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Monica ZerboniWritten by: Reviews

Closer to Nature: costruire con piante, funghi, argilla, alghe, sale, cotone, canapa e scarti agricoli

Closer to Nature: costruire con piante, funghi, argilla, alghe, sale, cotone, canapa e scarti agricoli

Una mostra a Berlino indaga progetti realizzati con materiali di diretta derivazione organica

 

BERLINO. Non è pura casualità se nei grandiosi spazi vetrati della Neue Nationalgalerie la suggestiva videoinstallazione “Ready Mix” dell’artista statunitense Lucy Raven illustri e al tempo stesso denunci i processi di trasformazione della materia prima – la ghiaia – in poderosi blocchi di cemento in una cava dell’Idaho. Il video stabilisce infatti un ideale tracciato di continuità e di concreta contiguità con il limitrofo cantiere del Museo del Ventesimo secolo ad opera di Herzog & de Meuron ed è stato inaugurato in concomitanza della posa della prima pietra nel cantiere di quest’ultimo (l’installazione è stata visitabile a Berlino sino allo scorso 21 aprile, ma il video è visibile in integrale su You Tube).

Poco lontano, nel quartiere di Kreuzberg, un’esposizione alla Berlinische Galerie fa da controcanto all’insaziabile bulimia ed euforia edilizia della città, ancora alla ricerca della propria immagine a 35 anni dalla riunificazione. La mostra “Closer to Nature” allestita fino al 14 ottobre negli spazi della galleria vuole offrire una risposta all’eterno conflitto tra architettura antropocentrica e ambiente. Grazie a un percorso emotivo e sensuale, oltre che visivo e documentale, la rassegna mette in discussione i principi formali e concettuali della progettazione tradizionale e propone una nuova cultura di solidale convivenza tra natura ed esseri umani.

 

Tre progetti a impronta ecologica ridotta per Berlino

Accanto a fotografie di denuncia di affrettate cementificazioni postbelliche e a suggestive installazioni d’arte – alcune progettate ad hoc – grande spazio è dedicato alla presentazione di tre progetti per Berlino nei quali i materiali usati hanno un’impronta ecologica ridotta. Sono architetture pionieristiche che c’introducono in una possibile realtà urbana fatta di alberi, funghi e argilla, materiali che dimostrano come la sostenibilità non si raggiunga solo con l’uso di elementi naturali e di efficienza energetica, ma creando edifici che vivono, respirano e crescono autonomamente.

Ne è un chiaro esempio il padiglione proposto dal collettivo berlinese MY-CO-X costituito di architetti, artisti e biologi: una struttura lignea mobile e abitabile, rivestita da 300 pannelli a base di miceli. «Il micelio, la porzione vegetativa dei funghi, può essere coltivato in forme personalizzate ed è biodegradabile, offre un’alternativa sostenibile ai materiali isolanti convenzionali e possiede eccellenti proprietà termiche e acustiche», affermano i progettisti.

Genesi e strategie dei progetti sono ampiamente documentati da disegni, schizzi, rendering e fotografie, oltre che da modelli a grandezza naturale. Un albero intrecciato con un elemento strutturale in acciaio è l’installazione emblema del progetto di concorso presentato dallo studio OLA di Stoccarda per il Museion, il Museo del Futuro. In esso una facciata botanica, accessibile attraverso una rampa, cresce attorno al nucleo dell’edificio, garantendo un habitat per gli insetti e un cospicuo risparmio energetico, oltre che protezione dalle polveri sottili.

Un elemento a grandezza naturale composto da mattoni di argilla compressa porta la firma dell’architetto austriaco Martin Rauch. Esso evidenzia il valore estetico del materiale mentre riproduce una porzione del muro di 7 metri che delimita la piccola Cappella della Conciliazione, realizzata esclusivamente con materiali naturali e situata lungo il tracciato del Muro che un tempo divideva la città.

