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Ilaria La CorteWritten by: Progetti

Atmosfere giapponesi per la Fondazione Gulbenkian

Atmosfere giapponesi per la Fondazione Gulbenkian

A Lisbona, visita al rinnovato e ampliato Centro di Arte Moderna della Calouste Gulbenkian firmato Kengo Kuma: il primo di sei progetti che lo legano al Portogallo

 

LISBONA. Due giorni di festa, tra esposizioni, performance e musica, hanno segnato il “ritorno” del Centro di Arte Moderna (CAM) della Fundação Gulbenkian, che ospita la più grande collezione di arte moderna e contemporanea del Portogallo. Il CAM ha riaperto il 21 settembre scorso, con notevole ritardo rispetto all’inaugurazione inizialmente prevista per il 2021, presentandosi in una veste completamente rinnovata dopo il profondo restyling firmato da Kengo Kuma.

 

Il progetto di Kuma + OODA + Vladimir Djurovic

La scelta dell’architetto giapponese, affiancato dallo studio portoghese OODA e dall’architetto paesaggista libanese Vladimir Djurovic, per la realizzazione dell’ampliamento del CAM e del giardino circostante, è stata l’esito di un concorso a inviti lanciato nel 2019 dalla Fondazione e rivolto a 12 architetti nazionali e internazionali. La decisione della giuria, presieduta da Gonçalo Byrne, ha un significativo valore simbolico per la Fondazione, voluta dal collezionista e filantropo armeno Calouste Gulbenkian e storicamente legata all’Oriente.Il concorso prevedeva l’intervento sull’edificio del CAM realizzato dall’inglese Leslie Martin nel 1983, con l’obiettivo di risolvere la questione della sua controversa posizione – di fatto una barriera a sud del parco Gulbenkian – e ripensare la relazione dell’edificio con il giardino circostante, con una nuova entrata che garantisse continuità tra i due ettari di giardino acquisiti dalla Fondazione nel 2005 e l’adiacente parco disegnato a fine anni ‘60 dai paesaggisti Gonçalo Ribeiro Telles e António Viana Barreto.L’approccio vincente della proposta di Kuma è consistito nel ripensare il nuovo CAM non attraverso interventi separati sull’edificio e sui giardini, ma con un’integrazione che stabilisce un nuovo dialogo tra questi elementi all’interno del paesaggio. Concentrandosi sullo spazio tra il muro posteriore del CAM e il confine del parco, Kuma ha aumentato la trasparenza della facciata sud, aggiungendo uno spettacolare portico lungo 100 metri ispirato al concetto di engawa, lelemento dell’architettura tradizionale giapponese che stabilisce un legame simbiotico tra interno ed esterno. L’engawa rappresenta un filtro tra l’edificio e il giardino, offrendo uno spazio versatile per i visitatori: un luogo per esperienze culturali all’aperto, eventi, o semplicemente per leggere e contemplare il paesaggio.L’impressionante struttura è rivestita con oltre 3.000 piastrelle di ceramica bianca, realizzate con l’ausilio del disegno parametrico e con tecniche artigianali ispirate alle tradizionali mattonelle portoghesi (già utilizzate come rivestimento esterno del Museo di Arte Architettura e Tecnologia – MAAT). La progettazione strutturale dell’engawa, curata da Buro Happold, ha tradotto l’idea di una copertura fluttuante in una struttura autoportante costituita da travi curve, sostenute da due file di colonne sottilissime, accoppiate a formare una V rovescia.Sebbene strutturalmente indipendente dall’edificio, il portico è in perfetta continuità visuale con l’area espositiva interna. L’engawa, al quale si accede dalla navata principale del CAM, concepita da Martin come un “hangar-museo”, diventa così, grazie alle nuove finestre ritagliate sulla facciata verso il giardino, un luogo illuminato dalla luce naturale, stabilendo un legame tra arte e natura.La connessione tra i due giardini, quello storico di Telles e il nuovo di Djurovic, è stata ristabilita attraverso l’interno dell’edificio, grazie alla predisposizione di una grande hall d’ingresso di 550 mq, in cui gran parte delle pareti in cemento dell’edificio originario sono state sostituite da ampie vetrate, garantendo una continuità che, prima ancora di essere fisica, è soprattutto visiva. La ricollocazione degli uffici e della libreria ha inoltre permesso la rimozione dei muri di riempimento, evidenziando ulteriormente la struttura del CAM. Per incontrare i nuovi spazi e l’effettivo ampliamento dell’area espositiva del CAM (quattro sale per 900 mq), bisogna scendere fino al piano interrato, dove, scavata sotto l’engawa, si sviluppano la Galleria della collezione e la Sala del disegno. Oltre alla ceramica e al legno, uno dei materiali preferiti di Kuma, l’altro elemento scelto nella definizione materica delle aree interne di circolazione e delle scale è una maglia metallica in acciaio che permette una transizione delicata tra gli spazi esistenti e quelli nuovi, come se fosse un sottile strato della tradizionale carta giapponese washi.

