuni casi studio

Nelle comunità di origine fluviale, come Tracuateua da Ponta, Pará, la coltivazione della manioca si basa da tempo su una TEK che include pratiche come la rotazione delle colture e il controllo naturale dei parassiti, che promuovono il mantenimento della salute del suolo, l’aumento della biodiversità e la riduzione della dipendenza da agenti chimici. Con il riutilizzo di rifiuti organici per fertilizzare il suolo, la comunità dimostra i principi dell’economia circolare. La governance decentralizzata dà potere agli agricoltori locali, garantendo che le attività bioeconomiche siano in linea con i valori ecologici e culturali.

Nelle comunità di quilombola [fondate da schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano prigionieri nel Brasile all’epoca della schiavitù; n.d.r.] come il Grotão in Tocantins, la TEK promuove la gestione sostenibile delle foreste, utilizzando metodi tradizionali per raccogliere prodotti “che mantengono in piedi la foresta”, come le noci del Brasile. Flussi di reddito diversificati prevengono lo sfruttamento eccessivo e rafforzano la resilienza agli shock economici e climatici. Anche la combinazione delle moderne tecniche di raccolta con la TEK migliora la sostenibilità e preserva la foresta.

In insediamenti agroestrattivi, come João Pilatos nel Pará, situato su un’isola fluviale, la TEK fornisce pratiche per l’estrazione sostenibile di prodotti forestali come la gomma. I metodi tradizionali, allineati alla conservazione, mantengono la biodiversità e riducono al minimo l’impatto ambientale. La governance decentralizzata garantisce una gestione equa delle risorse, bilanciando le esigenze economiche con la protezione ecologica e della comunità. 

Queste pratiche di TEK ruotano attorno all’integrazione dei servizi ecologici e all’economia comunitaria, costruendo nell’agricoltura familiare i 5 pilastri della bioeconomia amazzonica: i sistemi agroforestali combinano colture e specie forestali, promuovendo la biodiversità e riducendo la deforestazione; la diversificazione delle colture contribuisce alla resilienza dell’economica locale, fornendo una fonte stabile di cibo e sicurezza alimentare; la cultura locale e il coinvolgimento comunitario nei processi decisionali rafforzano il senso di responsabilità collettiva, il rispetto per le generazioni future e una democrazia diretta; le collaborazioniglocal” (ecoturismo, NGOs, istituzioni accademiche) rafforzano il dialogo non occidentale, offrono assistenza tecnica, accesso al mercato e al reddito; infine, l’agricoltura familiare supporta servizi ambientali come la cattura del carbonio, fondamentale per mitigare il cambiamento climatico.

 

Gli scambi tra autoctoni e outsider

Non si tratta semplicemente che noi, abitanti delle città, dovremmo smettere di voler insegnare qualcosa alle comunità amazzoniche, bensì dovremmo aprire un processo di ascolto e dialogo, sostenendo le comunità locali con la conoscenza scientifica. Secondo la vicesegretaria esecutiva del Ministero dello sviluppo agrario, Marina Godoy de Lima, la società e il governo brasiliani hanno ripreso lo scambio tra conoscenza locale e scientifica, anche se forse ancora su scala inferiore a quella necessaria.

Da un lato, esiste un’ampia varietà di progetti di ricerca nelle università pubbliche che realizzano esperimenti basati sulle conoscenze tradizionali: ne sono testimonianza le diverse pratiche agroforestali e l’agricoltura sintropica. Tra le istituzioni pubbliche si contano anche numerosi centri di ricerca, come l’EMBRAPA, l’Istituto di Ricerca Amazzonico (INPA), e l’Amazon Biobusiness Center (CBA). Quest’ultimo, ad esempio, porta avanti un progetto sulla gastronomia sostenibile che valorizza la socio-biodiversità locale e la preservazione degli ecosistemi. Inoltre, il governo ha aumentato gli investimenti nell’agricoltura familiare.

Dall’altro, tanti ricercatori stranieri hanno imparato e insegnato alle comunità tradizionali. L’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1906-94) ha utilizzato un approccio termodinamico per capire le interazioni tra pratiche economiche e dinamica dei sistemi viventi, coniando il termine bioeconomia. La teoria della resilienza socio-ecologica di Fikret Berkes e Carl Folke è stata sviluppata per capire i sistemi di conoscenza indigeni nella gestione della biodiversità. I principi dell’economia circolare di Walter Stahel e Ken Webster sono già messi in pratica in questi sistemi di produzione e consumo a circuito chiuso.

 

Una partita aperta

La sfida per stabilire quale modello prevarrà in Amazzonia, però, continua. Da un lato, un recente studio della Coalition Forests & Finances mostra che le banche hanno investito 395 miliardi di dollari in attività che contribuiscono al collasso della biodiversità.

