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Luca GibelloWritten by: Progetti

Alba: il tartufo quasi inodore

Alba: il tartufo quasi inodore

Visita al MUDET, il Museo del tartufo allestito da ASArchitects nel complesso della Maddalena ad Alba

 

ALBA (CUNEO). Confessiamo d’esserci appropinquati con qualche pregiudizio, che il sopralluogo, ahinoi, non ha fugato. Nonostante lo storytelling pare sia oggidì un imprescindibile mantra, la celebrazione del pregiatissimo fungo ipogeo risulta piuttosto insapore, sebbene la sobria eleganza di allestimento e contenitore facciano del loro meglio per alzare l’asticella.

Gli ambienti sono quelli aulici del restaurato complesso della Maddalena, architettura ex monastica del XVII-XVIII secolo nel pieno centro storico d’una città che, da sempre al top dell’industria alimentare pop (leggasi Ferrero), ormai da anni è anche capitale di quelle Langhe patrimonio Unesco e Mecca mondiale del turismo paesaggistico e, soprattutto, enogastronomico (al 2018, la spesa media giornaliera del turista si attestava a 195 euro, contro i 15 nel Canavese, giusto per fare un confronto intraregionale).

Così, a due passi da piazza Duomo (dove si trova anche l’omonimo ristorante tristellato Michelin), la Municipalità, con il supporto della Regione Piemonte, della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e la collaborazione del Centro nazionale studi tartufo, dell’Enoteca regionale Piemontese Cavour, del Comune di Montà d’Alba e dell’Ente Fiera di Alba, ha voluto dare ideale continuità alla Fiera internazionale del tartufo bianco, che si svolge annualmente tra ottobre e dicembre, bandendo nel 2018 un concorso in due fasi per un museo in due sedi (oltre ad Alba, anche nel Comune di Montà, dove tuttavia siamo ancora al cantiere di recupero edilizio), aggiudicato allo studio ASArchitectsInaugurato nell’ottobre 2023, il Museo del tartufo (MUDET) intende promuovere, attraverso il suo più illustre ambasciatore – insieme al vino – i valori del territorio.

 

La visita

Introdotte dallo scalone monumentale, le otto sale (540 mq totali) al primo piano si susseguono grazie all’apertura di varchi (unico intervento murario) che le collegano in enfilade, mentre il percorso si chiude ad anello sfruttando, dall’altro lato della medesima parete, il lungo corridoio. Anima del percorso e dell’allestimento, una sorta di “spina centrale” costituita da un unico blocco giustapposto, senza soluzione di continuità, alla parete di cui sopra. Un manufatto in acciaio decapato naturale che, celando all’interno tutti gli impianti tecnologici, è teca e nastro narrativo insieme. Il minimalismo dei segni e delle cromie (metallo nero, vetri in cristallo, pavimenti in resina grigio chiaro, muri  e volte bianchi) predispone ad una fruizione concentrata e rilassata (eccezion fatta per l’ossessionante brevissimo audiovideo di benvenuto, che riproduce in loop l’incipit della ricerca notturna da parte del trifolau col suo fido cane).

Il problema riguarda i contenuti. Se è plausibile che i reperti scarseggino (per cui si allestiscono i tagliatartufi – quasi tutti dello stesso modello – come simulacri tra arte e moda per occupare una stanza, al contrario di altre che restano malinconicamente vuote), si patisce l’assenza di “storie” e “culture” da narrare (sebbene fosse quella l’intenzione primordia), riducendo il messaggio a poco più di una sequenza di pannelli con informazioni che, al netto della piacevole grafica, si possono comodamente reperire online. Più marketing territoriale che non approfondimento.

Neppure si guadagna, il MUDET, lo status di “centro d’interpretazione”, direzione edutainment. Immersività e interattività forse qui avrebbero giovato, sebbene certo non ci entusiasmino – per non dire degli handicap circa l’obsolescenza dei relativi dispositivi: chiedere all’M9, il Museo del ‘900 di Mestre, per credere.

 

Next

Comunque, per rimanere al Piemonte e chiudere il cerchio delle eccellenze territoriali, in ossequio a questi tempi di politica sovranista (e confidando quindi di far cosa gradita al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida), attendiamo con ansia i musei del Peperone di Carmagnola e del Cardo gobbo di Nizza Monferrato.

