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Alessandro ColomboWritten by: Reviews

Il bar, fra mito e realtà

Il bar, fra mito e realtà

Due libri: un frammento milanese (storico ed emblematico) e un luogo simbolico, tanto ordinario quanto identitario

 

Raccontare un mito, parlando di un mito? Ci prova Enrica Craja nel volume il Tempo del Craja, Biografia di un caffè, ove, grazie alla appassionata cura di Anna Chiara Cimoli, viene fatto rivivere “Il luogo più esatto e più pulito dove incontrare gli amici”, come si esprimeva Bruno Munari descrivendo il bar Craja, progettato a Milano nel 1930 da Luciano Baldessari con Luigi Figini e Gino Pollini, con interventi artistici di Fausto Melotti e Marcello Nizzoli.

 

Il titolo tradisce nell’uso della parola biografia la predisposizione agiografica del testo che, essendo scritto dalla figlia dell’allora animatore e proprietario, non può che innalzare questo luogo al rango di eroe“Muor giovane colui ch’al cielo è caro”, come ci ha insegnato Leopardi sulla scorta di Menandro – piangendone la dipartita e l’età dell’oro che rappresentava. È lo stesso Baldessari che in seguito ricorderà come “Nello scomparso Caffè Craja si combatté insieme una battaglia comune e si vissero stagioni non sempre facili e che talvolta, anzi, a distanza di tempo, possono assumere, senza retorica, contorni perfino eroici”. Il locale-laboratorio, a pochi passi dal Teatro alla Scala e dalla Galleria del Milione, si proponeva come alternativa razionalista e antiborghese ai più paludati caffè storici, dando ospitalità a Marinetti e Persico, a Toscanini e a Victor de Sabata, alla Sarfatti e a Giorgio de Chirico, ai pittori chiaristi e al gruppo di “Campo grafico”, innescando dialoghi, incontri e scontri che davano forma alla rincorsa del costante sogno milanese di essere “assolutamente moderni”, come sottolinea Fulvio Irace nell’introduzione. Al memoir di Enrica Craja si uniscono i ricordi di numerosi protagonisti/avventori, fra i quali i godibilissimi interventi di Bruno Munari, Ludovico Belgiojoso, Attilio Rossi, Mario Radice, Agnoldomenico Pica, Carlo Belli, Alberto Sartoris e, naturalmente, Baldessari. Il sogno del moderno costerà caro al Craja che, trascorso il tempo del dopoguerra per arrivare al boom economico, vedrà le sue spoglie, e quelle dell’edificio che lo ospitava, immolate alla superiore ragione di dare posto ad un moderno edificio di una banca nazionale, peraltro neanche milanese.

Il tempo del Craja. Biografia di un caffè, di Enrica Craja, a cura di Anna Chiara Cimoli, Nomos Edizioni, 2024, 256 pagine, € 24,90. Il volume è il primo numero della collana “Archi” della Fondazione C.A.S.V.A. 

Per un mito perso nella fisicità, ma rinato nel sogno, ne rimangono moltissimi che nelle loro rovine riescono inaspettatamente a mantenere l’atmosfera che fu, anche se era quella di poveri ambienti che nulla avevano di mitico o eroico. È quanto viene documentato e fatto rivivere in Bar Italia, racconto fotografico di Juan Hitters, e non potrebbe essere altrimenti, volendo l’autore indagare, col linguaggio della scrittura per mezzo della luce, ciò che non ha più parola né esistenza. La missione è quella di restituire sensazioni perdute, che forse solo permangono in livide luci che narrano il silenzio. Operazione ardua e raffinata, sembrerà riuscire soprattutto se vi accosterete alle immagini con spirito un poco decadente e malinconico. Dal testo introduttivo di Alessandro Curti si evince che “Il titolo fa riferimento al classico Bar Italia, simbolo stereotipato di un landmark presente in ogni grande o piccola città italiana. Hitters lo usa come punto di partenza per esplorare l’anima del Paese, offrendoci una visione inedita e personale. Le sue foto non si limitano a ritrarre i bar in sé, piuttosto s’immergono nell’atmosfera che li circonda”. Si scopre così che la luce non è solo scrittura, ma anche ricordo “che ci regala una visione inedita, poetica, romantica e drammatica del nostro Paese”.

Bar Italia, di Juan Hitters, fotografie di Juan Hitters, Seipersei Edizioni, 2024, 96 pagine, € 35

Destini opposti, questo del Craja, tempio perduto della modernità ora vivo nel mito, e quello del bar Italia, ancora esistente nei reperti di cultura materiale che ne rendono vive le spoglie terrene. Sic transit gloria mundi. Purtroppo, la constatazione vale anche per i bar.

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 1 Giugno 2024