Nella penisola sorrentina, visita in anteprima del Lemon Museum, che ospita circa 400 dipinti dedicati al più prestigioso tra gli agrumi
Dopo il tartufo, la fragola parete e il fungo, ora anche il limone ha il suo museo.
È finalmente terminato l’allestimento e si attende solo la data di apertura del Lemon Museum, realizzato lungo i pendii della penisola sorrentina, patria dell’agrume giallo, precisamente a Sant’Oreste, frazione Belmonte, su un terrazzamento vista mare, appositamente spianato.
Non si tratta di un luogo scelto a caso. È qui, infatti, che secondo la leggenda, venne imbottigliata la prima bottiglia di limoncello, per sbaglio, tentando di creare un disinfettante, nell’autunno del lontano 1891, da un bracciante provetto alchimista.
Che il sito sia incantevole non ci sono dubbi, d’altronde è stata esattamente la ricerca dell’anti-genius loci a convincere il progettista, l’architetto portoghese Joao Nojoso [nella foto di copertina] ad accettare l’incarico. Stimoli giunti proprio grazie alla degustazione del limoncello locale, che ha spinto Nojoso, maestro della «Flashy Architecture», ad ispirare l’opera a modelli stilistici tipicamente italici, come il timpano neoclassico o la guglia eclettica di fine XIX° secolo.
Anche se il vero coup de théâtre, come egli stesso ha ammesso in una recente intervista, è stata la decisione di dipingere interamente di giallo l’edificio. Secondo Nojoso, il Lemon Museum si collocherebbe già nella top ten degli edifici meno mimetici del mondo. In netta contrapposizione, coerentemente con le sue teorie, all’architettura a “basso impatto” ambientale e a un certo, oramai desueto, mimetismo organico. Il tutto, per l’entusiasmo del ministero e con la benedizione della soprintendenza locale.
Come da intuizione dell’Agenzia per il Sovranismo Regionale, il Lemon Museum ospiterà la più grande collezione di dipinti dove compare almeno un limone. Una pinacoteca con ben 400 opere di paesaggisti, costaioli, impressionisti e neo impressionisti naif, ma anche esponenti della Pop Art, suddivisi in 18 sale profumate con un’essenza all’acido citrico. È stato lo stesso Nojoso a consigliare di posizionare, in ogni angolo del museo, 1.500 Arbre Magique «fragranza limoncello», per creare il clima giusto e godere appieno dell’arte esposta.
Tuttavia, mentre a Roma, (Villa Medici, fino al 19 maggio) sarà possibile ammirare “Il limone”, capolavoro di Edouard Manet, il Lemon Museum ospiterà principalmente autori locali, poco noti o di nicchia come ad esempio Gaspare Berga, detto il Bergamotto, seguace di Enrico Baj ed esponente dell’arte nucleare, che tra il 1950 e il 1952 inserì i limoni tra marziani e funghi atomici.
Ma tra decine di pitture pressoché sconosciute, il Lemon Museum avrà l’onore di ospitare anche due eccellenze, appena acquisite grazie ad uno sforzo economico governativo. Al centro della sala del primo Novecento, infatti sarà esposto “Esplosione di un limone” (1913), opera di un futurista della prima ora, Oreste Canna, casertano, famoso per essere l’autore del Manifesto dell’agricoltura futurista, ma anche l’unico futurista pacifista convinto, tanto che nel 1916, in occasione della chiamata alle armi, disertò.
Notevole anche l’opera dell’italo-americano Frank Occhiobello, dal titolo “Parato” (1964), che occupa l’intera superficie delle facciate della sala conferenze. Occhiobello, che vanta una foto con Roy Lichtenstein e una breve relazione con la cugina di Jasper Johns, tornato in patria si dedicò alla sua prima passione: la tappezzeria.
C’è grande attesa per l’imminente apertura del Lemon Museum che avverrà, purtroppo, in assenza dell’architetto Nojoso, richiamato in Algarve sul cantiere del suo ultimo capolavoro: il grattacielo a forma di bottiglia da vino Porto.
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Last modified: 27 Marzo 2024