A fronte di un inevitabile sbilanciamento sui temi dell’emergenza climatica, sembrano carenti i testi capaci di tenere insieme approfondimento ed esperienze sul campo
Abbiamo approfondito il tema più volte in questi mesi: con recensioni e con interventi di natura politica. La recente approvazione della contestata e complessa Direttiva “Case Green” da parte del Parlamento Europeo conferisce ulteriore urgenza alla definizione di un repertorio di casi-studio in cui l’efficienza climatica ed energetica non sia disgiunta da una ricerca della qualità architettonica. Due autori – tanto diversi per generazione, retroterra culturale, approcci e ambizioni: Emilio Ambasz e Philippe Rahm – si raccontano attraverso i loro progetti.
Emilio Ambasz svelato
Lo s’intravede sotto il cappello a larghe tese in alcuni fotogrammi del docufilm e così l’alone di mistero che circonda l’architetto argentino Emilio Ambasz non viene smentito. Il visionario anticipatore dell’architettura sostenibile (cui nel dicembre scorso il Politecnico di Torino ha conferito la laurea ad honorem in Design sistemico) è raccontato in Green over Gray, di Francesca Molteni e Mattia Colombo, attraverso i modellini che ne mostrano la poetica, le parole di chi l’ha conosciuto, di chi lo frequenta quotidianamente e degli architetti che hanno tratto ispirazione dalla sua visione, le riprese dal vivo dei 4 progetti più importanti (selezionati da Fulvio Irace). Questo il concept utilizzato dai registi per sopperire al fatto che lo schivo protagonista non ama farsi riprendere, non disegna molto ma invece costruisce prototipi frutto della sua immaginazione. Un racconto vivace e corale che porta lo spettatore a comprendere la filosofia di Ambasz ispirata all’ideale del “verde sopra il grigio” e lo trasporta nel cuore delle opere realizzate in Spagna, Stati Uniti, Giappone e Italia avvalorandone l’importanza anche come fattori di arte pubblica.
Ma dove è nata, secondo il film, questa rivoluzionaria filosofia progettuale? Dall’incanto dell’albero che vedeva dalla finestra della sua casa a Buenos Aires, dove si era trasferito da bambino con la famiglia. Ecco la prima apparizione di Ambasz, che introduce la sua prima opera in simbiosi con la natura: la casa del ritiro spirituale nei pressi di Siviglia (1975), ovvero la materializzazione del paradiso perduto all’interno della nostra mente. È il primo grado della ricerca di ciò che è infinito, insito nella doppia scala che percorre i bianchi prospetti esterni. Progetto dopo progetto la natura si fonde con l’architettura ancora di più. Anche nel centro botanico Lucille Halsell di San Antonio in Texas (1988) il cortile interno è l’elemento generatore dove per la prima volta si fa dominante l’idea di seppellire l’edificio nella terra e di abitarla in modo responsabile. Dalla voce dei giardinieri e dei visitatori emerge come le piante, come essenza e come spirito, siano le protagoniste. Un ruolo che non poteva non essere ribadito, nel documentario, dal neurobiologo Stefano Mancuso che parla proprio dell’importanza di riportare le piante al centro della vita dell’uomo per i suoi ineguagliabili effetti positivi. Ci sono voluti più di 4 anni per verificarli nell’International hall di Fukuoka (1994), l’immensa piramide di cemento diventata poi un giardino pubblico che la popolazione identifica con la stessa città giapponese. Qui gli alberi sono trattati come le montagne che circondano Fukuoka, lo stesso edificio è diventato una montagna. Toyo Ito, Kengo Kuma e Tadao Ando (che parla mentre disegna) hanno tratto grande ispirazione dall’armonia fra ambiente e natura dell’architettura di Ambasz che, nel caso dell’Ospedale dell’Angelo a Mestre (2008), si trasforma in giardino terapeutico. La triade nascita-amore-morte costruisce la trama della favola che racconta l’edificio, l’elemento fondamentale per la sua rappresentazione. La favola è usata quale soluzione per salvare il pianeta e migliorare la vita delle persone. Il film documenta oltre 50 anni di lavoro professionale costruito sull’atto della poesia, fondante rispetto all’idea del verde che, senza di essa, diventerebbe un mero apparato tecnico.
Il film Green over Gray – Emilio Ambasz ha aperto l’11° edizione del Milano Design Film Festival (nostra recensione qui).
Green over Gray – Emilio Ambasz, regia di Francesca Molteni e Mattia Colombo, produzione Muse Factory of Projects, 2024, a colori, 56 minuti
Philippe Rahm illustrato
Dai principi alle architetture. Il testo Climatic Architecture è una ricca, equilibrata e intelligente summa delle riflessioni dell’architetto svizzero con studio a Parigi. Complici anche le dimensioni (360 pagine, in formato più grande dell’A4) e la copertina rigida, si presenta come una sorta di Manuale dell’architetto contemporaneo. Elegantemente composto con colori rosa e azzurro a caratterizzare i numerosissimi diagrammi e schemi, si compone di 6 capitoli, oltre ad alcuni apparati. Fino ad oltre la metà del volume non si lascia vincere dal desiderio di mostrare immagini di progetti realizzati ma si sofferma intensamente sul clima inteso tanto negli aspetti fisici quanto in quelli percettivi e sentimentali. Il taglio personale è la cifra di un lavoro di ricerca erratico e per certi versi sorprendente. Leggere la bibliografia per rendersene conto: dove ti aspetti volumi scientifici sul clima e sull’energia in architettura trovano posto (“in ordine di importanza”, come precisato) Vitruvio, Tacito e Leon Battista Alberti. Su questa linea interpretativa, gli effetti dei fenomeni fisici sono illustrati (il capitolo s’intitola, emblematicamente, Una meteorologia sentimentale) attraverso gli effetti sul corpo umano. Perché, scrive Rahm, “la raison d’être (in francese anche nel testo inglese, NdR) dell’architettura è climatica” e dunque, assecondando la volontà di dar vita ad un manifesto, “l’architetto deve disegnare climi piuttosto che forme geometriche. L’architettura è una formalizzazione meteorologica. L’architettura è l’arte di costruire ambienti”.
Sono 39 i progetti (“Atmosfere costruite” per essere più precisi) dello studio, illustrati con immagini transcalari, dagli inserimenti paesaggistici ai dettagli, e soprattutto attraverso categorie fisiche e meteorologiche. I lavori – costruiti e non – sono risposte possibili alle condizioni climatiche esistenti in rapido cambiamento e vengono intesi come fattori che condizionano e orientano le sensazioni corporee (dalla diffusione del calore alla luminosità, dai suoni all’evaporazione dell’acqua) per offrire standard di vivibilità alle persone. Con testi molto piccoli e una non nascosta volontà enciclopedica, Climatic Architecture è, secondo Rahm, “un manifesto per un’architettura climatica che fronteggi il riscaldamento globale, un’enciclopedia dei fenomeni meteorologici applicati all’architettura, un trattato teorico e pratico sull’arte di costruire atmosfere”.
Climatic Architecture, di Philippe Rahm, Actar, 2023, testo in inglese, 360 pagine, 56 €
Le immagini sono del Central Park di Taichung, Taiwan, realizzato da Philippe Rahm architectes con mosbach paysagistes e Ricky Liu & Associates (2011-2020). Immagini tratte dal capitolo “Metereological Urbanism”
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cambiamento climatico , compatibilità ambientale , film , libri
Last modified: 18 Marzo 2024