Il giardino

È l’altro protagonista dell’intervento, oltre all’engawa. L’edificio del CAM è immerso nel parco della Fondazione che, nel corso degli anni, si è trasformato in un suggestivo ambiente naturale. Il progetto ha integrato questa evoluzione, creando una sorta di foresta urbana aperta alla città, e definendo una nuova facciata paesaggistica per l’espansione del complesso. La vegetazione s’infittisce e dirada in vari punti, invitando i visitatori a scoprire radure, giardini pluviali, prati e piccoli padiglioni nascosti tra gli alberi. Attraverso il percorso si scopre il lago centrale, dove le piastrelle di ceramica della nuova facciata del CAM, incorniciate dagli alberi, si riflettono sull’acqua in un’immagine ispirata ai giardini portoghesi, con le loro caratteristiche fontane e gli azulejos. All’estremità nord, il giardino scivola sotto la nuova copertura del museo, sfumando i confini tra paesaggio e architettura. Il nuovo CAM firmato da Kuma introduce un linguaggio inedito nella cultura architettonica contemporanea portoghese, facendoci dimenticare (senza saudade) i volumi puri e gli spazi rigorosamente definiti a cui ci hanno abituato gli architetti lusitani. Un esempio simile è stato tentato da Amanda Levete con il MAAT (2016), ma l’approccio di Kuma, più sensibile al contesto urbano e al paesaggio della Gulbenkian, rende il nuovo CAM un esperimento decisamente più riuscito che rispecchia l’immagine attuale di Lisbona: una città che, pur restando ancorata alla tradizione, guarda con ambizione ad una dimensione internazionale.

 

Kuma e il Portogallo, un sodalizio destinato a durare

Il progetto per la Fundação Gulbenkian segna il debutto di Kuma sulla scena architettonica portoghese. Con sei progetti in corso, tra cui la riconversione dell’ex Mattatoio industriale di Porto e il Padiglione del Portogallo per l’Esposizione internazionale di Osaka 2025, Kuma sta consolidando con il Portogallo un legame destinato a durare. La mostra “Kengo Kuma e Portogallo: dialoghi architettonici”, tenutasi a Tokyo lo scorso giugno, per celebrare la Giornata del Portogallo, ha confermato l’importanza del sodalizio, presentando i suoi progetti attuali.

M-ODU: rigenerazione urbana e memoria storica

M-ODU, così si chiama il progetto dello studio Kuma (KKAA), in collaborazione con OODA, per la riconversione dell’antico Mattatoio industriale di Porto, che mira a trasformare l’edificio, dismesso da circa 20 anni, in un elemento cardine per il risanamento della zona orientale della città, un’area che ha bisogno di nuove iniziative sociali, economiche e culturali. L’intervento prevede la riqualificazione integrale del complesso, preservando la memoria storica e l’identità architettonica del sito. Dei 20.000 mq di costruzione, circa 8.000 saranno in gestione comunale e destinati all’ampliamento della Galleria comunale di Porto, a uno spazio per la raccolta e il deposito di opere d’arte, ad atelier per artisti e spazi educativi e comunitari. I restanti edifici saranno destinati a uffici, spazi commerciali e di ristorazione, gestiti dall’ente vincitore della gara, Mota-Engil. È inoltre prevista la costruzione di un nuovo ponte pedonale e ciclabile che passerà al di sopra della Via de cintura interna (VCI), collegando il Mattatoio alla stazione della metropolitana Dragão e migliorando l’accessibilità e l’integrazione urbana dell’intervento.

Così come per il CAM, anche nel progetto del M-ODU la copertura svolge un ruolo centrale. Ispirata al concetto giapponese di komorebi (il gioco di luce dei raggi solari che filtrano attraverso le foglie degli alberi), è stata concepita per permettere alla luce naturale di passare delicatamente attraverso la struttura metallica rivestita da pannelli forati. Nonostante il design innovativo, la matericità della copertura richiama la memoria della costruzione locale, mentre la sua forma evoca una grande membrana leggera e sospesa, con un sottile riferimento a una plasticità tessile che richiama la forza di questo settore industriale nella regione.

 

Il Padiglione per l’Expo 2025: omaggio alla tradizione marina

Corde sospese e reti riciclate caratterizzano il volume progettato per il Padiglione a Osaka 2025. Per la prima volta, un padiglione portoghese per un’esposizione internazionale sarà firmato da un architetto straniero. Il progetto include una piazza superiore che ricorda un’onda e invita i visitatori a esplorare la “bellezza del mare portoghese” attraverso un’esperienza sensoriale. L’edificio, grazie all’uso della luce naturale, appare dinamico e cambia aspetto durante il giorno, creando un legame tra gli spazi interni ed esterni. Il padiglione ospiterà aree espositive, una zona multiuso, una caffetteria e un ristorante per promuovere la gastronomia lusitana.

Il tema dell’Expo, “Progettare la società futura per le nostre vite”, vedrà la partecipazione di oltre 150 paesi. Il padiglione portoghese, unico progetto nazionale di Kuma per l’evento, è stato assegnato all’italiana Rimond, battendo, non senza polemiche, altre sei proposte. Secondo l’Ordine portoghese degli architetti si tratta di un’occasione mancata per i professionisti locali, mentre la scelta di Kuma sembra rispondere a una strategia più ampia di apertura internazionale. Grazie alla sua fama, il progetto potrà attrarre l’attenzione di un pubblico globale e offrire una vetrina per la cultura e l’architettura portoghese su scala mondiale.

Immagine copertina: Centro di Arte Moderna della Fundação Gulbenkian di Lisbona (© Fernando Guerra)

 

Autore

  • Ilaria La Corte

    Dopo la laurea in Architettura all’Università di Roma Tre, prosegue la formazione professionale in Portogallo, dove vive e lavora. Dal 2017 svolge attività di ricerca come dottoranda presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Porto (FAUP), in co-tutela con lo IUAV di Venezia, con una tesi sui temi del dibattito architettonico internazionale, tra gli anni cinquanta e settanta, riletti attraverso l’opera di Giancarlo De Carlo e Nuno Portas. Dal 2015 svolge attività di supporto alla didattica presso il Politecnico di Milano nell’ambito della progettazione architettonica e urbana

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Last modified: 2 Ottobre 2024