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Luigi BartolomeiWritten by: , Forum

Ferrara: la piazza è mia!

Ferrara: la piazza è mia!

Il caso del Ferrara Summer Festival e la privatizzazione delle piazze storiche italiane: riflessioni sulla mercificazione del patrimonio culturale

 

 

FERRARA. La città del Rinascimento, patrimonio UNESCO dal 1955, d’estate si privatizza. Piazza Trento e Trieste, cuore della città e storico accesso alla Cattedrale, dal 20 giugno a inizio luglio è stata transennata da funeree paratie che del monumento simbolo della città hanno complicato l’accesso diurno e mozzato la visione, per controllare gli accessi dei concerti a pagamento. Dal 4 al 14 luglio gli eventi del Ferrara Summer Festival sono invece accasati in piazza Ariostea, più periferica nell’assetto della città storica e di tutt’altra valenza simbolica: un miglioramento rispetto all’edizione dell’anno passato, quando l’intera programmazione si svolse a fianco della Cattedrale; per chi – naturalmente – ne avesse acquistato i biglietti.

 

Spazi pubblici storici… temporaneamente privati

Il carattere effimero dell’iniziativa non consente tuttavia di eludere alcune questioni circa l’uso di quei luoghi delle città storiche che sono, quanto al diritto, spazi pubblici e quanto al significato, unitari e simbolici. Vi è anzi il rischio concreto che la sospensione – ancorché temporanea – della funzione pubblica, comporti un corrispondente logoramento della comprensione semantica. Ciò solleva anche il tema della conservazione, che non tocca solo la sfera della produzione materiale.

Questa, tuttavia, non si può eludere. Poiché privatizzare significa escludere, le scorse settimane hanno visto l’innalzamento e la successiva rimozione di una lunga barriera di fronte al Municipio. Paracarri antisfondamento, in cemento armato, da strada a scorrimento veloce, sono intervenuti in uno spazio che la nobiltà dei materiali e la quantità dei dettagli consegnano alla fruizione lenta, a piedi o in bicicletta. Erano il sostegno a tessuti di poliestere con le serigrafie delle trifore della Cattedrale che essi in parte celavano, lasciando tra i montanti qualche feritoia per intravedere l’ampio palco allestito all’altro lato della piazza, sotto il campanile di Leon Battista Alberti. 

 

Piazza Trento e Trieste: il Ferrara Summer Festival nel cuore della città

Per chi fosse lontano da Ferrara, piazza Trento e Trieste, già “Piazza delle erbe”, è la piazza simbolo della città. Coeva alla Cattedrale di San Giorgio, ne occupa il lato meridionale, dopo la mediazione offerta dalla “Loggia dei merciai”, storica dimora di botteghe, ancora oggi occupata da attività commerciali. Sul lato est la piazza è arginata dalla Loggia di San Crispino, antica sede della corporazione dei calzolai, oggi sede di un’ampia libreria. Sul lato sud il Teatro nuovo, l’ex Chiesa di San Romano (sede del museo della Cattedrale) e il Palazzo della ragione con annessa Galleria Matteotti. Sul lato ovest si erge la Torre della Vittoria e uno scorcio del Palazzo municipale. 

Per due settimane, tale palinsesto è stato dimenticato: le facciate vengono vendute come scenografie vuoto a rendere per chi ne avesse acquistati i biglietti. L’ex Chiesa di San Romano è stata cinta da teli neri per ospitare un punto di ristoro e sul suo fianco ha accolto le cabine in plastica dei bagni chimici.

La Cattedrale, tempio di un accordo inedito e unico tra romanico e gotico, da poco riaperta dopo 5 anni di restauri e opere di consolidamento ancora in corso sulla facciata, è rimastaletteralmente – “spiazzata”, con la comunità che da poco l’ha ritrovata, disorientata dalla sensazione di trovarsi nella cassa armonica per i sound check dei concerti, piuttosto che in un luogo restituito alla pace e alla preghiera. Il campanile dell’Alberti, che alla riapertura della Cattedrale aveva sostituito prudenzialmente allo scampanio il suono elettrico delle campane per prevenire il rischio di distacchi di elementi lapidei dai pilastri angolari, è stato esposto all’onda d’urto delle casse dei concerti e agli affondi dei bassi, in attesa di un intervento che inizierà dunque solo a valle del festival.

 

Il mercimonio delle piazze, un fenomeno dilagante

Ma Ferrara non è sola. La città si allinea ad un fenomeno dilagante nella penisola, che già Italia Nostra aveva giudicato esiziale: la riduzione e la svendita del patrimonio culturale come immagine, lo sfruttamento dell’elemento suggestivo nella dimenticanza della sua fragilità e, soprattutto, del suo significato. Simonia di amministrazioni di piccolo cabotaggio, che non temono e non valutano le conseguenze nel lungo periodo (materiali e valoriali) di mercificazioni dello spazio non soltanto pubblico ma, soprattutto, simbolico della città. 

Le piazze non sono mai state un vuoto prono alla glorificazione delle apparenze monumentali dei poteri che su di esse si sono affacciati. Anzi, sugli edifici che le assediano, le piazze sono state vincitrici nel segno dello spazio pubblico, presentando un vuoto come rifiuto di ogni polarizzazione semantica, luogo sacro (e perciò indisponibile) della collettività e delle forme della sua autorappresentazione, manifestata nel tempo in performances festose o cruente, esibizione di coesione sociale o di fratture e contraddizioni. 

 

La civiltà dei consumi e il dilemma della conservazione

Torna attualissima la lezione di Pier Paolo Pasolini.

Con lui, si deve nuovamente riscontrare che quanto le signorie, la chiesa e nemmeno, più recentemente, la dittatura, sono state in grado di produrre, la civiltà dei consumi lo realizza facilmente e con leggerezza, nell’indifferenza di tanti, nell’assunto che non esistono valori che non si possano, per un paio di settimane, mercificare.

Conservare, invece, non riguarda solo la dinamica dualistica d’impedire eventi e autorizzare restauri ma concerne anche la capacità di costruire percorsi di valorizzazione e memoria. E così, per parte nostra, dai lettori ci congediamo con il ricordo di quel simpatico e povero folle dell’Italia meridionale che, pur diverso e distante da quello colto e disperato che aveva inaugurato il Novecento urlando dell’omicidio di Dio, denunciava a suo modo la fine degli universali contrastando l’apertura in piazza di un cinema a pagamento con il grido, lanciato dall’alto di un monumento: “La piazza è mia!”. Risero tutti.

 

Immagine copertina: © Alberto Squarcia 

Autori

  • Luigi Bartolomei

    Nato a Bologna (1977), vi si laurea in Ingegneria edile nel 2003. È ricercatore presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, ove nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica. Si occupa specialmente dei rapporti tra sacro e architettura, in collaborazioni formalizzate con la Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna ove è professore invitato per seminari attinenti alle relazioni tra liturgia, paesaggio e architettura. Presso la Scuola di Ingegneria e Architettura di Bologna insegna Composizione architettonica e urbana, ed è stato docente di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture. È collaboratore de "Il Giornale dell'Architettura" e direttore della rivista scientifica del Dipartimento, “in_bo. Ricerche e progetti per il Territorio, la Città, l’Architettura”

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  • Nata nella Repubblica di San Marino (2001), studentessa di Ingegneria Edile-Architettura all'Università di Bologna. Si interessa particolarmente di architettura contemporanea, temi ambientali, materiali e sistemi costruttivi innovativi.

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Last modified: 17 Luglio 2024