D’altro canto, dopo il governo Bolsonaro, il Fondo Amazon, costituito con contributi finanziari internazionali, è stato riaperto. Attraverso il BNDES (Banco nacional do desenvolvimento), è appena stato lanciato un bando da 50 milioni di euro rivolto alle NGOs, con lo scopo di favorire progetti di scambio di conoscenza e rafforzamento di cultura del consumo alimentare sostenibile, dando priorità alla socio-biodiversità locale (compresi agricoltori familiari, quilombolas, popolazioni indigene e comunità tradizionali).

La speranza è che nuovi dialoghi si aprano in occasione della COP30 che si terrà a Belém. La città sull’estuario del Rio delle Amazzoni prevede infatti d’investire 650 milioni di euro in opere entro la fine del 2025. 

Immagine copertina: una Venezia tropicale, nella periferia di Belém (© Camilo Vladimir de Lima Amaral e Harley Silva)

 

Percorsi di lettura

Monte-Mór, R. L. M. (1990), Modernities in the Jungle: Extended Urbanization in the Brazilian Amazonia. PhD Dissertation, University of California, Los Angeles.

Neves, G. et all. (2004), Historical and Socio-cultural Origins of Amazonian Dark Earths, in Lehmann, J. et all. (ed), Amazonian Dark Earths. Kluwer AP, New York. p. 29-50.

Balée, W. (2014), Historical ecology and the explanation of diversity: Amazonian case studies. in Verdade, L. et al., Applied ecology and human dimensions in biological conservation. Springer, Berlin, Heidelberg. p. 19-33.

Nascimento, A. A. C.; Costa, F. A. (2020), Economia da maniva na comunidade de Tracuateua da Ponta, Santo Antônio do Tauá, Pará: desafios e perspectivas, in «Revista Mutirõ. Folhetim de geografias agrárias do sul», v. 1, p. 201-210.

Guiar, V.; Ramos Júnior, D. V.; Costa, K.; Oliveira, F. (2020), Tecnologias sociais no território comum: articulação institucional e inclusão social no Quilombo Grotão, «Revista ABPN», v. 12, p. 336-360.

Paulino, G. S. (2019), Sociedade e natureza: estudo do Projeto de Assentamento Agroextrativista João Pilatos. Dissertação Mestrado em economia. Instituto de Ciencias Sociais Aplicadas-UFPA. Belém.

Georgescu-Roegen, N. (1971), The entropy law and the economic problem. Harvard University Press.

Berkes, F., & Folke, C. (Eds.). (2000), Linking Social and Ecological Systems: Management Practices and Social Mechanisms for Building Resilience. Cambridge University Press​

Webster, K. (2015), The Circular Economy: A Wealth of Flows. Ellen MacArthur Foundation Publishing.

Autori

  • PhD, è ricercatore RTDa in Urbanistica presso il Politecnico di Torino e professore di progettazione e teoria dell'architettura presso l'Università Federale di Goiás, dove dirige il Laboratorio di Processi di Progettazione. Lavorando all'intersezione tra processi di progettazione, questioni ambientali, soggettività e politiche dello spazio urbano, la sua ricerca si focalizza sull’immaginazione di alternative socioambientali e su modalità collettive e collaborative per progettare futuri migliori, nonché su come i processi di progettazione possano riprodurre o trasformare le soggettività. Ha pubblicato ampiamente su riviste scientifiche, libri e atti di conferenze e ha ricevuto 11 premi e riconoscimenti per la sua esperienza professionale, ricerca, insegnamento, progettazione architettonica e urbana e lavoro sulla sostenibilità. È membro esperto di comitati direttivi per iniziative di coinvolgimento comunitario e workshop di progettazione collaborativa, con esperienze in Regno Unito, Belgio, Norvegia, Spagna, Italia e Brasile.

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  • È professore nel Programma di Dottorato in Economia presso UFPA e coordinatore del Programma di Dottorato in Economia Applicata presso PPGEA-UFPA. È storico ed economista, ha conseguito un dottorato in Economia presso il Cedeplar-UFMG ed è stato ricercatore in visita presso il Tropical Conservation and Development dell'Università della Florida. La sua ricerca si concentra sullo sviluppo economico e biodiversità; bioeconomia; e sulle diverse tradizioni di organizzazione spaziale nell'Amazzonia brasiliana, con un'enfasi sulla cultura locale e la strutturazione ambientale. Il suo compito nel progetto sarà quello di contribuire all'articolazione dello sviluppo della biodiversità associato ad alternative di bioeconomia e alla lettura delle relazioni sociali, storiche e culturali delle diverse tradizioni locali di strutturazione della natura nello spazio socio-economico. Parteciperà a attività di sviluppo della ricerca e workshop.

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Last modified: 31 Ottobre 2024