Sin troppo nutrita l’offerta culturale: qualsiasi luogo, purché si presti a diventare sede espositiva, va bene. Una guida minima per non perdersi
VENEZIA. 332 artisti invitati, 90 partecipazioni nazionali e 30 collaterali ufficiali. Sono questi i numeri della 60. Mostra Internazionale d’Arte curata da Adriano Pedrosa dal titolo “Stranieri ovunque – Foreigners Everywhere” che martedì 16 aprile inaugurerà quattro giorni di concitatissima pre-apertura, oltretutto coincidenti con le date del Salone del Mobile e della Milano Design Week. Emigrazione e decolonizzazione, outsider e artisti queer, folk e di origini indigene (tutti perlopiù poco conosciuti se non alla loro prima partecipazione). Molta arte tessile e anche un allestimento, al Padiglione centrale ai Giardini, che nella sezione “Diaspora artistica italiana del XX secolo” riprende la soluzione a cavalletto in vetro elaborata da Lina Bo Bardi. Sarà tutto ciò ad accogliere il popolo della Biennale. Il resto del mondo, per conoscere concretamente l’idea curatoriale, dovrà attendere sabato 20.
Oltre la Biennale: tra protagonisti, comparse e… gestione dei flussi
La città lagunare, intanto, trasformata in un temporaneo palcoscenico, letteralmente straborda. Qualsiasi luogo, purchè si presti a diventare sede espositiva, va bene. L’imperativo, soprattutto su scala internazionale, è esserci, anche se per poco. Così ai grandi protagonisti della proposta culturale veneziana s’alternano comparse. Alcune virtuose, altre che si materializzeranno per una durata paragonabile ad un temporary shop, come le contestate 12 sculture di Manolo Valdés in piazzetta San Marco (Las Meninas, in collaborazione con Galleria Contini, fino al 15 giugno).
In questo scenario, lo sperimentale tentativo di gestione dei flussi che verrà “strategicamente” avviato dal primo cittadino Luigi Brugnaro, il 25 aprile, solo qualche giorno dopo l’apertura al pubblico della Biennale, sembra preoccupazione ancora lontana.
Orientarsi da qui ai prossimi mesi nella sin troppo nutrita offerta espositiva lagunare, non sarà facile: in calendario si contano 130 proposte principali distribuite tra aprile e novembre. Noi come sempre, vi proponiamo gli hightlights da non perdere.
Collezione Peggy Guggenheim: Jean Cocteau
Con “La rivincita del giocoliere”, il curatore Kenneth E. Silver restituisce fino al 16 settembre una panoramica del multiforme ingegno di Cocteau, personalità versatile, instancabile sperimentatore delle avanguardie, poeta, sceneggiatore, scrittore, drammaturgo e pittore. 150 lavori tra opere grafiche e disegni, gioielli (come La spada d’Accademico di Jean Cocteau realizzata da Louis Cartier nel 1955), arazzi, riviste, libri e film frutto di prestiti internazionali. Un’estetica unica ed eclettica che il percorso cerca di restituire attraverso capitoli corrispondenti ad altrettanti temi: l’Orfeo e la poesia, l’eros, il classico nell’arte, Venezia e il rapporto con Peggy Guggenheim, il design (nel gioiello e nelle arti applicate), quello con Cubismo, Dadaismo e Surrealismo, il mondo cinematografico e pubblicitario.
Palazzo Grassi e punta della Dogana: Julie Mehretu e Pierre Huyghe
I dipinti astratti e le stampe di Julie Mehretu dialogano negli spazi di Palazzo Grassi con le opere di Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Robin Coste Lewis, Tacita Dean, David Hammons, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin creando un vero e proprio “Ensemble” per la curatela di Caroline Bourgeois (fino al 6 gennaio).
A punta della Dogana, Pierre Huyghe avvolge il visitatore in una straniante buia atmosfera. Ad accoglierlo è “Liminal” (che dà il titolo all’esposizione, a cura di Anna Stenne, fino al 24 novembre): su uno schermo di 7 metri si muove una figura femminile perfetta nella sua nudità ma il cui volto è un nero vuoto concavo. In uno spazio transitorio tra condizione umana e inumana, tra film autogenerati e montati in tempo reale dall’intelligenza artificiale e acquari è possibile anche imbattersi in muti individui dotati di maschere Sono quest’ultime a raccogliere, attraverso sensori, informazioni convertite in fonemi generando una lingua sconosciuta.
Isola di San Giorgio: Mendini, Stanze del Vetro e Stanze della Fotografia
Anche quest’anno una tappa sull’Isola di San Giorgio (dove, ricordiamo, sono pure sempre visibili le Vatican Chapels della 16. Biennale Architettura) offre molteplici proposte. Nella Biblioteca Manica lunga della Fondazione Giorgio Cini la mostra “Alessandro Mendini. Visi” (a cura di Aldo Colonetti e Archivio Alessandro Mendini, fino al 16 giugno) rende omaggio a uno dei più celebri designer italiani con tredici oggetti e sei disegni firmati.