Buon appetito!

Immagine di copertina: © Alessandra Bello

 

La carta d’identità del Mudet – Museo del Tartufo di Alba

Progetto architettonico: ASArchitects (Antonello Stella, Simone Braschi, Chiara Finizza, Francesca Cosentino, Lorenzo Fantino)

Strutture e impianti: ing. Narciso Piras

Progetto restauro: arch. Benedetta Caglioti

Testi e apparati illustrativi: hellobarrio

Logo e immagine coordinata: Stefano Zanetti, Gabriele Toneguzzi, hellobarrio

Produzione multimediale: hellobarrio, Lavezzo Studio

Opere: FBF Impresa Costruzioni srl – Alba (lavori edili); Bawer SpA – Matera (allestimenti); Simer srl – Alba (impianti elettrici); Scaglia e Gerbo snc – Asti (impianti meccanici); Fedele Piero – Treiso (serramenti); Leonardo srl – Casalecchio di Reno (analisi stratigrafiche); Pieffe di Mirella Agnese & C. sas – Alba (tendaggi); AVL Pro sas – Guarene (acustica e allestimenti multimediali); Zunino CMN srl – Alba (strutture metalliche); Marie-Hélène Cully – Asti (restauro); Iannolo Pasquale (decorazioni)

Superficie: 180 mq (piano terra) + 540 mq (mostra piano primo)

Costo complessivo: 1.800.000 euro

 

Chi sono i progettisti

A partire dall’esperienza maturata da Antonello Stella dal 1990 (poi in n!studio dagli anni 2000), ASArchitects è un collettivo di architetti formatisi alla scuola ferrarese. L’attività dello studio, con sedi Ferrara e Roma, è prevalentemente indirizzata verso la committenza pubblica: in particolare musei (in corso di ultimazione il rinnovo del Museo archeologico nazionale di Taranto), edifici per la cultura e lo sport (in corso di realizzazione, una nuova palestra a Ferrara, la ristrutturazione di un centro sportivo a Tresignana, il centro culturale FAB-LAB a Molinella), complessi scolastici (in avvio, tre interventi PNRR a Montesilvano, Villacidro e Asciano).

 

A Santa Vittoria d’Alba, una passeggiata botanica

Nel 2020 il Comune ha bandito un concorso di progettazione, finanziato dalla Regione Piemonte, per la realizzazione di un percorso che, valorizzando il paesaggio, celebrasse la figura di Carlo Bertero (1789-1831), botanico, medico e fisico nativo della zona. «Herbaria», proposta vincitrice dello studio toscano di architettura del paesaggio Memoscape (Claudia Mezzapesa e Elena Moretti), concepisce un orto botanico diffuso dedicato a Bertero, tramite un percorso panoramico pedonale, con svariate stazioni, in avvicinamento verso il centro storico del paese. Avviati nel 2022, i lavori del primo lotto si concluderanno a maggio, mentre per il secondo e terzo lotto si attende ancora di completare il quadro dei finanziamenti.

Autore

  • Luca Gibello

    Nato a Biella (1970), nel 1996 si laurea presso il Politecnico di Torino, dove nel 2001 consegue il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica. Ha svolto attività di ricerca sui temi della trasformazione delle aree industriali dismesse in Italia. Presso il Politecnico di Torino e l'Università di Trento ha tenuto corsi di Storia dell’architettura contemporanea e di Storia della critica e della letteratura architettonica. Collabora a “Il Giornale dell’Architettura” dalla sua fondazione nel 2002; dal 2004 ne è caporedattore e dal 2015 direttore. Oltre a saggi critici e storici, ha pubblicato libri e ha seguito il coordinamento scientifico-redazionale del "Dizionario dell’architettura del XX secolo" per l'Istituto dell’Enciclopedia Italiana (2003). Con "Cantieri d'alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi sulle Alpi" (2011, tradotto in francese e tedesco a cura del Club Alpino Svizzero nel 2014), primo studio sistematico sul tema, unisce l'interesse per la storia dell'architettura con la passione da sempre coltivata verso l’alpinismo (ha salito tutte le 82 vette delle Alpi sopra i 4000 metri). Nel 2012 ha fondato e da allora presiede l'associazione culturale Cantieri d'alta quota

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Last modified: 27 Marzo 2024