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Matteo PirolaWritten by: Reviews

Art Basel 2024: architettura in fiera e fuori

Art Basel 2024: architettura in fiera e fuori

Report dalla rassegna di Basilea, tra innovazione e riflessione sociale, passando per le installazioni, le opere in città e i premi connessi

 

BASILEA (SVIZZERA). Visitare Art Basel è sempre una straordinaria occasione per incontrare tutte le espressioni artistiche, compresa ovviamente l’architettura, che si manifesta in questi casi sotto varie “forme”, da quella dipinta a quella installativa, fino alla tradizionale forma edilizia che si dovrebbe però generare, sempre e comunque, dall’arte dello spazio.

 

Il percorso espositivo in padiglioni

Percorrendo i padiglioni principali della fiera e gli ambienti degli eventi satellite, molte sono le opere con suggestioni che rimandano all’architettura, che la indagano, la provocano, la idealizzano, la ricordano e la stimolano. Tra i più interessanti esempi “primari” in mostra, alcune opere performative con i corpi che abitano e mettono alla prova l’architettura, come nei lavori riscoperti dell’eroico Klaus Rinke (“Die Wand”, “Der Boden” / “Il muro”, “Il pavimento”, 1969) o dell’emergente Tarrah Krajnak (“Body Configurations” – “Venice Portfolio”, 2023), in cui si capisce senza filtri come il nostro “personale strumento sensibile” possa adattarsi all’architettura o, viceversa, il progetto debba accoglierlo al meglio.

 

Parlando di piccoli padiglioni, come ambienti minimi nel paesaggio, l’opera di Laurent Grasso (“Studies into the past”, 2024) ci proietta nel passato in cui trovare spaesanti indizi futuribili per tramite di un dipinto in stile medievale dove compare una pensilina minimale che stupisce i cavalieri erranti. Oppure il maestro svizzero Not Vidal, che in più occasioni si è cimentato con la realizzazione di strutture architettoniche, espone uno dei suoi ultimi lavori scultorei (“Piz”, 2022) in cui l’idea di montagna come tempio naturale si sintetizza in un trilite composito da attraversare.

Cambiando scala e immergendosi nella sezione “Unlimited” dedicata alle opere fuoriscala, appunto, lasciano un segno evidentemente architettonico il padiglione di Torkwase Dyson (“Errantry”, 2024) una sorta di volta plurisezione al cui interno i visitatori possono riflettere sui luoghi di costrizioni legati alle migrazioni, o infine l’opera di Reinhard Mucha (“Island of the Blessed”, 2016-24) che trasforma l’ideale copertura in coppi in un ondulato pavimento, omaggio al libro su Venezia di Salvatore Settis e riflessione sulla trasformazione urbana di Milano.

 

I “Parcours” in città

Lasciate queste forme più concettuali d’indagine architettonica, durante Art Basel è possibile fare altre speciali esperienze spaziali nell’itinerario “Parcours”, una sequenza temporanea d’interventi site-specific situati in edifici storici e spazi pubblici della città. Per la prima volta fuori dal centro antico, nei pressi del quartiere fieristico e commerciale, queste installazioni si snodano tra negozi abbandonati e in attività – un hotel, un ristorante, una distilleria – e altri spazi quotidiani che rispecchiano una crisi immobiliare post-covid comune in molte città d’Europa. Qui l’arte, che instaura una relazione con l’architettura della città, vuole esplorare le trasformazioni degli spazi e la circolarità dei processi di commercio e globalizzazione.

 

A margine: Swiss Art+Design Award

Da qualche anno, in occasione di Art Basel la Confederazione elvetica assegna contestualmente anche gli Swiss Art+Design Award, premi dalla storia antica che mappano gli andamenti delle arti emergenti, comprese quelle progettuali.

In questa cornice sono tre le occasioni ufficiali di celebrazione dell’architettura, con un premio retrospettivo al lavoro dello studio Burkhalter Sumi, pioniere dell’edilizia moderna in legno, negli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso. Internazionalmente affermato per l’utilizzo di elementi lignei prefabbricati, ha sviluppato un linguaggio innovativo coniugando aspetti tecnici e formali in una visione programma­tica che tiene conto delle dinamiche sociali e cultu­rali del contesto architettonico. 

