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Margherita ToffolonWritten by: Reviews

Daniele Calabi: il piacere dell’onestà

Padova e Venezia celebrano l’ingegnere-architetto novecentesco – costretto all’esilio e poi reintegrato – con due mostre parallele

 

PADOVA-VENEZIA. Se la mostra padovana rivela lo stretto rapporto fra le opere dell’ingegnere-costruttore Daniele Calabi (1906-1964) e lo sviluppo della “sua” città nel secondo dopoguerra, quella veneziana è strettamente legata al “piacere dell’onestà” che contraddistingue anche le realizzazioni nella città lagunare. A sessant’anni dalla morte, la sua città d’elezione e l’Università IUAV di Venezia, dove ha insegnato tra il 1958 e il 1964, valorizzano il lavoro di Calabi con altrettante mostre: a Palazzo del Monte di Pietà fino al 21 luglio e presso la nuova Galleria del Rettorato nell’ex convento dei Tolentini fino al 14 ottobre.

 

1) Padova

La mostra “Daniele Calabi a Padova. L’architetto e la città nel secondo dopoguerra” sprona a conoscerne la vicenda personale e professionale di ingegnere-architetto: dai primi incarichi con l’Ateneo padovano all’esilio in Brasile per l’applicazione delle leggi razziali del 1938, fino agli importanti interventi all’interno del PRG di Luigi Piccinato. Immediato lo stimolo alla diretta visione in città, che risulta facilitata con le visite organizzate ma difficoltosa ad personam per la mancata distribuzione di una mappa cartacea d’individuazione. La presa diretta è anche l’intento della “succursale” lungo il corso pedonale del Liston, fra il Municipio e la sede universitaria di Palazzo del Bo, ovvero l’esposizione fotografica di alcune sue opere su supporti in mattoni che ne riprendono le distintive tessiture di facciata.

Il ricco apparato di fotografie, anche a colori ad hoc di opere realizzate e ancora presenti in città, disegni tecnici, esecutivi, schizzi, documenti originali, montaggi e la video-intervista con la figlia Donatella e alcuni ex studenti diventati poi professionisti mettono nella giusta luce la stagione particolarmente intensa dell’attività patavina di Calabi tra 1950 e 1960, anni in cui Padova fu sottoposta a grandi trasformazioni. Ma il fulcro fondativo del suo modo di costruire che lui chiamava “il piacere dell’onestà”, come ben evidenzia il lavoro di ricerca di Elena Svalduz e Stefano Zaggia, deriva dall’esperienza di cantiere dopo la laurea in ingegneria e dal background internazionale acquisito in Brasile da esule, che portò al suo rientro in Italia.

In proposito, di particolare impatto emotivo la grande scritta “ebreo cancellato” che riporta a un documento originale presente in mostra articolata in due sezioni. La parte iniziale indaga i caratteri dell’idea di modernizzazione e tutte le strategie di rinnovamento e sviluppo economico e sociale della città. La seconda, invece, racconta le prime fasi di formazione dell’architetto, il rapporto con l’ufficio tecnico dell’Ateneo che procedette a realizzare il suo Osservatorio astrofisico di Asiago, sino all’esperienza dell’esilio in Brasile. Le relazioni con l’Ateneo patavino e i protagonisti della sua storia tra gli anni ‘30 e ‘40, quali il rettore Carlo Anti che lo definì “malato di nostalgia per l’Italia”, costituiscono le premesse per il suo ritorno in città nel 1950, dove il contesto pur mutato accoglie la modernità delle sue architetture. Fra le tante, l’edificio ad appartamenti di via Vescovado, la casa dei professori in via Falloppio e le case di abitazione in via Alicorno.

L’esposizione, organizzata dalla Fondazione Barbara Cappochin nella ricorrenza dei vent’anni della Biennale Internazionale di Architettura con i dipartimenti dei Beni culturali (Dbc) e di Ingegneria civile edile e ambientale (Icea) dell’Università degli Studi di Padova, è stata realizzata grazie al contributo della Fondazione Cariparo.

Immagine copertina Palazzo del Monte di Pietà, Padova  © Alessandra Chemollo

 

2) Venezia

La mostra “Daniele Calabi. Il piacere dell’onestà” a cura di Maura Manzelle ne ripercorre, invece, l’attività di docente e il suo legame con la città lagunare: dall’adesione allo IUAV di Giuseppe Samonà alla partecipazione alla grande stagione dei concorsi veneziani che lo porta, all’inizio degli anni ’60, a trasferirsi in città. A differenza della mostra padovana, qui prevalgono i documenti in bianco/nero, esposti prevalentemente su supporti orizzontali: la colonia marina di Padova “Principi di Piemonte” a Lido Alberoni, il concorso d’idee per il PRG di Venezia, il quartiere Aretusa a San Giuliano a Mestre; il concorso per la progettazione alle Barene di San Giuliano, la propria casa-studio al Lido, il concorso nazionale per il nuovo Ospedale di Venezia e infine la sistemazione dell’ex convento dei Tolentini quale nuova sede dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (1960-64).

 

Ex foro Boario di Padova: partono i lavori?

Alta in questo periodo a Padova è anche l’attenzione per un altro protagonista della scena architettonica veneta, in parte coevo a Daniele Calabi. A breve partirà il cantiere di restauro della Cattedrale, ovvero dell’ex foro Boario (1964-68) progettato dall’architetto Giuseppe Davanzo, per un valore di quaranta milioni e con un cronoprogramma di 15-18 mesi. L’amministrazione comunale ha avuto un contributo proprietario di 3,6 milioni da parte dello Stato per compensare la spesa totale del restauro dell’enorme edificio, sottoposto a vincolo dalla Soprintendenza e dal Ministero della Cultura, che sarà utilizzato, purtroppo, a fini commerciali da Leroy Merlin. I lavori che verranno eseguiti dalla società francese, come da esplicito accordo, non incideranno sulla struttura oggetto di conservazione, che è diventata caso di studio di due corsi semestrali di progettazione (Conservazione del patrimonio esistente) di altrettante università tedesche: quello della Hochschule München University pf Applied Sciences tenuto dai docenti Jochen Specht e Arthur Wolfrum e il corso dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera (TUM) tenuto da Andreas Putz in collaborazione con Anja Runkel e Alberto Franchini, che ha previsto un’analisi di parte del manufatto e la realizzazione di modelli in scala. Si tratta infatti di una struttura unica “con un raffinato livello di dettaglio e che combina architettura e ingegneria”, vincitrice di numerosi riconoscimenti e sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza. 

 

Autore

  • Margherita Toffolon

    Dopo la laurea allo IUAV di Venezia collabora con studi di progettazione a Treviso e a Milano dove per 10 anni partecipa al programma di inventariazione dei beni vincolati della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Milano per poi diventare giornalista pubblicista e senior account di un’agenzia di comunicazione integrata. Ha scritto per Mondadori, Mida Editore, Reed Business Information, Shinda Editore, Tecniche Nuove, Agepe, BE-MA editrice. Da anni collabora con DBInformation e le riviste del settore Horeca di New Business Media (Tecniche Nuove). Cogliere dettagli architettonici o atmosfere particolari dei locali food&beverage è la sua specializzazione e piacevole scoperta. Nel 2016 ha pubblicato il libro "Grandi pasticcerie del mondo" (ItalianGourmet), mentre nel 2022 è uscito "Cantine storiche d'italia. Un viaggio fra architettura ed enologia" (24OreCultura)

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Last modified: 3 Giugno 2024