L’immobilismo politico sta compromettendo il palazzo del Parlamento inglese, bene culturale simbolo della democrazia britannica
LONDRA. Con l’incombere delle elezioni, anticipate al 4 luglio, anche la votazione sui lavori che si sarebbe dovuta tenere a fine maggio 2024 è stata rimandata, lasciando le sorti del complesso monumentale nell’ennesima fase di stallo.
Urgenza di restauro e dilemma politico
Secondo il giudizio della Joint Committee on the Palace of Westminster, il complesso che ospita il Parlamento inglese sta fronteggiando una crisi che non può essere ignorata, con rischi noti già dal 2016. La situazione è tale che, se non verrà messo in atto un importante programma di azioni di restauro e messa in sicurezza degli ambienti, Westminster corre il rischio di non poter essere più un bene fruibile e correttamente tutelato.
La pianificazione dei restauri ha avuto diversi rinvii nel corso degli ultimi sei anni, nonostante sia oramai evidente la sua ineluttabilità. La proposta preliminare, risalente al 2018, di evacuare temporaneamente l’edificio, per dar modo agli interventi di essere svolti più celermente, aveva da subito suscitato numerosi malumori, soprattutto per il simbolismo politico del manufatto.
Come ricordato da Alexandra Meakin e Sabina Siebert dell’Università di Leeds, è necessario interrogarsi ora su cosa voglia dire intervenire su un‘opera che rappresenta l’identità comune di una nazione e, soprattutto, in che modo i “custodi” del Parlamento (come si sono definiti i parlamentari nel corso del dibattito preliminare del 2016) debbano intervenire: se nel loro personale interesse d’ingraziarsi l’opinione pubblica, non aumentando la tassazione necessaria agli interventi, o preservando concretamente il patrimonio culturale della nazione, a scapito di quelli che possono essere gli umori della popolazione. Il dibattito è ancora in corso, e non sembra avere una conclusione nel breve periodo.
Una storia di ricostruzioni e sfide strutturali: “com’era e dov’era”
Il complesso di Westminster, iscritto nella lista del Patrimonio dell’Unesco, è frutto di un’estesa ricostruzione in stile neo-gotico, realizzata a partire dal 1840 su progetto di Charles Barry a seguito di un vasto incendio, a cui ha fatto seguito la ricostruzione dell’ala della Camera dei Comuni dopo i bombardamenti del 1941, secondo il principio del “com’era e dov’era” e riproponendo, quindi, il progetto ottocentesco di Barry. Dalla conclusione di tale restauro, nel 1950, non sono stati eseguiti interventi di grande rilevanza, nonostante siano chiari – secondo i rapporti parlamentari, almeno dal 2015 – i numerosi problemi legati alla presenza di amianto, di un impianto elettrico datato e non revisionato nella sua interezza – con costante rischio di cortocircuiti e incendi –, di ricorrenti inondazioni e infiltrazioni, e di distacchi e crolli limitati di porzioni di murature, apparati decorativi e vetrate.
Costi di riparazioni settimanali alle stelle
Rimandare una più ampia campagna di restauro, per quanto possa essere sembrata la soluzione più conveniente dal punto di vista dello stanziamento economico, si è rivelata tuttavia molto più onerosa: si stima che per riparazioni mirate e limitate alla manutenzione delle sole parti in condizioni critiche – che aumentano con il passare del tempo – gli interventi siano arrivati a costare fino a due milioni di sterline a settimana, secondo le dichiarazioni rese alle testate giornalistiche «Politico» e «The Guardian», che si sommano ai costi degli interventi palliativi realizzati negli ultimi anni per migliorare temporaneamente le condizioni di sicurezza antincendio e del sistema fognario (rispettivamente pari a 140 e 8 milioni di sterline).
Trasferimento temporaneo o convivenza col restauro?
Allo stato attuale, sono state individuate due opzioni, sulle quali i parlamentari dovrebbero prendere una decisione definitiva: il momentaneo trasferimento di tutte le funzioni presenti nell’edificio, soluzione meno onerosa e che richiederebbe di completare un processo di dislocazione già in corso, date le condizioni degli ambienti di Westminster; o una forma di co-presenza delle funzioni parlamentari e di restauro, più complessa da gestire. Data la previsione di elezioni generali entro gennaio 2025 e per non doversi esporre su una tematica che graverebbe sulle finanze pubbliche, a fine 2023 i parlamentari sono stati chiamati solamente a “prendere nota” delle possibili soluzioni, rimandando di fatto una scelta e continuando a mettere a rischio la salvaguardia di un complesso architettonico che non è solo simbolo politico, ma soprattutto memoria e identità della comunità. Le possibilità che vengano effettuati degli estesi interventi di restauro – che allo stato attuale potrebbero superare il costo di 13 miliardi di sterline – risultano sempre più remote.
Primi interventi e decisioni future
Nel frattempo, sono stati iniziati dei lavori più limitati sulle strutture superstiti del XVI secolo, con la pulitura e la sostituzione di parte del materiale lapideo. Si spera, in questo modo, di mostrare dei risultati ai parlamentari e convincerli dell’urgenza e della necessità dello stanziamento economico.
I quesiti aperti, nel campo degli interventi di tutela, rimangono ancora molti: come si deciderà di affrontare il restauro delle parti, già ricostruite in stile a seguito dei bombardamenti; che stile adottare per le parti da ricostruire o ammodernare – soprattutto per quanto riguarda gli arredi; si opterà per delle semplificazioni dell’apparato figurativo o per delle differenziazioni della lavorazione superficiale dei materiali, qualora fosse necessaria la sostituzione degli stessi?
Immagine copertina: Il palazzo di Westminster visto dal Tamigi dopo l’incendio del 1834 (Museum of London)
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architettura e politica , londra , restauro
Last modified: 26 Giugno 2024