Il capoluogo della Bizkaia lavora in termini diversi sulla crescita, proseguendo la rigenerazione urbana, migliorando la mobilità pubblica e guardando al 2030
BILBAO (SPAGNA). Arriviamo in automobile, dopo avere attraversato un’arida Aragona, sede nel 2008 con la sua capitale Saragozza di un’Expo a tema “Acqua e sviluppo sostenibile”, e una dolce La Rioja, regione vitivinicola dalle importanti (e griffate) cantine. L’avvicinamento via terra ci fa perdere l’aeroporto di Santiago Calatrava (2000) ma ci fa guadagnare la vista di un eloquente paesaggio verde, del tutto simile alle nostre prealpi, dandoci tempo utile per approfondire un po’ di storia e qualche notizia di attualità sul capoluogo della provincia di Bizkaia.
Costruita lungo le sponde del fiume Nervión, Bilbao è infatti capitale in pectore della comunità autonoma di Euskadi: è la città più rappresentativa di questo territorio e, con i suoi quasi 350.000 abitanti la più popolata dei tre centri principali (seguono la vera capitale Vitoria-Gasteiz, capoluogo di Araba/Álava, con poco più di 255.000, e Donostia-San Sebastián, capoluogo di Gipuzkoa con poco meno di 190.000). Storico porto cresciuto su industria metallurgica, cantieristica navale e produzione del cemento che fuori città lasciano tracce evidenti ancora in piena attività, ha affrontato la grave crisi industriale degli anni ottanta rispondendo con un celebrato piano che, spostando il porto verso il mare e liberando aree in città, ha dato vita a quell’effetto Bilbao ancora chiaramente percepibile, nonostante siano passati 30 anni.
Sul fiume Nervión, l’architettura internazionale in parata
Ed è proprio il Museo Guggenheim di Frank O. Gehry il punto di partenza, quasi obbligato, di una promenade architecturale emblema di un’intelligente rinascita. Inaugurato il 18 ottobre 1997, porta bene gli anni continuando a coniugare virtuosamente l’architettura e la grande arte contemporanea. Perno, urbano e mediatico, di una rinascita che nel settore nord ovest del distretto di Abando ha rigenerato i grigi, inquinati e degradati brownfields della sponda sinistra del fiume (che parte della popolazione ancora ben ricorda), è il protagonista assoluto di un’area ad alta densità di premi Pritzker e grandi nomi dell’architettura internazionale. Costruito sull’acqua, verso cui affaccia il fronte posteriore, lo scintillante e dinamico corpo del museo ben s’integra con il ponte di La Salve, il cui impalcato dagli anni settanta collega le sponde fluviali a oltre 20 metri di altezza e accompagna davanti a Puppy, il colorato e fiorito Terrier gigante di Jeff Koons che ne segna l’ingresso.
Alle sue spalle, una ben bilanciata coppia d’eccezione: le traslucenze e i tersi volumi della Biblioteca dell’Università di Deusto di Rafael Moneo (2009) e il bianco e minimalista auditorium dell’Università dei Paesi Baschi di Álvaro Siza (2011). Fuori scala sembrano invece i 165 metri della Torre Iberdrola, l’edificio più alto dei Paesi Baschi (e ottavo della Spagna) progettato da César Pelli con il suo grande involucro vetrato (2011).
Procedendo di poco oltre, verso lo stadio di San Mamés di César Azkarate (2013), ci troviamo invece di fronte a un altro simbolo della nuova Bilbao, secondo edificio completato dopo il museo: il Palacio Euskalduna di Federico Soriano e Dolores Palacios (1999), palazzo dei congressi e della musica che, nave arenata verso la città, con il suo asse inclinato rispetto alla riva ha fatto risorgere l’area dell’omonimo ex cantiere navale. Lungo la strada, l’occhio attento non può lasciarsi sfuggire le geometrie e i colori brillanti del meno pubblicato hotel Melià Bilbao, nato come Sheraton Abandoibarra Hotel, a firma del messicano Ricardo Legorreta (2004).
