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Riccardo ChiaroWritten by: Reviews

Carlo Scarpa e Poul Kjærholm, due maestri del Novecento a Tokyo

La silenziosa ricerca sulla geometria delle forme fra architettura e design: l’influenza nipponica nei giardini di Scarpa e il carattere scandinavo negli arredi di Kjærholm

 

«Carlo Scarpa / Sekiya Masaaki. Lo spazio dei giardini tra progetto e fotografia»

TOKYO. Presso l’Istituto Italiano di Cultura, fino al 5 settembre, è visitabile una sorprendente quanto ben orchestrata esposizione sull’impegno infaticabile del fotografo giapponese Sekiya Masaaki (1942-2003) nel trasporre in linguaggio fotografico, e a più riprese nel corso degli anni, l’architettura di Carlo Scarpa (1906-1978). Curata da J.K. Mauro Pierconti, la mostra approfondisce in particolare il tema dove forse risalta maggiormente, più che in altri aspetti della ricerca del maestro veneziano, il profondo legame con l’arte giapponese. «La pervasiva presenza dell’acqua, la compenetrazione tra natura umana e artificio e la convivenza di solidità e fragilità», sostiene infatti la direttrice Silvana De Maio, «sono i tratti distintivi dei giardini scarpiani, che dichiarano apertamente la loro vicinanza alla sensibilità culturale e alla pratica architettonica giapponese».

L’allestimentosobrio e funzionale, lascia al visitatore l’opportunità di scoprire le intime relazioni tra le acute e documentative fotografie di Masaaki e le sorprendenti testimonianze fotografiche quanto storiche, qui per la prima volta esposte, scattate da Scarpa stesso a Kyoto sul finire dell’estate 1969, nel suo primo viaggio in Giappone. Raffiguranti principalmente Villa Katsura, il padiglione d’oro Kinkaku-ji e il celebre giardino secco karesansui presso il tempio Ryōan-ji, le immagini ritraggono, con grande carica emotiva e suggestiva, e non senza interesse verso i dettagli, quei luoghi sacri e cari a Scarpa ma fino ad allora conosciuti e studiati solo attraverso carta stampata.

«In quell’occasione», scrive Pierconti, «Scarpa era riuscito a penetrare che cosa significasse erigere un tempio nella natura, approntando la natura stessa a quel ruolo, calibrando strumenti, quali la fragilità dei materiali, che lui già ben conosceva […]. E ciò che in Giappone vedeva confermato era proprio il fatto che era possibile non solo convivere con la fragilità, ma utilizzarla; non subendola ma sapendola trasformare in valenza progettuale».

Nella seconda parte della mostra invece, viene esposto un numero importante di schizzi e disegni personali di Scarpa per la progettazione di Tombra Brion a San Vito d’Altivole (Treviso). Se ne deduce che il maestro veneziano sia riuscito a coinvolgere, nella sua silenziosa e intima ricerca compositiva, la ricca moltitudine figurativa nipponica, senza mai ricorrere a mere citazioni. «Non ci sono regole da dichiarare», scrive a tal proposito Gianluca Frediani nell’accurato saggio Armonia segreta (2019), «ma solo esperimenti da condurre; equilibri e rapporti da intendere e perfezionare».

 

 

Poul Kjærholm: Timeless Minimalism. Furniture by a Master of Modern Danish Design from the Oda Collection

C’è invece tempo fino al 16 settembre per visitare, presso lo Shiodome Museum of Art, l’inedita quanto ricca retrospettiva sull’opera del danese Poul Kjærholm (1929-1980). La mostra, magistralmente allestita dall’architetto giapponese Tsuyoshi Tane (ATTA) con la cooperazione dell’azienda danese Fritz Hansen, rievoca con 50 pezzi provenienti dalla Collezione giapponese Oda, arricchiti da disegni e fotografie, le linee ricercate e senza tempo del design scandinavo.

Strutturata seguendo un andamento temporale, la mostra esordisce con i primi capolavori della giovinezza per proseguire attraverso il periodo più complesso e fruttuoso della sua produzione, mettendo in luce la grande varietà di materiali e forme indagate. Si prendano come esempio le due poltrone “PK0” e “PK25”: l’una definita dall’incrocio sinuoso di due soli elementi in legno sagomato nero; l’altra composta da un telaio in acciaio inossidabile di soli 12 mm con sedile e schienale in corda di fibra naturale, dal delicato contrasto cromatico.

Secondo i curatori della mostra, Kjærholm ha saputo definire un design personale e innovativo senza compromessi, spingendosi oltre i confini del minimalismo, catturando la ricchezza della struttura ed eliminando gli elementi superflui. La sua ricerca si può così definire come il frutto dell’impiego di materiali innovativi e tradizionali, dove coesistono soluzioni strutturali ed estetiche differenti per un design industriale coerente e minimale, caratterizzato da gravità e leggerezza. Della sua instancabile ricerca alla perfezione, l’architetto danese Jørn Utzon (1918-2008) scrive che «Un mobile di Kjærholm è come un elegante personaggio che conferisce solidità e calma all’ambiente in cui si trova. Kjærholm è entrato in scena in un momento in cui l’arredo danese aveva raggiunto lo zenit, sia in patria che all’estero [..], il suo lavoro ha trovato una collocazione naturale, a livello dei suoi predecessori. Ha ampliato il design con una visione completamente nuova, e per questo è da ricordare».

Immagine copertina Yukie Mikawa

Autore

  • Riccardo Chiaro

    Architetto (1995), si è laureato presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara, dopo un periodo di studi a Lisbona, Portogallo. Nel 2021 vince il Premio Gubbio - Sezione universitaria, per il miglior progetto di tesi magistrale nell’ambito del recupero dei centri storico-artistici. Dopo tre anni di esperienza professionale a Parigi, lavora oggi presso Kengo Kuma&Associates a Tokyo.

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Last modified: 3 Luglio 2024