Con i suoi 4.000 mq, 15 autori per 25 opere, sta ridefinendo gli ambiti e aumentando la qualità urbana. I casi già affermati di Vienna e Torino
PISA. Ormai da tempo il fattore culturale e il capitale umano sono complementari ai diversi modelli di rigenerazione, considerati come elementi importanti per sviluppare un nuovo modo di operare il rinnovamento urbano attraverso la componente creativa.
Arte per tutti da record
Questo accade a Pisa, dove sono in corso interventi di arte pubblica che, lontana dalle gallerie e diffusa nelle piazze e nelle strade, rappresenta un generatore di cambiamento e uno strumento capace di promuovere ricadute positive su luoghi e comunità. 15 autori con 25 opere stanno ridefinendo vari ambiti urbani con approcci diversificati, aumentando la qualità estetica dei luoghi. Un atteggiamento che apre verso il territorio più ampio individuando, nella logica del “museo diffuso”, un’interazione tra paesaggio naturale e antropico, spazio pubblico e luoghi della cultura, ampliando l’identità urbana e relazionandosi con la complessità della città, consolidando il ruolo dello spazio pubblico in rapporto all’arte.
Una nuova generazione di artisti ha dato vita nel corso del tempo a una serie di opere diffuse tra il centro città, la Darsena e il quartiere di Porta a Mare che, oggi, con 4.000 mq di superfici dipinte, rappresenta il più esteso museo a cielo aperto dedicato all’arte urbana in Italia. Qui sono realizzate opere che si uniformano con il luogo collettivo come elemento estetico che, con la loro presenza, completano lo spazio. Se pur con un significato puramente visivo, hanno la capacità di creare un “luogo” e d’interagire con esso. Non solo uno spazio pubblico contenitore, ma un ambiente per il dialogo tra gli artisti e la città, perché ciò che rende l’opera adatta allo spazio pubblico che la ospita dipende dall’insieme dei processi che innesca nell’interazione tra abitanti, curatori e performance artistica.
Azioni di questo tipo non possono considerarsi un processo completo di rigenerazione, che richiede operazioni complesse, mettendo in gioco molti altri aspetti, ma hanno la capacità di migliorare la percezione dei luoghi, il senso di appartenenza e, quindi, la qualità della vita. Perciò, l’opera artistica può rappresentare un prodromo alla riconoscibilità degli spazi, e in alcuni casi determinarne di nuovi, come accaduto con “Tuttomondo”, uno dei più imponenti murales realizzati da Keith Haring, proprio a Pisa, grazie anche alla collaborazione dei cittadini. Così, si è modificata la percezione di uno scorcio urbano attraverso un’opera pubblica permanente, sottratta alla logica consueta dell’effimero e della clandestinità. Negli anni questo “margine” è stato riconosciuto come luogo, incastonato tra edifici storici e moderni, divenendo la “piazzetta Haring”, un nuovo spazio pubblico in cui sono stati aggiunti spazi gioco e attività commerciali per la socializzazione, la sosta e lo svago. Proprio da questo esempio partono gli interventi attuali, raccogliendone l’eredità e proseguendone la logica grazie al lavoro di artisti urbani provenienti da tutto il mondo.
Dal 2017, murales, mostre ed eventi
Un’operazione che ha avuto inizio nel 2017 con la realizzazione del primo ciclo di murales nel quartiere periferico di Porta a Mare, a cura di alcuni tra i più quotati street artist italiani: Gaia, Ozmo, Zed1, Etnik, Fra32, Aris, Moneyless, Tellas, Alberonero, Beast, Rusto, AEC Interesni Kazki, IMOs. A consolidare questa attitudine, mostre temporanee ed eventi di pittura dal vivo che hanno segnato alcune delle più importanti rassegne cittadine, tra cui alcune edizioni dell’Internet Festival.
Si sono susseguiti altri eventi, come la collettiva Attitude (2021-22), allestimento che ha portato diverse tipologie di opere dalla strada a Palazzo Blu, uno dei più importanti centri d’arte in Italia. In seguito, a fine 2023, si è tenuta la prima edizione del Festival della strada, sempre nelle sale di Palazzo Blu, nella Chiesa di Santa Maria della Spina e, appunto, in strada, dove gli artisti coinvolti – Moneyless, Etnik, Zed1, Aris, Gio Pistone, Massimo Sospetto, Gonzalo Borondo, 108 – hanno aggiunto pezzi prestigiosi alla collezione di murales del quartiere di Porta a Mare. In particolare, Kobra ha realizzato sulla facciata del Centro Maccarrone uno dei murales più ampi in Italia.
Questi esempi mostrano un’evoluzione rispetto alle forme d’arte “spontanee” sorte in ambienti degradati delle città, perché hanno implicato un maggiore coinvolgimento nella definizione degli spazi, riconoscendo i bisogni della comunità. Gli artisti non forniscono semplicemente “oggetti”, ma caricano lo spazio di un senso diverso, evidenziando sempre più l’assonanza con quanto ricordava Henri Lefebvre, di una costruzione, in questo caso valorizzazione, della città come un’opera d’arte collettiva.