Spostandosi invece dal museo in direzione centro storico, incontriamo il ponte pedonale Zubizuri (in basco “ponte bianco”). Inaugurato nel 1997, sembra avere insegnato poco a Santiago Calatrava: la stessa pericolosità del ponte della Costituzione di Venezia (la cui costruzione si avvia nel 2001) è stata qui mitigata con antiestetici ma efficaci tappetini di gomma nera incollati sulle scivolose lastre di vetro strutturale della pavimentazione. Il ponte conduce all’imponente Isozaki Atea (“la porta Isozaki”), grande complesso misto progettato da Arata Isozaki, composto da cinque movimentati blocchi edilizi da cui emergono le due torri gemelle vetrate che segnano l’entrata nell’accogliente centro della città moderna, indicando la direzione di piazza Federico de Moyúa, crocevia attraversato dalla Gran Via intitolata al fondatore della città Don Diego López de Haro.
Tanti architetti, tanti edifici diversi legati in modo continuo ed efficace da curate aree verdi, vecchie e nuove, frequentati spazi pubblici e un lungofiume rinnovato e piacevolmente vivibile che ci sembra sia riuscito a creare un nuovo legame tra la città e la sua acqua.
Nel cuore di Abando, non può mancare una visita all’Azkuna Zentroa – Alhóndiga Bilbao (2010), enorme centro culturale intitolato a uno dei sindaci simbolo della rinascita, Iñaki Azkuna, che un progetto di Philippe Starck ha ricavato dentro gli ex magazzini comunali di vini e olio in attività dal 1909 al 1977 e poi dichiarati d’interesse culturale. All’interno di un involucro restaurato, un grande vuoto è popolato da tre nuovi volumi in mattoni a vista, sostenuti da 43 colonne disegnate dall’italiano Lorenzo Baraldi (tutte diverse: omaggio, un po’ kitsch, alla varietà delle culture). Insieme ai tre livelli sotterranei contengono un centro polifunzionale: mediateca, auditorium, cinema, spazi espositivi e per la creazione culturale e ristorazione che convivono con un centro fitness dalla spettacolare piscina sospesa. Salendo al quarto piano, è sempre accessibile la bella vista sulla città (e sulle parti storiche dell’edificio) che si gode dalla grande terrazza, d’estate condivisa con il solarium del centro fitness. Nonostante la fugace visita domenicale, sorprende la grande superficie destinata alla cultura in un edificio che avrebbe potuto comodamente accogliere i molti piani di un nuovo El Corte Inglés.
La prossima frontiera
Oggi è evidente anche alla breve visita quanto, con tempismo e visione, Bilbao sia stata abile a sfruttare la stagione della star architecture e punti ora invece sulla città, sulla sua integrazione dentro un sistema sovralocale, sulla qualità degli spazi pubblici e sul verde, sull’accessibilità e su un efficiente sistema di trasporti che ha permesso l’introduzione del limite dei 30 Km/h alla circolazione veicolare (che alla guida, sebbene vacanziera, funziona bene).
A inizio 2023 è stato presentato il piano “Bilbao sostenible: agenda 2030 y ODS” che, impostato nel 2019, sposta i termini della crescita urbana: meccanismi di gestione, coinvolgimento della cittadinanza e integrazione della sostenibilità dei processi. Sempre più centrale è il mantenimento dell’attrattività attraverso la costruzione di una narrazione urbana per la scena globale.
La fine di una stagione sembra essere confermata dall’espansione verso l’Oceano, dove stanno sorgendo complessi residenziali e misti tanto nuovi quanto ordinari. Tra questi, il distretto di Zaha Hadid Architects (in cantiere) che sta ricostruendo la punta della grande isola fluviale di Zorrozaurre, dove sono previste residenze, commercio e terziario, di poco anticipati dal griffato Puente San Ignacio. Vi si può arrivare con i mezzi pubblici o lungo le sponde del Nervión attrezzate di nuove piste ciclabili, percorsi pedonali, spazi per la sosta e il tempo libero, con un progetto del verde che illustra le scelte di specie ed essenze locali. Un’azione di rigenerazione che tuttavia sembra non essere (ancora?) riuscita a spingersi a scurissime acque che per decenni sono state tra le più inquinate del continente (ma di domenica adesso ci si pesca).
Sulla sponda sinistra, più scoscesa ma già ben infrastrutturata, aree produttive ancora in attività si affiancano a una discreta quantità di brownfields che, Grandes Molinos Vascos in testa, lasceranno prima o poi spazio a nuovi progetti (magari alla Latz + Partner?).