Un altro progetto da notare è il vincitore dello scorso anno, che è stato realizzato negli spazi espositivi. Lo studio Detritus di Losanna presenta Gum Gum, un programma di alloggio temporaneo per gli artisti che possono beneficiare di una breve residenza notturna. Dato che durante la fiera i prezzi degli alloggi diventano inaccessibili, mentre i padiglioni rimangono chiusi di notte, questo progetto mette in discussione la monofunzionalità degli spazi urbani introducendo un nuovo livello domestico nell’allestimento della fiera. Tubi d’acciaio tracciano maniglie enigmatiche montate sui pannelli bianchi che compongono i divisori degli spazi e all’occorrenza si fanno aprire ruotando o sollevandosi per articolare spazi interstiziali che ospitano letti, guardaroba e piani lavoro.

 

Il premio all’architettura emergente

Il riconoscimento è invece andato allo studio Bessire Winter, con il progetto “inbetween & beyond” (2024), dedicato anch’esso all’edificio fieristico che ospita il premio e che stabilisce un certo contrasto con il contesto del quartiere storico. Il nuovo progetto, che prevede la realizzazione per il 2025, propone una riflessione sull’integrazione urbana dell’edificio tramite lo sfruttamento di una terrazza esistente e inutilizzata, seguendo le parole chiave più importanti per l’architettura contemporanea sensibile e impegnata: riconversione o trasformazione.

 

Nuove architetture tra riflessioni umane e paesaggi urbani

Infine, segnaliamo due progetti più “professionali” che vengono inaugurati in questo periodo.

Al Vitra Campus è stata presentata una nuova opera permanente che riguarda il progetto Khudi Bari (piccola abitazione) di Marina Tabassum. Si tratta di un prototipo di residenza per le popolazioni povere del Bangladesh che abitano lungo i grandi fiumi e si trovano obbligate a migrare per via dei fenomeni climatici come le inondazioni sempre più frequenti. Con una struttura reticolare a sezione esagonale fatta di elementi in bambù, una ripida copertura in onduline, una pavimentazione in moduli di terracotta e partizioni in paglia, questa minima architettura risponde perfettamente alle esigenze degli abitanti che, senza assistenza specialistica, possono montarla, smontarla, trasportarla e rimontarla in poche ore e a costi bassissimi.

L’ultimo progetto da notare è il nuovo complesso dell’Helvetia Campus, commissionato dalla compagnia assicuratrice alle star locali Herzog & de Meuron. Ancora in fase di ultimazione il recupero del vecchio quartier generale circostante e la conclusione del giardino comune che diventerà un parco urbano, sono state definitivamente aperte ai lavoratori le due nuove “torri gemelle”, di cui una preesistente. Tra i due volumi che svettano per undici piani, rivestiti con un cangiante involucro vitreo a moduli triangolari, un corpo basso centrale ospita l’atrio con caffetteria e un auditorium, ed è sostenuto da una “foresta” di esili pilastri che disegnano, fuoriuscendo dal perimetro trasparente, un moderno pronao su entrambi i fronti. Gli ultimi piani, che sono destinati a belvedere loggiato con servizi di ristorazione aperti al pubblico, ospitano un’installazione site-specific di James Turrel, che corona e colora gli ambienti delle serate basilesi e diventa un nuovo landmark urbano.

 

Immagine copertina: Detritus, Gum Gum (© Matteo Pirola)

Autore

  • Matteo Pirola

    Architetto e PhD. Docente di Architettura degli Interni, Storia del Design e Arti contemporanee in varie Università e Scuole. Autore per l’editoria, curatore indipendente e consulente per l’impresa, svolge attività di ricerca, progetto e critica sulla contemporaneità di arte, design, architettura. Curioso e cultore del pensiero, della materia e di tutto ciò che è progettabile. Redattore della rivista “Inventario” e coordinatore scientifico per le attività di ricerca d’archivio per l’apertura del nuovo ADI Design Museum – Compasso d’oro a Milano. Recentemente ha pubblicato: "On Space / In Time: a Timeline”, in "Home Stories" (Vitra Design Museum, 2020); “I talenti italiani. Mente, Mano, Macchina” (Marsilio – Fondazione Cologni per le Arti e i Mestieri, 2020)

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Last modified: 17 Giugno 2024