(Andrea Iacomoni)
Immagine di copertina: Porta a mare. Al centro “Ritratto di Galileo” (autore: Ozmo, 2017); a destra “Beast Imos 2old” (2017, muro di cinta) e “Gli enigmi del cuore” (autore: Zed1, 2023; edificio residenziale); a sinistra, “Pisa 01” (autore: Moneyless, 2017)
Il museo diffuso di Vienna: murali ovunque (di Flavia Foradini)
È da tempo che la capitale austriaca cerca di cambiare la propria immagine di città fortemente ancorata nel passato asburgico. Negli ultimi decenni un gran numero di grattacieli ha colonizzato soprattutto le aree di espansione al di là del Danubio, ma anche nel centro storico edifici come la Haas Haus di Hans Hollein (1885-90) in piazza Santo Stefano hanno cercato di traghettare Vienna verso la contemporaneità di forme e materiali del nostro tempo, pur con soluzioni che a volte stridono fortemente con il tessuto in cui s’inseriscono e generano accesi dibattiti.
La seconda via che, in linea con altre metropoli si è fatta strada a Vienna, agisce invece su strutture preesistenti e prive d’interesse storico-artistico, per migliorarle con l’aiuto dell’arte di strada. Murali che si legano all’architettura esistente e ne cambiano la fisionomia stanno fiorendo un po’ ovunque, seguendo due linee creative. Da un lato alcune istituzioni promuovono la produzione di grandi dipinti nello spazio pubblico: dal 2014 il festival “Calle Libre” invita ogni estate artisti di strada da tutto il mondo a realizzare davanti al pubblico decine di murali in varie zone della città, su facciate, sottopassi, recinzioni, cavalcavia. Ma anche le Wiener Linien, l’Agenzia municipale che fornisce il trasporto pubblico, ha deciso di commissionare grandi murali sulle stazioni degli autobus, mentre la società Wipark che gestisce parcheggi ha avviato una collaborazione con la nota galleria d’arte Ernst Hilger e i suoi street artist sotto contratto, per abbellire gli spesso sgraziati autosili. Dal 2005 è attiva anche la “Wienerwand“, un’iniziativa promossa dalla Municipalità per lasciare libero sfogo ai talenti più nascosti tra la popolazione. Un’apposita mappa indica i luoghi che sono stati contrassegnati con “il piccione di Vienna”, la Wiener Taube che autorizza chiunque a realizzare murali, attenendosi a semplici regole di buon senso. Così, prendendo le mosse dal fulcro per eccellenza dell’arte di strada viennese, il Canale del Danubio alle spalle di Santo Stefano, la passione per i murali è diventata di fatto un museo diffuso che ormai coinvolge anche molti proprietari d’immobili privati. Per contrastare la comparsa di scritte o graffiti deturpanti, commissionano infatti essi stessi agli artisti di strada murali su saracinesche di negozi e garage, confidando nella regola non scritta per cui un artista di strada non copre l’opera di un collega arrivato prima di lui.
Anche attorno a Vienna il fenomeno dell’abbellimento di edifici oggettivamente poco estetici, come per esempio i silos delle aziende agricole, ha portato alla nascita di associazioni che si occupano di realizzare murali. È il caso di “Silosophie“, un gruppo di professionisti di vari settori, fra cui artisti, architetti e ingegneri, che intende riqualificare con murali la maggior parte dei 150 silos sparsi per la campagna della Bassa Austria, cercando inoltre, ove possibile, di utilizzare almeno un fronte dei grigi colossi, alti anche 70 metri, per installare impianti fotovoltaici.
A Torino il MAU, primo Museo di Arte Urbana italiano
Anche Torino ha il suo Museo di Arte Urbana. Il MAU nasce nel 1995 nel Borgo vecchio Campidoglio, quartiere operaio ottocentesco in cui un’iniziativa dal basso ha dato vita al primo insediamento permanente di arte urbana pubblica in Italia. Una porzione di città peculiare, fatta di case basse, verde e cortili, con una minuta rete viaria che la crescita della densa città novecentesca ha annesso senza modificarne il carattere. L’iniziativa parte dal basso, frutto di un processo sempre partecipato dalla comunità del borgo – abitanti, artigiani e commercianti – che ha inizialmente coinvolto all’interno dell’allora Comitato di riqualificazione urbana i rappresentati d’importanti istituzioni cittadine, tra cui la Facoltà di Architettura, l’Accademia Albertina di Belle Arti e la Galleria d’Arte Moderna. Nel 2000 diventa associazione autonoma, continuando a portare avanti un progetto sempre più ricco che, dai murali alle opere della Galleria Campidoglio alle Panchine d’autore, dal 2014 si allarga fuori dai confini di Borgo Campodoglio, prima in città e poi in comuni della cintura come Moncalieri, Nichelino e Rivalta, arrivando anche più lontano, fino a Sciolze e Vercelli.
Il MAU è oggi un’attiva realtà guidata dal suo primo direttore artistico, Edoardo Di Mauro, che continua ad arricchire questa peculiare parte di città con opere e progetti. Nel 2011, oltre 15 anni di attività hanno avuto un riconoscimento pubblico: la Giunta comunale ha istituito il Comitato Museo Arte Urbana e la Sottocommissione Arte Pubblica per il quartiere Campidoglio. Dalla nascita a oggi sono state prodotte 166 opere murarie e ambientali, a cui si sono affiancate le 36 nuove opere della Galleria Campidoglio (dal 2001), realizzate complessivamente da 113 artisti.
About Author
Tag
arte contemporanea , pisa , rigenerazione urbana , spazio pubblico , torino , vienna
Last modified: 20 Marzo 2024