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Emanuele PiccardoWritten by: Forum

Catastrofi: come Heidi, continuiamo a vivere in modo naif

Catastrofi: come Heidi, continuiamo a vivere in modo naif

Cambiamento climatico, eventi estremi e comportamenti: riflessioni a margine delle alluvioni a Cogne e Cervinia

 

«Heidi il tuo nido è sui monti, Heidi eri triste laggiù in città… Heidi le caprette ti fanno ciao…». Con questa famosa canzone di Elisabetta Viviani noi, nati negli anni settanta, aspettavamo i cartoni animati che raccontavano la montagna come luogo idilliaco. Basati sull’omonimo romanzo per ragazzi scritto nel 1880 dall’autrice svizzera Johanna Spyri, Heidi fu una serie animata prodotta nel 1974 dallo studio di animazione giapponese Zuiyo Eizo, diretta da Isao Takahata e disegnata da Hayao Miyazaki. La montagna che ha tanto ispirato gli scrittori, gli intellettuali e gli architetti nel corso del Novecento, che ne hanno tratteggiato le storie delle malghe, dei pionieri alpinisti, dei viaggiatori e vi hanno costruito dimore per le vacanze e lo sport disegnati dai vari Carlo Mollino, Franco Albini, Mario Galvagni, Edoardo Gellner, oggi è ferita, dopo le recenti alluvioni a Cogne e Cervinia.

Il cambiamento climatico che trasforma sempre più le nostre abitudini quotidiane ha generato distruzione. La natura ci ha mostrato tutta la sua potenza incontrollabile per noi esseri umani incapaci di adattarci a questa nuova situazione. Non abbiamo consapevolezza che lo scenario sia mutato. Non c’è più l’occasionalità di alluvioni, maremoti e trombe d’aria, ma è diventata routine assistere alla furia dei venti, dei mari e dei fiumi in un contesto catastrofico. Eppure il genere cinematografico del disaster movie ci ha messo in guardia dalle conseguenze estreme del clima, ma noi continuiamo come Heidi a vivere in modo naif le nostre esistenze senza farci domande.

La sintesi è rappresentata dal fallimento dell’esercitazione che si è svolta a Pozzuoli in caso di terremoto dell’area dei Campi Flegrei. La bassa partecipazione della popolazione dimostra quanto il grave problema del suolo venga qualificato come irrisolvibile. Quindi, che San Gennaro ci protegga, ma i santi non sempre esaudiscono le nostre preghiere.

 

La prevenzione, questa sconosciuta

Lo stesso vale per la montagna che riempie le pagine di cronaca mediatica quando muoiono gli alpinisti o si stacca un seracco da un ghiacciaio, ma non si parla mai di prevenzione. Scorrendo la lista dei comuni, sul sito web della Regione autonoma Valle d’Aosta, che hanno redatto il piano di emergenza di protezione civile risultano sia Cogne che Valtournenche (comune di appartenenza di Cervinia, ma nelle rispettive sezioni di amministrazione trasparente non vi è traccia. Continua a mancare una prevenzione e una progettualità che riesca a disegnare degli scenari a medio e lungo termine, partendo dalla scuola dell’obbligo a informare i cittadini del futuro sul comportamento da tenere in caso di catastrofe. Sono passati quasi tredici anni dall’alluvione alle Cinque Terre e dagli articoli che scrissi, ma siamo ancora oggi a pensare all’economia turistica e non a salvaguardare il nostro patrimonio culturale primario: la natura.

 

Cambiare paradigma

Occorre cambiare modo di governare i territori, pretendere dagli amministratori progetti concreti di manutenzione del territorio, investire nell’educazione alle catastrofi che vanno conosciute, imparando a conviverci e sapendo esattamente cosa fare quando si manifestano. Ma se questo non accade in un’area tutelata come il parco del Gran Paradiso, dove può avvenire? Forse nelle lande desolate delle aree interne degli Appennini che non hanno risonanza mediatica? Non si studia cosa fanno le altre nazioni per avvisare i cittadini, come ad esempio la protezione civile americana (Federal Emergency Management Agency – FEMA).

Infatti, siamo ancora indietro sugli alert alla popolazione, nonostante i test fatti nel corso del 2023 con IT-alert. Un sistema che per ora prevede solo le seguenti tipologie di catastrofi: incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica; incidenti rilevanti in stabilimenti industriali; collasso di una grande diga; attività vulcanica nelle aree dei Campi Flegrei, del Vesuvio e all’isola di Vulcano. E le alluvioni e i tornado? Sono previste, ma ci vorrà ancora tempo per i test e le verifiche. Tuttavia, le catastrofi non aspettano i tempi della politica.

Le immagini delle alluvioni di Cogne e Cervinia, sono le stesse delle alluvioni in Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria degli ultimi vent’anni. Alluvione dopo alluvione, la macchina della retorica ipocrita ritorna ogni volta: “forza della natura”, “non si poteva prevedere un fenomeno così” “ce la faremo a risollevarci”. Fortunatamente non ci sono state vittime e la concretezza della gente di montagna consentirà a questi territori di rinascere.

Tuttavia occorre ripensare alla forma urbana di questi luoghi, lavorando insieme agli scienziati per elaborare strategie di adattamento ai fenomeni estremi, bisogna cambiare politica. D’altronde questi piccoli comuni sono amministrati con buona volontà che non è sufficiente. Dei progetti PNRR di Valtournenche nessuno affronta la prevenzione delle catastrofi; per Cogne c’è solo l’adeguamento sismico di una scuola. Nessun progetto riguarda l’educazione ambientale e gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, come ad esempio l’obiettivo 12 che intende garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo, o il 13 che promuove azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico.

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 12 Agosto 2024