Alle Stanze del Vetro con “1912-1930. Il vetro di Murano alla Biennale di Venezia” Marino Barovier ripercorre la presenza del vetro muranese alla Biennale. Una prima tappa (14 aprile – 24 novembre) che per ora si ferma agli anni ‘30 ma che proseguirà con le successive mostre per ribadire la dignità artistica di un materiale che fino al 1972 occupò un posto di rilievo nella grande manifestazione veneziana.
Poco distante, nelle Stanze della Fotografia, dopo Milano e Roma, Newton torna protagonista indiscusso con 250 scatti insieme a quelli inediti di Patrick Mimran. In “Helmut Newton. Legacy” (a cura di Denis Curti e Matthias Harder, fino al 24 novembre) il racconto è scandito da sei capitoli cronologici, dagli esordi fino agli anni novanta e secondo tre traiettorie: moda, ritratto, nudo.
Casa dei Tre Oci e Palazzo Diedo
Acquistati entrambi dal filantropo, collezionista e mecenate Nicolas Berggruen, tornano a nuova vita in occasione di questa Biennale Arte. La prima, dopo un intervento di adeguamento impiantistico, come Berggruen Institute Europe, il secondo come sede della Berggruen Arts & Culture. Ai Tre Oci la proposta “Affinità elettive” porta fino al 23 giugno 26 lavori del Museum Berggruen di Berlino (acquerelli e opere su carta di Klee, Picasso, Cézanne e Matisse) in dialogo con quattro opere della collezione grafica delle Gallerie dell’Accademia. Qui la mostra si estende (aggiungendosi alla grande monografica dedicata a De Kooning), creando inediti accostamenti come «Dora Maar aux ongles verts», realizzato da Picasso nel 1936 e «La Vecchia» del Giorgione.
Palazzo Diedo (Cannaregio) riapre invece il 20 aprile per la prima volta interamente restaurato grazie ad un intervento che ha consentito anche di svelarne del tutto l’apparato decorativo e di ricavarne nel sottotetto una foresteria per artisti. La proposta di punta, “Janus” (a cura di Mario Codognato e Adriana Rispoli), porta a palazzo fino al 24 novembre 11 interventi site specific realizzati da artisti di fama internazionale tra cui Urs Fischer, Piero Golia, Carsten Höller, Sterling Ruby.
Palazzina Masieri: il restauro
L’architetto udinese Angelo Masieri (1921-52) avrebbe voluto farne una casa studio per la propria famiglia affidandone il progetto a Frank Lloyd Wright ma un evento tragico ne stronca prematuramente l’esistenza. Sarà la moglie Savina a dar seguito all’idea di una fondazione/foresteria per studiosi e studenti di architettura e nel 1968 Carlo Scarpa riceve il mandato di ridisegnarne gli interni. Per diverso tempo sede dell’Archivio Progetti Iuav e di mostre di architettura, la palazzina è rimasta inutilizzata negli ultimi cinque anni ad eccezione della riapertura al pubblico in occasione della Biennale Arte del 2019. In virtù di una partnership con il raggruppamento tra le società Heritage Asset Management (spin-off approvato dall’Università Iuav guidato da Roberta Bartolone e Giulio Mangano) e Galerie Negropontes, fondata a Parigi nel 2011, la palazzina è stata oggetto negli ultimi mesi di un intervento conservativo e miglioramento impiantistico. Così fino al 24 novembre sarà possibile, previo appuntamento all’indirizzo galerie@negropontes-galerie.com, scoprirne gli interni e la mostra “Armonia Metis” con opere di Ulrika Liljedahl, Erwan Boulloud, Perrin & Perrin, Mauro Mori, Benjamin Poulanges, Étienne Moyat, Mircea Cantor.
Art Explora
Un’odissea culturale nel Mediterraneo a bordo di un catamarano costruito nei cantieri navali Perini. È il progetto elaborato da Art Explora Foundation (il demiurgo è l’imprenditore e mecenate francese Frédéric Jousset) che dopo Malta fa tappa a Venezia dal 17 al 23 aprile in occasione della Biennale Arte. L’imbarcazione, che attraccherà in Riva dei Sette Martiri, è in grado di accogliere anche duemila visitatori al giorno e può considerarsi un museo galleggiante che include una mostra immersiva elaborata in collaborazione con il Louvre.
Immagine di copertina: Manolo Valdés. La Meninas a San Marco. Courtesy Contini Galleria d’Arte
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allestimenti , arte contemporanea , biennale venezia , mostre , restauro , venezia
Last modified: 10 Aprile 2024