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The Gift: storie di generosità e di violenza in architettura

The Gift: storie di generosità e di violenza in architettura

Una mostra a Monaco di Baviera s’interroga sullo status e sulle implicazioni delle opere frutto di donazioni

 

Rifiutare di dare, non invitare, così come rifiutarsi di accettare, equivale a dichiarare guerra; significa rifiutare il vincolo di alleanza e di comunanza

(Marcel Mauss, The Gift, 1925)

MONACO DI BAVIERA (GERMANIA). Quando si osservano i processi di urbanizzazione avvenuti nel secolo passato, è interessante riconoscere il contributo che a essi è stato dato dagli atti di donazione di architetture da parte di organizzazioni umanitarie, ricchi filantropi o fondazioni religiose quali esito di tramandate tradizioni religiose e imperiali dello scambio di doni. Le donazioni diplomatiche e filantropiche di architetture con funzioni umanitarie hanno avuto un ruolo importante per lo sviluppo delle metropoli africane, asiatiche e sudamericane, mentre nelle città nordamericane ed europee le donazioni hanno supportato lo sviluppo di strutture culturali, sociali ed educative. Tale supporto è messo in evidenza da opere quali biblioteche finanziate da filantropi benestanti, rifugi donati da organizzazioni umanitarie e fattorie finanziate da sovvenzioni per lo sviluppo.

La mostra “The Gift: storie di generosità e di violenza in architettura”, presso la Pinacoteca Moderna, nel Museo di Architettura dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera, in collaborazione con l’Università del Michigan di Ann Arbor, documenta differenti tipologie di edifici con la volontà di mostrare un tema sotteso e complesso nelle donazioni, ossia il rapporto di disuguaglianza presente tra chi dona e chi riceve, che si traduce tanto in atti di generosità quanto in atti di violenza, esercitate da e verso l’architettura. Visitabile fino a settembre 2024, la mostra documenta il rapporto tra l’atto di donare e quello di ricevere un’opera, e come esso influisca non solo sul programma funzionale degli edifici, ma anche sull’uso degli stessi. Per fare ciò la mostra propone un’attenta analisi dei processi di realizzazione e di fruizione di tali manufatti, sottolineandone gli aspetti politici, economici e sociali.

Concentrandosi su diverse tipologie di edifici donati a partire dalla seconda guerra mondiale, il percorso espositivo si sofferma su racconti di donazioni di terreni a Kumasi (Ghana), di doni umanitari a Skopje (Macedonia del Nord), di doni filantropici a Est Palo Alto (USA) e di doni diplomatici a Ulaanbaatar (Mongolia), mentre in chiusura la mostra si sofferma su casi tedeschi, evidenziando come la filantropia ne caratterizzi tutt’oggi le città. S’individuano quattro aspetti principali sottesi all’atto di donazione, rileggendoli nelle storie dei continenti: la produzione del dono, l’”Aldilà”, il legame sociale generato, atti di generosità e violenza. Infine, l’esibizione analizza come la vita di un edificio donato si evolve nel tempo, come lo stesso viene accettato, manutenuto e utilizzato dalle comunità locali.  

 

I limiti delle generosità filantropiche

Il legame sociale nel processo di donazione condiziona l’architettura negli aspetti funzionali e tecnologici, divenendo spesso occasione d’innovazione. Emblematico è il caso della Carnegie Foundation, voluta dal filantropo Andrew Carnegie nel 1905, che finanziò numerosi progetti di biblioteche pubbliche nel territorio nordamericano, britannico e canadese. I beneficiari furono spesso limitati a coloro considerati meritevoli e disposti a diventare buoni lavoratori, buoni cittadini e, in seguito, buoni consumatori, e l’influenza dei loro bisogni sulla progettazione e sul programma degli edifici donati è stata talvolta minima. È il caso degli studenti afroamericani e del personale delle Rosenwald Schools (USA), finanziate dal filantropo Julius Rosenwald all’inizio del XX secolo, il cui programma di studio, tutt’altro che condiviso, enfatizzava la formazione manuale. Durante la guerra fredda, i contributi e le responsabilità attesi sia dai donatori sia dai destinatari venivano stipulati per iscritto, come nell’accordo per il Palazzo dell’Assemblea nazionale a Conakry (Guinea), dono della Cina, che ha garantito l’uso di materiali da costruzione locali e la formazione dei lavoratori guineani. 

 

Riconversioni

Gli edifici donati durano oltre le circostanze storiche da cui hanno avuto origine e inevitabilmente vengono riconvertiti in seguito ai cambiamenti politici. Il Centro comunitario di Accra (Ghana), donato dalla British United Africa Company, è stato dotato di nuovi programmi e funzioni dopo che il Ghana ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Altre volte sono le comunità stesse che si oppongono alla riconversione dell’architettura donata. Gli abitanti del quartiere residenziale a Vinh (Vietnam), ricostruito grazie agli aiuti dell’allora Germania Est in seguito alla distruzione avvenuta durante la guerra del Vietnam, spingono affinché lo status di dono venga conservato per opporsi alla privatizzazione dei luoghi da parte dello stato vietnamita. 

 

Le domande dei curatori

Lo stato dovrebbe contribuire al mantenimento di questi edifici? Quindi, il donatore ha il dovere di continuare a prendersi cura e adeguare il bene donato nel tempo?

Queste osservazioni sono poste ai visitatori attraverso gli esempi scelti, in un percorso espositivo che coinvolge attivamente, interrogandosi sugli esiti in una visione ampliata, verso una moltitudine di edifici distribuiti in contesti diversificati. Le architetture scelte sono state analizzate da esperti ricercatori e la strategia espositiva sviluppata in seguito a un workshop svoltosi a maggio 2023 nella cattedra di Storia dell’Architettura e Pratica Curatoriale della TU di Monaco di Baviera, che ha coinvolto gli studenti del Master in Architettura e gli studenti di Architettura dell’Università del Michigan. 

Immagine copertina © Marina Tonolo

The Gift: storie di generosità e di violenza in architettura

Fino all’8 settembre 2024
Museo dell’architettura della TU
Pinacoteca moderna, Barer Str.40, Monaco di Baviera
A cura di: Damjan Kokalevski e Lukasz Stanek 

Autore

  • Marina Tonolo

    Nata a Roma nel 2001, ha conseguito nel 2022 la Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura presso l’Università degli Studi Roma Tre, e attualmente frequenta la Laurea Magistrale in Progettazione Architettonica presso la stessa Università. Sta svolgendo un periodo di studio presso la TUM - Università Tecnica di Monaco di Baviera. Ha svolto e svolge supporto alla didattica presso il corso di Progettazione Inclusiva e di Materiali ed Elementi Costruttivi presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Il suo ambito prevalente di ricerca ricade nella progettazione human centred. Dal 2024 è membro della Commissione Tecnica per l’Accessibilità dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Roma e provincia.

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Last modified: 12 Marzo 2024