Le iniziative in tutta Italia per ricordare il sociologo, poeta, educatore e attivista della non violenza nel centenario dalla nascita
Il 18 giugno di cent’anni fa, a Sesana (allora provincia di Trieste), nasceva Danilo Dolci (1924-1997). Egli scelse la Sicilia per diventare, secondo la definizione di Bruno Zevi, “architetto di uomini” e lottare con gli “ultimi” per trasformare democraticamente luoghi e comunità attraverso un metodo fondato sulla comunicazione e l’apprendimento che volle chiamare “maieutica reciproca”.
Dolci e l’Italia nascosta: storie di lotta e riscatto
Dopo aver girato l’Italia seguendo il padre capostazione, Dolci studia Architettura al Politecnico di Milano e nel 1950, poco prima della laurea, lascia la città per raggiungere Nomadelfia, il villaggio fondato da don Zeno Saltini per ospitare gli orfani di guerra. Successivamente nel 1952 si stabilisce in contrada Borgo di Dio a Trappeto, piccolo comune della provincia di Palermo dove aveva vissuto da ragazzino con la famiglia. Qui, insieme a un gruppo di disagiati del paese, costruisce una casa-asilo per assistere e istruire i bambini più poveri.
Parallelamente inizia a indagare le condizioni socio-economiche dell’isola con inchieste e ricerche raccolte in opere radicali e polemiche che lo portano alla ribalta internazionale attirandogli anche odi profondi. Opere come Fare presto (e bene) perché si muore, Banditi a Partinico, Inchiesta a Palermo e Spreco in cui le storie di vita, i racconti in prima persona, gli intrecci tra biografia, storia locale e storia globale servono a documentare e provare a risolvere i problemi degli “ultimi” esemplificando un modo di guardare il mondo in cui ogni esperienza, fatto e parola compone il multiforme mosaico della vita.
Il risveglio di una comunità per la trasformazione della Sicilia
Le inchieste parlano di una terra i cui problemi non nascono dalla mancanza di risorse ma dal loro colpevole “spreco“. Per questo, nelle conversazioni con la gente del luogo, insieme alla rappresentazione di “ciò che è”, Dolci mira a facilitare la visione di “ciò che potrebbe essere” e “non è ancora”. Durante un incontro di gruppo, un vecchio contadino ha l’intuizione del grande “bacile” (bacinella in siciliano) dove raccogliere le piogge altrimenti sprecate in mare e da qui nasce il sogno collettivo della diga sul fiume Jato che sarà realizzata in soli cinque anni dopo una serie di marce, digiuni, proteste non violente e il clamore dell’arresto per aver aizzato le folle con uno “sciopero alla rovescia” ritenuto illegale.
Dolci definisce la diga sullo Jato una “leva per il cambiamento strutturale della Sicilia”: la popolazione locale, prima rassegnata alla sopraffazione e alla miseria, lottando per il diritto all’acqua, inizia a riscattarsi, il processo richiama l’attenzione e il sostegno d’intellettuali come Ignazio Silone, Ferruccio Parri, Pratolini, Vittorio Sereni, Alberto Moravia, Federico Fellini, Corrado Cagli, Bruno Zevi, Paolo Sylos Labini, Aldo Capitini e Jean Paul Sartre, mentre la difesa di Piero Calamandrei accende l’interesse non solo nazionale sullo stato della Sicilia di quegli anni e spinge il Paese ad interrogarsi sul senso dell’articolo 4 della Costituzione. La realizzazione della diga rafforza la comunità e fa avviare una serie di rapporti e collaborazioni cruciali per le successive attività di Dolci.
Occupazione, formazione, educazione
Nel 1958 Dolci ottiene il “Premio Lenin per la pace” e con la somma ricevuta fonda a Partinico il “Centro studi e iniziative per la piena occupazione” che, anche grazie all’aiuto economico di sostenitori sparsi tra l’Italia e l’Europa, estende l’attività a Roccamena, Corleone, Menfi, Cammarata e San Giovanni Gemini.
Dolci e i suoi collaboratori lavorano all’educazione della comunità locale e, accanto alla casa-asilo di Borgo di Dio, erigono un capannone di oltre 300 posti dove tenere assemblee ed istituire la prima Università popolare d’Italia. Qui, nel 1968, nasce il “Centro di formazione per la pianificazione organica”, che ospiterà incontri e laboratori maieutici che coinvolgono gente comune, professionisti e intellettuali come Elio Vittorini, Lucio Lombardo Radice, Ernesto Treccani, Antonio Uccello, Eric Fromm, Johan Galtung, Emma Castelnuovo, Clotilde Pontecorvo, Paolo Freire e Lewis Mumford.
A inizio anni ‘70, il progetto del Centro educativo sperimentale di Mirto a Partinico rappresenta il naturale approdo dell’esperienza di ricerca e azione di Dolci poiché, nella consapevolezza che “ciascuno cresce solo se sognato”, applica i temi della partecipazione e della maieutica reciproca alla concezione di una nuova idea di spazio in cui far crescere bambini e ragazzi da 0 a 16 anni. Sin dalla fase ideativa, il centro educativo costituisce una “scuola di democrazia” per i bambini, le famiglie e gli educatori che partecipano alle riunioni maieutiche per discutere e definire sia il metodo educativo sia lo spazio che lo accoglierà. Tuttavia, a causa dei problemi economici sorti durante la realizzazione, quest’esperienza collettiva si fermerà alla costruzione di uno solo degli edifici programmati e dell’auditorium sulla collina.
Visione ecologica e multi-scalare
Pur nutrendosi del confronto con la cultura e le specificità locali, i progetti promossi da Dolci sono stati l’esito di una fitta rete di relazioni tra una dimensione solo apparentemente “isolata”, periferica e marginale, con una più vasta dimensione internazionale. La diga sullo Jato, il Borgo di Dio e il Centro educativo di Mirto testimoniano la capacità di declinare a scala locale temi e dibattiti di portata internazionale con l’obiettivo di avviare un percorso di riscatto volto a trasformare l’emergenza in risorsa e strumento di progetto.
Quello di Dolci fu un lavoro caratterizzato dalla dimensione sociale e politica di un diverso modo di progettare e fare architettura. I temi di quest’articolato lavoro di ricerca e azione sono accomunati da una visione ecologica e multi-scalare oggi di grande attualità.
Non a caso, il centenario è segnato dalla ristampa di molte sue opere, dal fitto calendario d’iniziative promosse in tutta Italia dal “Centro per lo sviluppo creativo Danilo Dolci”, dallo sviluppo del progetto di ricerca annuale “Paesaggi aperti” promosso da In/Arch e IN/Arch Sicilia e finanziato dal bando FRES del MUR e dall’avvio di un progetto per catalogare mezzo secolo di documenti tra testi, fotografie e manifesti che raccontano l’esperienza di Dolci e sono oggi custoditi in una scuola di Partinico.
Immagine copertina: Danilo Dolci e Peppino Impastato nel 1967 alla Marcia della protesta e della speranza (© Archivio Danilo Dolci)
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anniversari , cultura , Pianificazione , sicilia
Last modified: 23 Luglio 2024