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Written by: Patrimonio Reviews

Via Appia, un’opera d’arte che genera arte (moderna)

Una mostra al Casale di Santa Maria Nova celebra la Regina Viarum attraverso architettura, paesaggio, arte, cinema, tradizione e modernità

 

ROMA. La mostra “L’Appia è moderna”, inaugurata il 18 maggio al Casale di Santa Maria Nova (V miglio della via Appia antica), ha il merito di aprire lo sguardo del visitatore verso la produzione artistica derivata dalla Regina Viarum, già candidata Unesco.

La via Appia è un’opera d’arte che, attraverso gli aventi talento, genera altra arte, per dirla col sempre immenso Antonio Cederna (1921-1996). La Via è stata e può essere ancora il cuore pulsante che da Roma punta verso Oriente, celebrata nel Novecento attraverso varie forme d’arte: architettura, cinema, arti figurative, grafica, poesia ma anche cultura immateriale? La risposta è affermativa, perché un grande monumento come l’Appia, quale primaria urbanizzazione di un (vasto) territorio lascia in esso un segno indelebile: anche se per anni sembrava scomparso, la potenza di quel “primo segno” caratterizza anche sottotraccia il territorio e continua a generare bellezza che poi si traduce in arte, a tutti i livelli. Tra questi i più rappresentativi restano gli spezzoni dei film (perché legati al “vivere di strada”) con Alberto Sordi o Totò che utilizzava la via per incantare giovani turiste straniere. Il tutto raccolto in un catalogo Electa, con le fotografie di Francesco Jodice che usa tecniche moderne al servizio del racconto dell’Appia. L’esposizione si focalizza sui prodotti d’arte e architettura del Novecento, attraverso cinque sezioni.

 

Un percorso in 5 tracce

Il percorso inizia con Impara, Oblia, Inventa, una riflessione di Margherita Sarfatti sul superamento della tradizione, che sarebbe stato interessante confrontare con il neorealismo e la contro-cultura che poi riscoprirono la modernità della tradizione.

Si prosegue con Appia è moderna, ovvero la costruzione dell’immaginario collettivo dell’Appia a partire dal Piano Saint Just (1909) con l’inserimento dei cipressi e dei pini marittimi da parte di Antonio Muñoz.

Poi troviamo Gli architetti dell’Appia: excursus tra le ville progettate sull’Appia da grandi nomi prima e dopo la Seconda guerra mondiale che segna uno spartiacque anche a livello di linguaggio architettonico. Esempi prima rusticheggianti, poi espressivi del potere del tempo e quelli tendenti alla sperimentazione organica, fino ad un successivo ritorno verso il vernacolo e la conquista dell’espressività urbana col viadotto di Sergio Musmeci.

Saliti pochi gradini, nella quarta stanza, arrivano Le arti figurative, dove i due grandi filoni della pittura, uno analitico verso il paesaggio e l’altro incline all’astrazione e alla sintesi simbolica, dialogano con altre forme d’arte. Appassionante è il montaggio di spezzoni di film legati all’Appia.

Infine, Popappia che espone il lato pop citando la Lancia Appia (1959), le ville dei divi del cinema sulla Consolare e Topolino portavoce in occasione della candidatura Unesco.

 

Dalla mostra alla location

Voluta dal Parco Archeologico dell’Appia Antica

, dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura la mostra, a cura di Claudia Conforti, Roberto Duilio, Simone Quilici e Ilaria Sgarbozza si sviluppa nelle sale al primo piano del Casale di Santa Maria Nova, anch’esso esempio dell’evoluzione nel tempo dell’architettura legata all’antica Via: da cisterna romana a convento con aspetto turrito, a casale agricolo ed infine spazio d’arte.

Il biglietto proposto al visitatore amplia il cuore della mostra permettendo, tra gli altri, la visita alla Villa dei Quintili e al Complesso di Capo Bove dove si ha misura delle lotte intraprese nel Novecento per la tutela dell’infrastruttura. L’allestimento, sobrio e discreto, fatto di supporti a telaio ligneo, grandi tavoli dal bordo sinuoso e oggetti appesi, sembra quasi un laboratorio d’arte e architettura in loco e rende omaggio all’elegante restauro compiuto da Luigi Moretti sul casale stesso nel 1951.

 

Quale modernità

Se consideriamo il concetto di moderno, aggettivo e connotazione scelta per il titolo della mostra, vediamo che in storia esso è ben più ampio del secolo scorso. La modernità come aspetto funzionale alla salvaguardia potrebbe, in un’ottica di una valorizzazione di tutta la Via, aprire la strada a molti gruppi di lavoro volti a riconoscere prima, e mettere in valore poi, tutti quei “prodotti” culturali e artistici che nel tempo sono stati legati all’Appia, da Roma fino Brindisi. Le ville private sull’Appia ci sono ancora e il paesaggio, come si legge nel saggio di Quilici che cita Franco Purini, si può salvare riconoscendone la sua unità come “relazione tra differenti scene”. La battaglia perciò non è ancora finita e la modernità dell’Appia può aiutare in tal senso.

Immagine di copertina: Stanza 2, L’Appia è moderna, foto allestimento

 

L’Appia è moderna
18 maggio – 13 ottobre 2024

Casale di Santa Maria Nova, Roma
A cura di: Claudia Conforti, Roberto Duilio, Simone Quilici e Ilaria Sgarbozza
beniculturali.it/evento/lappia-e-moderna-18-maggio-13-ottobre-2024

 

Autore

  • Serena Acciai

    Architetta e ricercatrice con esperienza sul patrimonio multiculturale del Mediterraneo. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Composizione architettonica e urbana presso l'Università di Firenze, con la prima tesi in Italia su Sedad Hakkı Eldem. Da allora ha proseguito questa linea di lavoro presso l'Institut National Histoire de l'Art di Parigi e come assegnista presso l'Università di Firenze. Nel 2018 ha pubblicato il volume "Sedad Hakkı Eldem, an Aristocratic Architect and More" (Firenze University Press). È stata titolare d'incarichi d'insegnamento presso il Politecnico di Milano, l’Università Federico II di Napoli e l’Università di Firenze. Attualmente è ricercatrice associata all’IPRAUS/AUSser dell’ENSA Paris-Belleville e vincitrice del XVI premio Bruno Zevi con il saggio storico-critico "The Ottoman «Sofa» House: A Modern Idea of Living" (Letteraventidue)

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Last modified: 29 Maggio 2024