Una salita, d’obbligo, sullo storico monte Artxanda tramite la funicolare ultracentenaria (inaugurata nel 1915), apre un immancabile sguardo sulla forma urbis. La sua partenza, vicino al ponte di Calatrava, si trova dietro una grande, curata e ben inserita parete di verde verticale e conduce a una stazione di arrivo che un cartello di cantiere ci dice essere in ammodernamento per 1,5 milioni di fondi del Plan de la recuperation, traformacion y resiliencia.
Da Norman Foster, la centralità della mobilità
L’inaugurazione, nel 1995, della prima linea della metropolitana e l’affidamento del suo progetto, nell’ormai lontanissimo 1988, a Norman Foster è stato uno dei primi segni tangibili del cambio di passo. Gli ingressi attraverso i “fosteritos” (così sono chiamati i tipici tunnel in vetro e acciaio che identificano molti accessi), trasportano all’interno di stazioni high-tech ancora suggestive con strutture metalliche a vista, parapetti in acciaio inossidabile e pareti rivestite da grandi pannelli in cemento armato a vista.
La sua progressiva estensione a tre linee, che dovrebbero diventare cinque, ci comunica la centralità strategica della mobilità e dell’accessibilità urbana. Oggi è possibile attraversare tutta Bilbao, coperta capillarmente, e arrivare fino all’Oceano, al porto o alle spiagge, tramite un vero collegamento “metropolitano”. La rete sotterranea è completata in superficie dai tram e da una flotta di veicoli nuovi, tutti elettrici o ad alimentazione ibrida.
Una nota sull’intelligente formula di utilizzo: l’accesso, fortemente scontato anche per i visitatori occasionali, attraverso una carta ricaricabile non personale, valida 5 anni, che abbiamo potuto utilizzare anche nella nostra tappa successiva, Donostia-San Sebastián. Un semplice ma grande incentivo per l’utilizzo del trasporto pubblico.
Un po’ ovunque, piste e percorsi ciclabili, esclusivi e promiscui, ben segnalati su strade urbane in buone condizioni e ordinate, anche se il servizio di bike sharing sembra essere meno sviluppato rispetto ad altre città, forse anche per l’orografia di una città incuneata tra fiume e colline.
Alcune criticità
Una mattinata trascorsa a passeggio per le strette vie del casco viejo, pedonale, rivela come anche qui il centro storico antico non sfugga alla gentrificazione. Dappertutto bar, ristoranti, negozi di souvenir, second hand, catene internazionali, qualche farmacia, banche, molti venditori ambulanti in strada, negozi di telefonia hanno invaso edifici in cui sopravvive solo qualche vecchio negozio a servizio del turismo. Lungo le rive del fiume, il recupero del Mercado de la Ribera ci porta dentro un esempio di trasformazione molto diffuso nella penisola iberica, dalla Boqueria di Barcellona al Mercado de Triana a Siviglia al Mercado do Ribeira di Lisbona (che tra l’altro ospita anche il coworking Second Home progettato da SelgasCano). Tralasciando gli esiti del recupero architettonico, funziona anche qui un mix di vendita e consumo che purtroppo in Italia non sembra riuscire a prendere piede.
Alle spalle della stazione, il grande trincerone ferroviario a cielo aperto rappresenta ancora un nodo critico, solida barriera tra il centro vecchio e quello nuovo, Bilbao La Vieja e Abando, nonostante gli interventi completati con apprezzabili risultati nella parte più antica: la grande piastra sui binari del Puente de Cantalojas (2004), il ridisegno del lungofiume di fronte al casco viejo (tra 2002 e 2005), la rinnovata Plaza del Corazón de María (2011) e tutta l’area di Miribilla con la nuova Bilbao Arena di Javier Pérez Uribarri e Nicolás Espinosa Barrientos (2010), che sfrutta efficacemente una posizione sopraelevata, richiamando il verde degli alberi con i suoi pannelli metallici ispirati alle foglie.
Immagine di copertina: Bilbao dal Monte Artxanda (© Laura Milan)
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infrastrutture , L'archiviaggio , rigenerazione urbana , spagna , spazio pubblico
Last modified: 4 Settembre 2024