Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sul caso di alcune scuole degli anni settanta e ottanta a Bologna
Lo sviluppo delle tecnologie costruttive edilizie a secco, principalmente la prefabbricazione di componenti, dalla metà degli anni settanta del secolo scorso, ha facilitato la realizzazione di edifici contenendone i costi. Dalle logiche produttive si è sviluppata l’idea, trasmessa al mondo edilizio, della concezione di oggetti precostituiti, definiti sulla base di un programma a se stante, necessariamente ripetibile a prescindere dai contesti locali d’uso.
Il pensiero ha preso le mosse dal consolidamento dell’idea di produrre oggetti “isolati”, programmati astrattamente e ripetibili all’infinito. L’idea della scomponibilità per componenti elementari della produzione edilizia costringe, infatti, il processo progettuale in logiche sequenziali e di variabili di assemblaggio, assimilabile alla progettazione industriale di prodotti di serie. L’edificio diventa così affine a un oggetto di design, perfettamente ripetibile, con una forma semplificata.
Questo tipo di sperimentazioni architettoniche si allinea con la ricerca disciplinare dell’epoca e trova nell’esperienza degli uffici postali ideati da Pier Luigi Spadolini (1922-2000) un valido paragone: si mise a punto un sistema modulare che consentiva la costruzione di dodici tipi diversi di edifici, di dimensioni diverse, sempre utilizzando le stesse componenti prefabbricate, realizzabile ovunque con poche spese.
Costi contenuti, durata limitata
Al costo ridotto del manufatto corrisponde però una vita altrettanto ridotta della costruzione, programmata a “scadenza” in maniera utilitaria: gli edifici prefabbricati, in pratica, nascono con l’intenzione esplicita di non essere eterni. Questa scelta implica un fine vita programmato, che corrisponde generalmente al ciclo di piena funzionalità del manufatto e al suo ammortamento finanziario a breve termine. Per questo, è forse improprio pensare a forme di salvaguardia di edifici così pensati e costruiti, mettendoli alla stregua di quelli nati e realizzati invece con uno spirito di lunga durata.
Bologna: il dibattito sulle scuole Besta
All’interno di questo clima, ha preso corpo l’anno scorso un interessante dibattito sul destino di alcuni edifici, costruiti nel secolo scorso: architetti e cittadini si sono confrontati sulle ipotesi di tutela, di revisione o di rinuncia definitiva a edifici pubblici significativi, a partire dal caso emblematico delle scuole Besta, tra gli ultimi a essere così costruiti nel 1984.
Il modello di scuola media, messo a punto dagli architetti dell’Unità Operativa Edilizia Scolastica del Comune, guidato da Riccardo Merlo con Fioretta Gualdi, negli anni settanta, ha trovato molteplici occasioni di realizzazione, nel bolognese, con pochissime varianti applicative, e sono stati considerati come buoni esempi d’integrazione tra architettura e didattica, secondo i principi disciplinari dei tempi. Come molti degli istituti del Piano Zangheri [sindaco di Bologna dal 1970 al 1983; n.d.r.], sono strutturati a moduli che si potevano ampliare o replicare in altri quartieri, come oggettivamente si è fatto.
Demolizione per obsolescenza vs tutela selettiva
Se per le scuole Besta e Dozza è prevista la demolizione, per le Volta (in copertina di «Casabella» n.447-8, dedicata all’edilizia scolastica nel 1979) è previsto un ampliamento (forse solo con parziale demolizione), mentre per le Guercino è già stata eseguita una ristrutturazione (classificate dal Piano Urbanistico Generale “Edificio di interesse culturale e testimoniale del secondo Novecento”). Le problematiche che hanno condotto alle scelte di demolizioni si possono ascrivere in generale alla scarsità di efficienza energetica e di sicurezza sismica, nonché di piena accessibilità.
La concezione della tutela selettiva di edifici architettonici è legata alla visione di unicità della realizzazione o alla partecipazione significativa a sistemi aggregativi di rilievo. Nel caso di modelli progettuali atopici e seriali, com’è il caso delle scuole in esame, ripetuti molte volte e in un territorio limitato, disconoscendo spesso le giaciture urbane predefinite, l’unicità degli interventi appare per lo meno inappropriata.
Di fronte a questi atteggiamenti progettuali, la salvaguardia selettiva, anche di un solo modello realizzato, dovrebbe ben corrispondere alle motivazioni di tutela che hanno ispirato le norme: è stato questo, a quanto pare, l’indirizzo preso dagli uffici della locale Soprintendenza e ministeriali nel negare la salvaguardia dell’immobile, da parte di chi si opponeva alla sua demolizione chiedendo il riconoscimento di edificio dall’«importante carattere artistico». In conclusione, non si è ritenuto che «l’opera costituisca un episodio significativo per originalità».
Immagine di copertina: scuola F. Besta a Bologna, oggetto di demolizione con ricostruzione
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bologna , demolizioni , lettere al Giornale , prefabbricazione , scuole , tutela
Last modified: 7 Maggio 2024