 

Nuovi percorsi sperimentali in giro per l’Europa

Visitabile fino al 14 ottobre, la mostra berlinese offre conferma della lenta trasformazione in atto nella pratica edilizia. Sposando le teorie filosofiche del realismo speculativo, progettisti di nuova generazione contestano i fondamentali dell’architettura tradizionale e suggeriscono nuovi percorsi sperimentali.

Fra gli innovatori si distingue l’Atelier LUMA, il cui lavoro si basa su percorsi progettuali che valorizzano tutte le forme di vita. Attivo ad Arles fin dal 2016, il gruppo francese, formato da designer, ingegneri e biologi, studia le potenzialità dei materiali non estrattivi e provenienti da fonti locali, quali piante autoctone, scarti dell’agricoltura, alghe e sale marino. Tra i risultati più originali spicca la trasformazione del sale marino in materiale di scala architettonica, come dimostra l’emblematico Muro di sale, una parete costituita da singoli pannelli intercambiabili, visibile nel parco ecologico Le Magasin Electrique, che fra le attrazioni vanta anche una scultorea torre progettata da Frank Gehry per la città provenzale.

Testimonianza della nuova etica è anche il progetto residenziale SAWA, attualmente in costruzione in Olanda, a Rotterdam. Il condominio proposto dallo studio Mei and Partners è un esempio di realismo speculativo: in esso il design combina le esigenze dell’uomo con l’integrità ecologica. La sua struttura in legno promuove biodiversità, sostenibilità e benessere ambientale. Nel progetto risultano integrati nidi, fioriere, terrazze e spazi verdi, così che l’edificio sia inclusivo della natura e contribuisca a creare un habitat solidale con il mondo naturale.

Anche il Growing Pavilion concepito dallo studio Biobased Creations del designer Pascal Leboucq in Olanda e presentato alla Dutch Design Week di Eindhoven è un esempio ulteriore delle possibilità offerte dal design biobased. Costituito da materiali organici come il legno, la canapa, il cotone e il micelio, l’edificio è uno spazio concepito per eventi temporanei; un progetto visionario ancora in fase sperimentale, ma che pone le basi per una nuova estetica e un uso rivoluzionario dei materiali naturali.

Nato sulla carta nei primi anni del nuovo secolo, il Fab Tree Hab dello studio statunitense Terreform One è oggi una realtà. Definito una straordinaria fusione fra una barriera corallina terrestre e un’architettura vivente, è un edificio condiviso da persone e animali. Questo habitat multispecie combina tecniche indigene d’innesto di alberi con impalcature ad arco in legno lamellare a strati incrociati (CLT) progettate a computer. L’obiettivo è quello di realizzare un’abitazione perfettamente integrata nel paesaggio naturale e sostituire i materiali industriali con alternative durevoli e di origine biologica. Secondo i suoi creatori questo progetto genera vita e riduce al minimo l’impronta di carbonio, stabilendo nuovi confini del costruire.

Immagine di copertina: la mostra “Closer to nature”

 

 

Autore

  • Monica Zerboni

    Nata a Torino e laureata presso l’Università Statale di Milano, è giornalista pubblicista, svolge attività giornalistica per testate multimediali e cartacee di settore. È stata corrispondente dalla Germania per le riviste “Abitare” e “Costruire”. Ha maturato esperienze professionali nell'ambito della comunicazione ed in particolare ha lavorato come addetta stampa presso importanti studi di architettura. Ha svolto attività di redazione, traduzione e coordinamento per varie case editrici. Scrive articoli e approfondimenti in italiano, inglese e tedesco per diverse testate specializzate e non, italiane e estere (Abitare, Costruire, Il Sole 24 Ore, In Town Magazine, Frame, Mark, Architektur&Wohnen, HOME, Home Journal, Perspective, Azure, Interiors, Urbis, Urbis Landscape, Vogue Australia ecc.)

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Last modified: 24 Aprile 2024