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Giù le mani dalla Domus Seraphiniana, un mondo eccentrico e rutilante

Giù le mani dalla Domus Seraphiniana, un mondo eccentrico e rutilante

Riceviamo e pubblichiamo un appello per la tutela degli interni della casa-atelier di Luigi Serafini a Roma, opera decennale dell’artista architetto

 

ROMA. Costruire un’architettura dentro un’architettura è una sfida irresistibile per gli architetti. Gli esempi non mancano: il Sacello Rucellai di Leon Battista Alberti nella navata sinistra di San Pancrazio a Firenze; il Tempietto di Donato Bramante, incastonato nell’opaca corte conventuale di San Pietro in Montorio; la mirabolante Galleria prospettica che Francesco Borromini e il matematico agostiniano Giovanni da Bitonto intrudono tra palazzo Spada e l’edificio attiguo.

Anche altri episodi meno noti attestano gli esiti di tale sfida di compatibilità spaziale e dialogo espressivo. Ne rammento solo due, diversi per tipo ed epoca, ma legati dalla natura “domestica” della costruzione intrusa. Uno è il sottoscala realisticamente ricostruito nel Settecento nella controfacciata della chiesa dei santi Bonifacio e Alessio a Roma. L’artista Andrea Bergondi polarizza il nuovo spazio su una scala di legno, che la tradizione vuole reliquia dell’antica domus famigliare di sant’Alessio, che proprio nel sottoscala trascorse misconosciuto anni di miseria, fino a morirvi d’inedia. Proprio quel sottoscala Bergondi volle ricostruire come cappella commemorativa, ispirato sia dalla devozione religiosa che dai vagheggiamenti archeologici e dalla passione teatrale propri della cultura secolare romana settecentesca.

 

Luigi Serafini, un artista architetto

Anche il secondo esempio concerne, come anticipato, un’abitazione: essa però appartiene all’oggi, è quotidianamente vissuta e non relegata a sacre memorie. Si tratta della casa-atelier che l’artista architetto Luigi Serafini (1949), a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, quando vi si stabilisce, ha rifigurato con visionaria tenacia, costruendo un’architettura onirica e labirintica, materializzata da dipinti murali, da bassi e alti rilievi, da sculture e mobili, che ibridano materiali eterogenei, forme immaginarie fitomorfe e zoomorfe. Senza alterare l’impianto murario preesistente, l’artista ha costruito un’architettura nell’architettura al terzo piano di un anonimo stabile da rendita che sorge tra il Pantheon e la chiesa di Sant’Eustachio.

Serafini, dotato di un talento esuberante e trasversale alle arti e alle discipline, è architetto. Dopo un soggiorno londinese, nel 1971 giunge negli Stati Uniti dove comincia un viaggio iniziatico on the road di quattro mesi. A Chicago frequenta i collaboratori di Mies van der Rohe, scomparso due anni prima, poi incontra la vedova di Frank Lloyd Wright a Taliesin East, e infine passa due settimane nell’Arcosanti di Paolo Soleri, il cui cantiere era appena iniziato e dove sente per la prima volta il nome di Pierre Teilhard de Chardin. Successivamente a Roma entra nello studio di Maurizio Sacripanti e collabora con Luigi Pellegrin. Nel 1975 si sposta a Londra. Tornato a Roma si laurea nel 1977 con Giuseppe Perugini. Infine negli anni ottanta approda a Milano, e partecipa alla prima Memphis (1981), il collettivo che rivoluzionò il design del Novecento, sotto l’egida anticonformista di Ettore Sottsass. Nel 1986 “Casa Vogue” pubblica le foto di Gabriele Basilico che rivelano la Casa del Dottor Fausto, a Porto Civitanova Marche, una prima architettura dentro un’altra architettura, con già l’idea del Gesamtkunstwerk [opera d’arte totale; n.d.r.].

Nel 1976-78 Serafini elabora e pubblica con Franco Maria Ricci il Codex Seraphinianus (1981), una reinterpretazione in chiave fantastica e onirica del sapere enciclopedico occidentale, mediato da un alfabeto asemico, arbitrario e programmaticamente instabile. L’opera ebbe un successo straordinario e suscitò l’interesse di spiriti eccentrici, da Giorgio Manganelli a Italo Calvino, da Umberto Eco a Tim Burton. Federico Fellini, entusiasta, commissiona a Serafini il manifesto del suo ultimo film La voce della Luna (1990). Nel frattempo, studi grafici per il carnevale di Venezia trasmigrano in una serie stralunata e beffarda di varianti iconiche di Pulcinella: la Pulcinellopaedia pubblicata nel 1984.

 

La casa-atelier nei pressi del Pantheon: come Alice nel paese delle meraviglie

In questo torno di tempo l’artista s’installa nell’appartamento romano presso il Pantheon, di cui inizia la trasfigurazione in un universo che avviluppa le arti e le tecniche fabbrili in unitaria e singolare armonia. Dopo aver attraversato un cavedio, che fa le veci di cortile, e salito ripide rampe disadorne, si raggiunge un portoncino, analogo a quello che Alice vede coperto da una tenda e che, aperto dalla chiave d’oro, le rivelerà un mondo eccentrico e rutilante. Proprio come accade al visitatore della Domus Seraphiniana. Le stanze esibiscono colori accesi, che rivestono le pareti ed esaltano inaspettate sagome geometriche, che rilegano porte e varchi di accesso tra ambienti diversi e intimamente concatenati.

Oggetti dalle forme sorprendenti e dai colori squillanti rimodellano lo spazio e dialogano con ceramiche policrome e mobili in stile, reinventati da imprevisti contrasti cromatici. Gli spazi s’inanellano e dissolvono la dimensione lineare dell’architettura domestica, sostituendola con quella frammentaria e labirintica del bosco. Il crescendo di oggetti, di epigrafi enigmatiche, di figurazioni sconcertanti deflagra nell’effetto Alice in Wonderland. Schermi fluorescenti, statue dorate, pannelli dipinti, macchine celibi e pittogrammi al neon compartiscono le pareti, che si confondono con pervasive librerie dai montanti a strisce rosse e bianche, che istituiscono inaspettate partizioni spaziali.

Gli strumenti tradizionali del pittore – cavalletto, tavolozze, colori e pennelli – si mimetizzano con gli arredi, al pari dei servizi igienici e della cucina, che si amalgamano con l’apparato visionario e surreale che rimodella tutte le superfici murarie. La casa costruita nella casa da Serafini in mezzo secolo di creazione surreale ed esatta materializza un’opera d’arte totale, un rutilante “bel composto”.

 

Un luogo da tutelare

Questo mirabile unicum

, che condensa in un’architettura romana gli estri artistici del secolo breve, rischia oggi lo smantellamento. Il Sovrano Ordine Militare di Malta, proprietario dell’immobile, per ottenerne la rapida disponibilità, ricorre ad aumenti vertiginosi degli affitti. La Corte d’Appello di Roma ha emesso un’ordinanza di sospensione dello sfratto fino a gennaio 2025 dato che il luogo “nelle sue caratteristiche estetico-culturali, merita di essere tutelato”.

Questo scritto intende propiziare la conoscenza della stupefacente opera di Serafini per ottenerne la non rimandabile salvaguardia. La casa-atelier, oltre che un manufatto di indiscutibile pregio creativo, è la flagrante testimonianza della vitalità delle arti in Roma contemporanea e dell’estro geniale di un architetto artista senza confini, al cui talento rende omaggio la mostra “Luigi Serafini. Una casa ontologica”, curata da Luca Lo Pinto in corso al MACRO di Roma (fino al 25 agosto).

Immagine copertina 

Autore

  • Claudia Conforti

    Emiliana di Fidenza, è stata cattedratica di Storia dell'architettura nel Dipartimento di Ingegneria dell’impresa dell’Università Roma “Tor Vergata”. È membro dell'Accademia nazionale di San Luca e accademico d’onore dell’Accademia di Belle arti di Perugia; fa parte del comitato scientifico delle riviste “Casabella”, “Rassegna di Architettura e Urbanistica”, “ArtItalies” (Paris), “Abaton” (Madrid), “Città e Storia”. I suoi studi sono rivolti all'architettura moderna e contemporanea, alla costruzione, alla città e alla società: temi ai quali ha dedicato numerose pubblicazioni, articoli, monografie, mostre e convegni

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Last modified: 4 Giugno 2024